[15]» Appuntamenti (quasi) perfetti «[15]

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3rd POV

L'angelo e la ragazza si fermarono dall'inseguirsi solo dopo l'intervento di un poliziotto. Infatti Azrael per evitare le ire della donna, che lo aveva quasi raggiunto - purtroppo l'angelo non poteva definirsi uno dei migliori corridori dei quattro regni - si era arrampicato su un albero; lasciando la giovane a terra ad urlargli contro, attirando attenzioni indesiderate.
Era stato dopo un quarto d'ora di insulti e minacce di morte e torture che il poliziotto si era materializzato alle spalle della giovane. Eva era diventata paonazza alla presenza dell'uomo e aveva dovuto spiegargli perché lei stava urlando profanità a un ragazzo aggrappato a un ramo, come se da esso ne dipendesse della sua vita.
Il poliziotto aveva aspettato che scendesse anche il ragazzo, così da sentire anche la suo versione dei fatti; poi, non ancora fidandosi, aveva preso le credenziali della ragazza dicendole che l'avrebbe tenuta d'occhio.
Abuso psicologico e fisico. Lo aveva definito l'agente.
Fortunatamente Azrael aveva aspettato che l'agente se ne andasse prima di iniziare a ridere di cuore della discussione a cui aveva appena assistito.
Eva sbuffò, ovviamente offesa, incrociò le braccia ed incominciò ad allontanarsi dall'angelo che stava ridendo ridendo istericamente. Azrael si ricompose e guardò la figura femminile che si stava allontanando da lui, non potendo trattenersi dal mordersi le labbra mentre scrutava le anche della ragazza muoversi in modo melodico.
Magari non era stato programmato e magari suo fratello aveva agito d'impulso, spinto dalla paura delle ire della loro coinquilina, qualora avesse intuito cosa il Diavolo provava per la -troppo- giovane Serena, ma doveva ammettere che doveva un Hamburger a quell'idiota.
Il giovane non riuscì a trattenere un sorriso sornione dal formarsi in volto: finalmente poteva uscire da solo con Eva e magari riuscire a far comprendere alla giovane che i suoi sentimenti non erano causati solo da un bisogno fisico, quanto da una dipendenza emotiva della sua presenza.
Azrael si riscosse dai suoi pensieri e corse dalla donna, prendendo il suo ritmo di camminata.
«Che si fa ora?» Chiese l'angelo, infilando le mani nei jeans. Eva sbuffò.
«Non lo so», rispose lei, esasperata. La mattina era iniziata da neanche un'ora e già era stanca. «Per quanto tempo Hel terrà innalzata la barriera, secondo te?»
Azrael fissò lo sguardo su alcune luci di Natale di un negozio, che andava ad intermittenza, per qualche secondo prima di scrollare le spalle.
«Non lo so», disse onesto, «anche se in parte divenuto umano, Hel è sempre molto potente e non si stanca facilmente mentre usa i suoi poteri».
«Perfetto». Disse in tono acido la donna. Comprendeva perché Hel si era chiuso in casa loro a barriere alzate: per Afrodite! Se fosse solo entrata in quell'appartamento avrebbe iniziato a torturare il Diavolo per sapere che cosa voleva fare alla sorella.
E non era cieca. Aveva benissimo visto che tra il Diavolo e Serena era scoccato qualcosa appena si erano incontrati, ma aveva sperato che Helel avesse la compiacenza di aspettare ancora qualche anno prima di provarci apertamente con la sua sorellina. Era ancora una bambina per tutti gli Dei!
«Proveremo a tornare in dietro quando non vorrò più ucciderlo». Aggiunse, mentre continuavano a camminare per il marciapiede, evitando abilmente gli altri pedoni che stavano correndo per andare a fare le ultime compere delle festività. «Per il momento dob-»
Eva arrossì di colpo mentre il gorgogliare del suo stomaco coprì il suo timbro di voce. Azrael sorrise alla faccia imbarazzata della ragazza e decisa che era suo dovere salvarla da quella situazione.
