Capitolo 9

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I giorni passavano lenti, veloci, inesorabili; l'attesa era straziante e la speranza stava iniziando ad abbandonarmi lentamente, così come ogni traccia di ciò che ero prima. La mattina ero costretto ad uscire di casa per lavorare e potermi mantenere, la mia tesi di laurea procedeva lenta ma abbastanza bene da potermi assicurare quel maledetto pezzo di carta che ambivo da ormai tre anni. Avevo deciso di non iscrivermi in magistrale, almeno per il momento: non ero sicuro, anzi, ero praticamente certo, che non sarei riuscito a seguire le lezioni e a sostenere gli esami in queste condizioni e non avevo idea di quando tutto ciò sarebbe giunto ad una conclusione, se mai l'avrebbe fatto. Evitavo diligentemente tutte le domande di Magnus e limitavo le nostre interazioni a qualche saluto freddo e delle domande necessarie sussurrate sperando che non mi costringesse a ripeterle in tono più alto. Vedevo nei suoi occhi una preoccupazione estranea al suo modo di essere che avevo imparato a conoscere nel corso del tempo: i suoi occhi mi scrutavano minuziosamente con una strana luce fioca al loro interno, come se stesse morendo dalla voglia di parlarmi, di farmi domande e di farmi sfogare, ma si stesse trattenendo per la mia salute mentale e gliene ero veramente grato. Jace mi faceva visita ogni volta che poteva e finiva sempre per trattenere le lacrime, a volte senza successo, altre in modo pietoso; questo mio comportamento involontario mi stava distruggendo, non tanto per gli effetti che aveva su di me, ma per quelli che portava alle persone a me vicine. Loro pensavano che la depressione mi stesse accecando, che non potessi accorgermi di come avessi contagiato anche loro con la mia tristezza, quindi facevano finta di nulla cercando di risolvere la situazione, ma non avevano capito, per qualche misteriosa ragione, che io potevo vedere, percepire e capire tutto, anche se filtrato dalla mia malattia, se così poteva essere definita.

Per giorni avevo rifiutato di vedere uno psicologo, ma alla fine, non proprio per mia volontà, avevo accettato e avevo preso appuntamento per una seduta preliminare da un amico di Magnus che lui mi aveva consigliato in uno dei rari momenti in cui riusciva ad avvicinarmi. Jace, ovviamente, gli aveva spiegato a grandi linee la mia situazione e, per quanto odiassi il suo sguardo pieno di pena su di me, ringraziai il mio migliore amico mentalmente per avermi sottratto da una conversazione straziante in cui avrei dovuto spiegare il problema io stesso.

L'arrivo, o per meglio dire il ritorno, della depressione era avvenuto in modo improvviso e traumatico; non ero preparato, non potevo aspettarmelo, anni fa pensai di averla superata completamente, come avrei fatto a prevedere una cosa simile? Il motivo stiamo cercando di scoprirlo, lo psicologo sta aiutando leggermente e la mia mente è meno confusa adesso, anche se la differenza è quasi invisibile. Mi ritrovavo ogni notte, dopo essere finalmente rimasto solo, a pensare a tutto quello che mi era capitato e che continuava a succedermi: ho dovuto dire allo psicologo anche della mia 'relazione' con Magnus perché, a detta sua, "ogni cosa potrebbe aiutarci a capire la causa della tua depressione". Inizialmente pensavo fosse solo una stronzata che dicono tutti gli psicologi ma, continuando a parlare e ad analizzare i fatti, è pervenuto che la causa del ritorno della depressione potrebbe essere stata proprio la mia relazione con Magnus. Ovviamente di primo impatto l'ho guardato come se fosse lui il malato mentale e non io, poi però mi ha spiegato la sua teoria ed, effettivamente, tutto iniziava ad avere un senso e la cosa mi spaventava terribilmente. Non capendo nulla di psicologia non posso certo ricordarmi tutto ciò che mi ha detto lo psicologo, ma da quel che ho capito, il momento intimo che ho avuto con lui qualche giorno prima che la depressione tornasse a manifestarsi, potrebbe aver toccato un ricordo archiviato e aver scatenato tutto.

Il soffitto della mia stanza non mi era mai sembrato così definito, potevo percepire tutti i suoi quattro angoli, le pareti che partivano da essi e la finestra che iniziava proprio sul lato sinistro del soffitto. Mi era sempre piaciuto immaginare quella parte di camera come qualcosa di indefinito, senza un limite: come il cielo, sai che non è infinito ma non vedi la fine e puoi far finta che esso non la abbia. Ma la depressione aveva chiuso la mia psiche in una rete di tristezza e le aveva fatto abbandonare qualsiasi traccia di creatività, la mia immaginazione si era nascosta e le sfumature dei colori erano sparite, tranne il grigio, quello era una costante delle mie giornate ormai.
Mentre fissavo quella distesa definita di intonaco pensavo a come la mia vita fosse cambiata drasticamente in così poco tempo: la depressione, ai tempi del liceo, era arrivata senza preavviso, ma non ne rimasi tanto sorpreso tenendo conto dei fatti accaduti in precedenza. Ma ora essa mi aveva completamente colto di sorpresa, non riuscivo a trovare un singolo elemento che avesse potuto scatenare tutto questo in maniera così tempestiva, eppure era accaduto e un motivo doveva esserci per forza.

Teacher||MALECOnde histórias criam vida. Descubra agora