[19]» Dammi tre parole: sangue, morte e amore «[19]

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!ATTENZIONE CONTENUTI VIOLENTI!

EVA'S POV

Strinsi i pugni a sentir nominare quel maledettissimo nome. Il demone davanti a me era il bastardo che aveva cercato di toccare la mia famiglia. Il demone davanti a me era il bastardo che aveva cercato di uccidere le persone e gli angeli a me cari. Il demone davanti a me era il bastardo che il mio corpo mi stava chiedendo disperatamente di uccidere.
Anche se ero cosciente di non avere più i poteri divini di Azrael ed Helel, gli unici mezzi con cui avrei potuto sconfiggerlo.
Con la coda dell'occhio guardai i miei fratelli, entrambi fermi sulle scale. Davide aveva il viso cereo e sembrava star trattenendo il respiro; il corpo di Serena stava tremando a causa dei singhiozzi che lo avevano iniziato a percuotere dalla paura. Quando notai le lacrime sul volto di mia sorella compresi come quello fosse il momento di fare qualcosa di disperato e forse anche di un po' folle: avevo un'unica possibilità e non potevo gettarla nel cestino.
Ringraziai Ra di avere delle pantofole ai piedi e un pigiama pesante addosso mentre tornavo a guardare il demone con sguardo torvo e labbra pressate.
«Prima di riuscire ad uccidermi, dovrai prendermi». Sibilai prima di lanciarmi nella corsa più pazza della mia vita - se fossi sopravvissuta l'avrei segnata sicuramente sul calendario. Lasciando cadere a terra il libro regalatomi dall'angelo della morte, con tutta l'adrenalina immagazzinata nel mio corpo, corsi in salotto; lo attraversai con lunghe falcate e mi defenestrai di mia spontanea volontà.
Attorno a me fu come se il tempo andasse a rallentatore per alcuni secondi: l'impatto contro al vetro era stato più violento di quello che avevo pensato all'inizio ed ogni taglio apertosi sulle braccia a causa delle schegge di vetro bruciava come un dannato.
Ma neanche il tempo di percepire l'urlo sorpreso di Davide e quello di preoccupazione di Serena, che ero già atterrata sul nostro prato. Rotolai un paio di volte, mi rimisi in piedi e ripresi a correre a perdifiato in mezzo alla notte, in pantofole.
Non potevo difendere la mia famiglia in nessun modo in quel momento, ero semplicemente un'inutile e innocua umana. Ciò nonostante non potevo darla vinta ad Erezel senza lottare. Sapevo di sembrare patetica agli occhi di quel maledetto, cercando di seminare un demone a piedi, ma continuai a spingere il mio corpo un piede davanti all'altro.
Più spazio mettevo tra il demone e la mia famiglia e meglio era.
Non feci molta strada, su quello non c'erano dubbi: arrivai a malapena al parco giochi dietro alla prima svolta prima che una mano mi prendesse per i capelli e mi strattonasse a terra.
Atterrai di schiena e per qualche secondo tossì fuori tutto l'ossigeno presente nei miei polmoni a causa della violenza dell'impatto con il suolo. Mi girai su un lato, cercando di mettermi a gattoni, ma tutto quello che feci fu aprire un fianco al calcio del demone. Mi spostai di qualche metro rotolando violentemente contro il terreno, prima di fermarmi ed essere in grado di tossire fuori il sangue, fermatosi in gola.
Mi cercai di tirare su da terra usando gli avambracci e stringendo i denti ma Erezel non aveva finito con me. Sentii una mano prendermi i capelli e sollevarmi come se non pesassi nulla; costrinsi l'urlo di dolore a morirmi in gola mentre sentivo delle ciocche intere di capelli staccarsi dalla cute. Mi aggrappai al polso che mi teneva sollevata da terra e cercai di calciare il demone più che potevo, senza guardarlo negli occhi.
«Siete patetici voi umani». Dichiarò divertito prima di lanciarmi dall'altra parte del parco.
Intersecato con l'aria che sfregiava la pelle sentii un urlo. Mi resi conto di essere io stessa la causa di quell'urlo solo dopo che atterrai. L'impatto fu preso tutto dalla spalla e fu devastante.
L'urlo mi si strozzò in gola mentre un sonoro "crack" alla spalla venne seguito a ruota da un dolore allucinante proprio in quel punto; esso non fece nulla se aumentare mentre slittai per ancora qualche metro sul terreno.
Quando finalmente mi fermai, roteai immediatamente sulla schiena. Lacrime calde erano ovunque sul volto e stavano cercando di strozzarmi; la spalla era in fiamme dal dolore e non voleva dare segno di volersi muovere prima di molto tempo.
Anche con il fiato corto, e con metà corpo intorpidito o bloccato, appena sentii i passi del demone avvicinarsi cercai di strisciare via usando il mento e il braccio ancora funzionante.
La mano di Erezel però non ci mise molto a riprendermi per i miei capelli rossi. Proprio in quel momento, mentre un ennesimo urlo di dolore eruttava dalla mia gola, mi resi conto come quella notte non sarei sopravvissuta.
Accettai silenziosamente, nella mia testa, che quella notte Erezel mi avrebbe ucciso.

Of Love, Death, and SarcasmWhere stories live. Discover now