«Il tuo stomaco ha deciso: centro commerciale per una bella colazione!» Esclamò lui, prendendo lei per mano e trascinandola verso la fermata dell'autobus più vicina.
La ragazza si riprese dall'imbarazzo e guardò sconvolta l'angelo, senza staccare le loro mani.
«Vuoi dirmi che hai ancora fame?!» Chiese in shock.

«Ecco a voi.» Disse il cameriere, con indosso una camicia nataliazia, appoggiando l'ordine dei due giovani sul tavolo che li divideva.
Anche se Eva aveva cercato di contrattare con Azrael che non avevano soldi con loro o che lei non aveva fame, il suo stomaco l'aveva tradita ogni volta che aveva provato a parlare durante il tragitto sul mezzo pubblico; facendo ridere sempre più l'angelo.
Alla fine erano arrivati al centro commerciale e l'angelo della morte, dopo averla tranquillizzata che i soldi li aveva presi su lui, l'aveva trascinata verso la prima tavola calda per fare colazione. O per lui una seconda colazione, come continuava a fargli notare la ragazza.
«Grazie mille». Rispose Eva con un sorriso al signore di quarant'anni che li aveva appena serviti.
L'uomo brizzolato chinò il capo e poi tornò al suo lavoro, lasciando i due a mangiare i loro pancakes.
Per quanto Eva avesse cercato di non farsi trascinare lì, appena i suoi denti affondarono in quei pancakes - ritenuti i migliori in città - dovette trattenere dei versi molto poco consoni e molto rating diciotto, chiudendo gli occhi.
Azrael, che in quel momento non aveva ancora messo in bocca il proprio boccone, si ritrovò pietrificato a vedere quella reazione da parte della ragazza. Ci mise un attimo a iniziare a pensare di nuovo con il cervello del nord e cercare di contenere il pensiero che voleva essere lui a farle avere quell'espressione e a farle emettere certi versi animaleschi.
«Per Anubis!» Esclamò Eva. «Credo di star vedendo il paradiso».
L'angelo si riempì la bocca e comprese che sì, la ragazza aveva ragione: quel cibo era estremamente buono.
«Cosa pensavi di fare quando avevamo finito qua?» Chiese il ragazzo, cercando di avviare una conversazione. Non sapeva perché ma all'improvviso si sentì agitato all'idea di essere fuori da solo con Eva, come in un appuntamento.
«Non so», rispose lei, tagliando un altro pezzo di pancakes. «Di solito vengo qua quando ho solo una lista della spesa o qualcosa di preciso da comprare. È da un po' che non ci vengo per divertimento».
«Ugh...» Arricciò il naso lui, preso un attimo in contro piede. «Beh dovremo trovare qualcosa da fare, allora...» Rise nervosamente, grattandosi la nuca.
Azrael dovette ammettere almeno a se stesso che era nel panico. Cosa si faceva in un appuntamento? Sempre che per entrambi quello fosse un appuntamento. E se lo era solo per lui? E se Eva in realtà non provava le stesse emozioni che lui provava per lei, ma provava solo affetto fraterno?
L'angelo stava per entrare in un turbine di domande infinite, ma per fortuna venne salvato dalla risata del signore che stava al tavolo accanto al loro.
«Caro!» Lo rimproverò la moglie, dandogli una manata leggera sul braccio. «Non ridere di quel povero ragazzo quando tu al nostro primo appuntamento sei stato anche peggio!»
Eva si pietrificò e sentì le guance diventare rosse. La donna in rosso gli aveva appena scambiati per una copia? O Dei! E se quel commento avesse dato fastidio all'angelo? Perché alla fin fine lei era solo... Beh... Lei, mentre lui era un angelo che avrebbe potuto avere tutte le ragazze che voleva. Eva tentò un'occhiata al suo compagno e si stupì a trovare anche lui tutto rosso in faccia.
