Capitolo trentadue; sessione invernale

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Paulo ha un neo adorabile sulla guancia destra.

Quand'ero piccola mi ricordo che mia madre mi ripeteva sempre che i nei sul viso erano segno di bellezza.

Beh, adesso posso dire che non avesse affatto torto.

«Sai, stavo pensando ad una cosa» dice ad un tratto la persona oggetto dei miei pensieri.

L'argentino si volta verso di me e mi regala uno di quei suoi sorrisi meravigliosi, che ti fanno quasi smettere di respirare.
Nella mano destra ha un bicchiere d'acqua e in quella sinistra, la bottiglia, la quale poggia sull'isola della cucina per poi tornare a guardarmi dritto negli occhi.

«Perché, tu pensi?»

Il numero dieci mi fa la linguaccia e poi si siede su uno degli sgabelli della cucina, poggiando i gomiti sul tavolo.

«Come sei simpatica» dice, ironico.

«Lo so, lo so. Modestamente è una mia grande qualità» sospiro.

«Mi hai interrotto mentre studiavo, cosa c'è di così importante?» domando.

È da quando sono rientrata a casa alle tre del pomeriggio che non faccio altro che studiare, studiare e ancora studiare: fra sei giorni devo dare l'ultimo esame di questa sessione, la quale è durata praticamente due settimane, visto che è iniziata verso metà gennaio e domani sarà il primo febbraio.

«Tu mi hai detto di non essere mai andata in Norvegia, giusto?» non so perché, ma quell'affermazione mi lascia un attimo a bocca aperta.

«Esatto...perché?» chiedo, alzando gli occhi al cielo quando guardo un attimo il display del telefono e noto che sono le sette e mezza di sera.

Ho studiato per quattro ore di fila senza nemmeno una pausa e mi sembra di non aver capito niente di tutto quello che ho letto.

La bellezza di essere una studentessa...

«Io nemmeno ci sono mai stato»

Sbuffo. «E...?» lo invito a continuare.

«Perché non ci andiamo insieme?»

Credo di non aver sentito bene.

«Stai scherzando?» borbotto. «Mi stai prendendo in giro?»

«No, affatto» risponde immediatamente. «Ovviamente dovremo organizzare per bene il viaggio. Che ne dici di quattro giorni dopo che tu hai finito questa maledetta sessione d'esami?»

«Tu mi stai prendendo per i fondelli, Paulo Dybala» alzo gli occhi al cielo, dubbiosa.

«Non si diceva "prendere per il culo"?»

«Oh, si può dire in tutti e due i modi, ragazzino»

Lui solleva le mani verso l'alto, come segno di resa. Io scoppio inevitabilmente a ridere difronte a quel gesto.

Sembra che la mia risata sguaiata faccia ridacchiare anche lui.

«Cosa ti ridi? Eh?» incrocio le braccia sotto il seno, mettendo il broncio.

Hurricane - Paulo Dybala [IN REVISIONE] #Wattys2019Where stories live. Discover now