Capitolo diciannove ; copriti che fa freddo

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Anche mentre vado all'università, l'unica cosa a cui riesco a pensare è quello stupido sogno di 'sta notte.

Guardo distrattamente fuori dal finestrino del treno, osservando le case di Milano incominciare a sfrecciare difronte i miei occhi, segno che sono arrivata a destinazione, e intanto le immagini del sogno non fanno altro che tornarmi in mente, senza tregua.

Quando giungo in stazione e scendo al binario.

Sospiro e mi affretto a prendere il solito bus che porta alla via più vicina alla Bocconi.

Sbuffo non appena scendo da quest'ultimo circa venti minuti dopo e mi affretto ad entrare in classe e ad occupare uno dei posti liberi.

Fortunatamente ho imparato a gestire meglio il mio tempo e quindi riesco ad arrivare quasi sempre in orario, se non addirittura in anticipo.

Durante tutte le ore di lezione, nonostante io provi a prendere appunti sia sul quaderno, che sul computer; nonostante io continui a seguire sul libro...i miei pensieri non fanno altro che tornare a quegli occhi di un colore misto fra un prato verde e un cielo azzurro, così alla fine decido semplicemente di registrare la lezione mentre provo comunque a predisporre un piccolo schema sul quaderno degli appunti, però invano visto che la mia mente continua a farmi vivere continui déjà-vu, senza sosta.

*

Non appena torno a casa, la prima cosa che faccio è controllare che i riscaldamenti siano accesi: sto morendo di freddo.

Mi tolgo il cappotto e lo appendo all'ingresso, per poi entrare in cucina e prendermi un bicchiere d'acqua.

«C'è qualcuno in casa?» urlo, ma nessuno risponde.

Oggi, Oriana aveva uno shooting vicino l'enorme albero di Natale, il quale hanno allestito in piazza qui, a Torino, per un'agenzia che l'ha ingaggiata  e quindi mi ha detto che sarà di ritorno questa sera per cena.

Mancano quattro giorni all'inizio delle vacanze natalizie ed io non voglio proprio che arrivino: cosa farò durante le due settimane di pausa dall'università?

Non posso tornare a casa in Argentina perché non ho abbastanza soldi per comprarmi un biglietto aereo e sinceramente non mi va nemmeno di chiederli ad Oriana, anche se solo in prestito.

Non credo che quest'ultima voglia tornare a casa da mamma e papà, per Natale, quindi è esclusa la possibilità che io vada con lei.

Forse li inviterà qui, e magari chiederà anche alla mamma di Paulo di venire, visto che sicuro loro due vorranno passare tutto il tempo insieme, e quindi nemmeno quest'ultimo partirà.

Mi butto come un peso morto sul divano e mi passo una mano sulla fronte, sospirando.

Detto dal profondo del cuore, nemmeno mi va tanto di vedere i miei genitori: non mi hanno chiamato una sola volta durante tutto questo mese in qui mi sono trasferita qui a Torino.

Né un messaggio, un "come va?" o un "non uccidere tua sorella"

E anche se non lo voglio ammettere, ci rimasta molto male.

Quindi non so: parlerò con Oriana e vedrò che vuole fare lei; visto che quasi sicuramente verranno tutti qua, cenerò con loro e poi mi chiuderò in camera mia a leggere.

«Ehi, ciao»

Mentre sto per accendere la televisione, Paulo entra in salone, lasciando la porta aperta alle sue spalle.

«Sei tornata, finalmente» dice, ma io non mi volto a guardarlo anche se sento i suoi occhi puntati sulla mia figura.

«Ero all'università» rispondo solamente, e poi poggio il telecomando della tv spenta, sul tavolino da caffè difronte il sofà: in questa casa non si può vedere mai la televisione in pace senza che nessuno ti venga a rompere le scatole.

«E com'è andata?» chiede.

Sento il suo sguardo premuto contro la mia schiena, come se mi stesse cercando di leggere dentro, e la cosa sta incominciando a infastidirmi: non voglio far incrociare i nostri occhi, perché so che poi cascherei nella sua trappola ancora una volta.

«Come dev'essere andata?» domando, con la voce carica di ironia e sarcasmo. «Bene, idiota»

Questa situazione sta incominciando a diventare pressante ed opprimente, così mi alzo di scatto dal divano e decido di andare in camera mia.

E invece no.

Quando mi volto verso di lui, vedo che Paulo è senza maglia e con solo un paio di pantaloni grigi e lunghi della tuta, a fasciargli le gambe.

Silenzio.

Non posso fare a meno di fermarmi a guardare il suo petto scolpito: potrebbe essere la statua di un Dio Greco. Gli addominali sono ben definiti e sul suo corpo non riesco a trovare un minuscolo difetto.

«Vatti a mettere una maglietta, che fa freddo» mormoro, ma le mie guance rosse come pomodori per l'imbarazzo, tradiscono il mio tono di rimprovero.

Lui ghigna e fa due passi verso di me.

Trattengo il fiato.

«Ma se ti piace vedermi così, ammettilo» sussurra.

Siamo a pochi centimetri l'uno dall'altro ed io sto cercando di continuare a respirare: le mie dita mi supplicano di toccare quel petto scolpito, quegli addominali perfetti, ed io sto cercando di tenere a freno gli ormoni.

«Cosa te lo fa pensare?»

Per un paio di minuti l'unica cosa che sento è un silenzio tombale: poi l'argentino sorride di nuovo, facendo una stupida smorfia che sembra un misto fra un sorriso e un ghigno.

«Che se adesso io facessi questo» un altro passo «Tu non mi fermeresti»

E poi elimina definitivamente gli ultimi millimetri che dividevano il mio viso dal suo.

Le nostre labbra si incontrano e danno vita ad un bacio passionale, pieno di necessità, di fuoco.

C'è così tanta passione che quasi non mi rendo conto che le nostre lingue sono già entrate in contatto.

Porto una mano fra i suoi capelli e l'altra sul suo petto, iniziando a tracciare linee immaginarie prima verso l'alto e poi verso il basso.

Lui porta le sue mani sulla mia vita e incomincia ad accarezzare la mia pelle con dolcezza, portando due dita sotto la mia maglia.

«Paulo, dovremmo fermarci» soffio contro la sua bocca, ma lui scuote la testa e poggia di nuovo le sue labbra soffici sulle mie.

«Non è giusto nei confronti di Oriana...» mormoro quando mi stacco un attimo per riprendere fiato. Ma lui continua a non darmi retta e mi bacia di nuovo, imperterrito.

E così finiamo sul divano.

Lui mi fa stendere sotto il suo corpo e poi, sempre attento a poggiare bene i gomiti per non schiacciarmi, si posiziona sopra di me, continuando a baciarmi.

Mentirei se dicessi che nel nostro bacio non sono presenti tracce d'amore, perché è così.

Il modo in cui le nostre lingue danzano insieme, in cui lui cerca sempre di non farmi male col suo peso, come se fossi una bambola di porcellana che lui ha paura di rompere; la voglia e il desiderio che si può visibilmente leggere negli occhi di entrambi: sono tutte tracce di amore, di affetto.

Ed è solo adesso che capisco che è finita: ormai non posso fare niente per frenare il mio cuore, i miei sentimenti verso Paulo Dybala.

Hurricane - Paulo Dybala [IN REVISIONE] #Wattys2019Unde poveștirile trăiesc. Descoperă acum