Capitolo quattro ; le serate di gala non sono il mio forte

3.5K 124 14
                                    

Certe cose non cambiano mai.

Anche da bimba odiavo i vestiti lunghi e attillati, come quelli delle modelle.
Non li sopportavo.
E mi trovo nella stessa situazione anche questa sera: non mi sento affatto a mio agio.

«Ehi, entreremo solo quando te la sentirai...» sussurra Alvaro al mio orecchio, per poi sorridere.

Indosso un abito di velluto, blu cobalto, molto stretto e con uno scollo a cuore sul petto; la schiena è quasi completamente scoperta ma almeno le gambe sono coperte visto che è lungo più o meno fino alle caviglie.
Sotto indosso delle décolleté color bianco panna e fortunatamente non sono troppo alte né scomode.

Purtroppo questo era l'unico outfit pronto che avessi: di fatto il vestito è quello che ho messo al matrimonio della madre mia e di Oriana con mio padre (dopo che lei ha divorziato col papà di quest'ultima).

«Sono pronta»

Lui sorride e mi prende per mano: è calda rispetto alla mia e la sua stretta è dolce, anche se ferma.

Tento di far scivolare via le mie dita ma la situazione non migliora: quando attraversiamo la porta vetrata del ristorante dello Juventus Center ed entriamo, sento gli occhi di tutti i presenti puntati su di me in una maniera quasi ridicola.

Alcuni hanno la bocca aperta, altri gli occhi spalancati e da ciò deduco che Alvaro non abbia detto a nessuno chi avrebbe portato alla festa.

«Sorellina!» la voce stridula di mia sorella mi arriva da uno dei posti del lungo tavolo in legno nero, apparecchiato in modo impeccabile. «Non ci posso credere! Non mi avevi detto che ti stessi già sentendo con Alvaro Morata!»

Ho già detto che la sua voce sembra quella di una gallina in calore?

«Io e Alvaro siamo amici e lui mi ha invitato in amicizia» marco con enfasi l'ultima frase e noto immediatamente Paulo ghignare e trattenersi dal ridere, mentre si trova affianco ad Oriana; quest'ultima indossa un vestito nero incredibilmente corto (arriva sopra il ginocchio) e stretto, scollato in una maniera indecente sia davanti sia dietro e dei tacchi vertiginosi bianchi come la neve.

«Il nostro piccolo Moratino finalmente ce la fa allora, a portarsi a casa una donna, ogni tanto» sghignazza Paul Pogba, già seduto davanti a Paulo, il quale indossa, così come tutti gli altri giocatori della squadra, scarpe eleganti e color nero pece, così come i pantaloni e la ghiaccia, mentre la camicia è bianca come il latte, perfetta e senza nemmeno una piaga, accompagnata dalla cravatta.

Arrossisco immediatamente e con un gesto secco, lascio la mano del moro affianco a me.

«Che ne dite se ci mettiamo tutti a tavola? Gonzalo sta morendo di fame e se la smette di scassare a me e mia moglie è un miracolo» dice Gianluigi Buffon e quasi mi prende un colpo quando realizzo:

oh cazzo, io sono nel ristorante delle Juventus Center con tutti giocatori famosi...

ma dove mi sono lasciata trascinare?

*

Dopo aver preso tutti tranquillamente posto, abbiamo ordinato e insieme aspettato che arrivasse il primo piatto, visto che il contorno era già servito in tavola.

Prima di incominciare ad ambientarmi e a chiacchierare con la moglie di Gigi Buffon, ho studiato il locale attorno a me: i colori predominanti sono il bianco e il nero, come è normale che sia, del resto, e i lati del ristorante sono ricchi di ampie finestre le quali si dividono in quelle che danno la vista su un ampio giardino, e quelle che lo danno su un lato dello stadio.

«È veramente un bel posto qui, però penso che senza invito non potrei mai pagarmi un pasto» e dopo queste mie parole ho iniziato a chiacchierare con la donna alla mia destra, mentre alla mia sinistra si trova Alvaro che però sta parlando fitto fitto di non so che cosa con Alex Sandro davanti a lui.

Mentre aspettiamo il secondo decido di andare un attimo in bagno e così mi faccio indicare dalla mia nuova "conoscente" dove andare.

Sono già stanca.

Mi sto divertendo, per carità, e sono stata fortunata a trovare una persona simpatica e gentile con cui conversare, ma sinceramente mi sento abbastanza a disagio visto che ogni cinque secondi mi sento fulminata con lo sguardo da mia sorella, la quale non fa altro che rimanere appiccicata al suo amato Dybala anche mentre mastica.

Sbuffo ed entro nel bagno.

Dopo qualche minuto sento la porta esterna aprirsi e richiudersi di nuovo, così per evitare di farmi scoprire mentre mi nascondo in bagno, esco.

Quasi mi prende un colpo.

«Cosa diamine ci fai tu nel bagno delle donne?!» sbotto.

La prende sul ridere.

«Oh, ti stavo cercando. Sai com'è, hai abbandonato il tuo cavaliere a tavola e mi stavo preoccupando per lui visto che sono suo amico» sospiro quando sento il suo tono sarcastico, il quale non fa altro che farmi alterare ancora di più.

«Quello che faccio in bagno non credo siano affari tuoi» lui alza gli occhi al cielo e scoppia a ridere.

Indignata, vado verso il lavandino in marmo bianco ed apro l'acqua per lavarmi le mani con il sapone e smetto di guardarlo negli occhi.

«No, dai, a parte gli scherzi ho veramente bisogno del tuo aiuto» dice ad un tratto e allora è il mio turno di roteare gli occhi.

«Tu e mia sorella siete insopportabili nello stesso modo, ottima coppia complimenti» chiudo l'acqua e mi asciugo le mani, per poi buttare i fazzoletti.

Mi avvio verso la porta per uscire ma ad un tratto lui mi blocca.

Mi afferra con la sua stretta ferrea, il polso e mi costringe a voltare la testa verso di lui e a guardarlo dritto nei suoi occhi, i quali sembrano grigi a causa della luce soffusa del bagno.

«Mi potresti aiutare a rifare il nodo alla cravatta?» sussurra e non capisco perché lo stia facendo, visto che ci siamo solo io e lui nella stanza.

«Non te lo può fare mia sorella? E poi mi sembra che sia già perfetto» ribatto acidamente, ma sento comunque una scarica pervadermi la spina dorsale, facendomi venire la pelle d'oca e i brividi lungo tutto il corpo quando lui continua a sostenere il mio sguardo e rimane pericolosamente vicino a me.

Risponde solo dopo pochi attimi di silenzio. «Vorrei che me lo rifacessi tu, sai com'è, si è un po' rovinato.» mormora di nuovo, con quella sua voce roca che farebbe impazzire qualsiasi ragazza presente sulla Terra.

Ma non me.

«Mi dispiace, ma i miei tempi con gli ormoni a palla sono già terminati.»
«Ho capito a che gioco stai giocando, Dybala» mi stacco dalla sua presa all'improvviso ed apro la porta principale «E non ho voglia di giocare» e poi esco.

Hurricane - Paulo Dybala [IN REVISIONE] #Wattys2019Where stories live. Discover now