«Non esagerare, non era stato così disastroso!» Si difese l'uomo brizzolato.
«Ci siamo ritrovati in pronto soccorso perché volevi farmi vedere che eri superiore a Nicola Sesto e ti sei rotto una caviglia!» Gli ricordò lei.
Eva non riuscì a trattenere un sorriso dall'apparirle in volto alla vista della coppia. Erano una coppia sulla quarantina, lei dai capelli castano chiaro, il corpo tenuto in forma da un costante allenamento; lui dai capelli brizzolati, la barba appena accentuata e asciutto. Nessuno poteva non dire di vedere come l'amore tra i due fosse presente e pimpante.
«Okay, sì, forse non ero la persona più intelligente in circolazione quando avevo vent'anni», acconsentì lui - al quale lei rispose con un borbottato: «Perché ora sei intelligente?» - «però tu sei ancora qua accanto a me dopo vent'anni, per cui mi sento in obbligo di aiutare un giovane ragazzo che si sta facendo prendere dal panico del primo appuntamento».
Quindi l'uomo si voltò verso Azrael e gli disse una semplice parola: «Arcade». La moglie si coprì la faccia per la stupidità del marito, come poteva essere ancora sposata come uno scemo del genere?
Per il resto della colazione né Azrael né Eva parlarono, troppo imbarazzati per chiedere quella stessa domanda che stava girando nel cervello di entrambi. Fu solo dopo che furono usciti dalla tavola calda che l'angelo ne ebbe abbastanza delle sue stesse titubanze.
O la va, o la spacca. Pensò prima di aprire bocca.
«Eva», disse richiamando l'attenzione della ragazza che stava intensamente fissando le sue scarpe. Eva alzò lo sguardo e per un attimo gli venne il dubbio che Azrael stesse male: era rigido, tutto rosso e tremava un poco.
«Vabeneseconsideroquestocomenostroprimoappuntamento?» Sputò fuori lui tutto d'un fiato.
«Eh?» Chiese Eva, che davvero non aveva capito cosa il ragazzo aveva cercato di domandarle, sentendosi una completa rincoglionita.
Come sono arrivata fino all'università è un mistero. Pensò.
«Va bene se considero questo come nostro primo appuntamento?» Ripeté lui, ancora più rosso di prima.
Ed eccola, la domanda che Eva aveva avuto paura di porre da quando la coppia sposata aveva parlato con loro, era ora stata fatta.
La ragazza si morse un labbro e annuì: «Solo se posso considerarlo tale anche io».
Un istante dopo Eva si trovò tra le braccia di Arzael e poté sentire come il cuore di lui stesse palpitando fortissimo. Entrambi, in quel momento, seppero che non avrebbero mai rimpianto quel momento. Mai
La mattina passò, così, velocemente per la coppia.
Seppur non era cambiato molto nel loro rapporto visto all'esterno, entrambi sentivano come se adesso esistesse un filo indissolubile che li teneva legati.
Era una strana sensazione ed entrambi faticavano a descriverla a parole (tanto che non avevano chiesto l'uno all'altra se provavano la stessa cosa); era come se il loro affetto reciproco fosse stato dettato dal fato e ora, quest'ultimo, li aveva legati per sempre.
Passarono una buona parte delle due ore seguenti a ridere e a raccontarsi aneddoti della loro infanzia che erano rimasti taciuti in tutti quei mesi, seduti su una panca del centro commerciale.
Azrael amava sentire le (dis)avventure di Davide, Eva e Serena durante le vacanze di famiglia, mentre Eva gli chiedeva quali erano le anime più strane che lui avesse mai incontrato.
«Credo che l'onore più grande sia stato prelevare le anime di Elvis e Michael Jackson». Le aveva rivelato lui.
Lei non ci aveva creduto e l'angelo aveva impiegato quasi mezz'ora a convincerla che stava dicendo la verità; oltre che raccontale come avevano reagito le due star della musica alla loro morte.
Quando si furono stancati di rimanere seduti, Azrael ascoltò il consiglio dello sconosciuto alla tavola calda e trascinò la donna dall'altra parte dello stabile.
Appena entrati nella sala giochi Eva era stata un attimo titubante: erano anni che non entrava in un arcade e anche se ai suoi tempi d'oro era stata abbastanza portata - alcune macchine della sala giochi della sua città natale avevano ancora registrato i suoi punteggi come record - era da anni che non si cimentava e quasi si sentiva un'estranea davanti ai pulsanti colorati.
Ma Azrael non voleva sentire nessuna lamentela: avrebbe fatto divertire Eva per tutta la mattinata prima di tornare a casa oppure non sarebbe stato soddisfatto di quell'appuntamento.
Fu così che l'angelo trascinò la ragazza vicino all'hockey su tavolo e le chiese di insegnargli.
A dispetto delle preoccupazioni iniziali della rossa, era ancora molto pratica dei segreti di una sala giochi e aveva stracciato l'angelo con cinque partite vinte e zero perse. Senza considerare la fragorosa risata che si era fatta quando per sbaglio il dischetto aveva colpito il ragazzo nelle parti intime.
Erano poi passati a un più classico Pacman dove, a sorpresa di entrambi, Azrael aveva quasi doppiato il punteggio della ragazza; facendo accendere un fuoco di sfida nella rossa che l'angelo non aveva mai sospettato potesse avere.
In questo modo l'angelo venne umiliato a Stepmania e la sala giochi vide un nuovo record da dover abbattere.
Avevano concluso il loro giro nell'arcade con una sfida a Donkey Kong, dove Azrael era riuscito a battere il punteggio di Eva di un singolo punto.
Essendo che la loro ardua guerra era finita in parità decisero che sarebbero dovuti tornare un altro giorno per decidere chi era il vero campione della Sala Giochi tra di loro.
Usciti dal regno degli Arcade Eva prese per il polso l'Angelo e lo trascinò in libreria, la donna non aveva fiatato ma quel giorno era uscito il nuovo libro della sua saga preferita e lei era intenzionata a comprarlo; anche se avesse dovuto lottare con le unghie e con i denti sarebbe riuscita ad averne una copia.
Quel libro lo aspettava ormai da qualche anno.
Azrael era rimasto spaventato a quella scena. Sapeva che Eva era una donna combattiva, non per altro teneva testa a sua sorella negli allenamenti, ma quello che aveva davanti agli occhi era una piccola reinterpretazione di un Black Friday.
«È la prima volta che vedi l'uscita di uno dei romanzi più aspettati dell'anno, vero?» Chiese un commesso fermandosi accanto a lui con un sorriso divertito in volto. Azrael riuscì semplicemente ad annuire, ancora incapace di parlare.
«In realtà succede sempre tre o quattro volte l'anno», gli rivelò il commesso e l'angelo lo guardò scioccato, chiedendosi come fosse possibile che non fosse mai dovuto andare a prendere un'anima a uno di quegli eventi. «Tre o quattro volte l'anno?!»
Il commesso rise di gusto alla faccia di puro shock del giovane.
«Sì, qualche volte scappa anche qualche ferito». Disse con un tono dispiaciuto che fece scattare lo sguardo di Azrael dal commesso alla ragazza dai capelli rossi che stava ancora tentando di afferrare una coppia, quasi saltando addosso a un'adolescente.
«La rossa è la tua ragazza?» Chiese di punto in bianco il commesso.
Azrael annuì, non staccando gli occhi dalla donna.
Il commesso si morse un attimo le labbra. Dove ammetterlo, quando si era avvicinato all'uomo lo aveva fatto perché voleva provarci spudoratamente, non era tutti i giorni che un essere così celestiale entrava in libreria, ma quando aveva visto gli occhi pieni di preoccupazione per la ragazza dai capelli rossi... Beh, non ci voleva un genio per vedere quanto l'amasse.
Lanciando un altro sguardo, forse in qualche modo geloso, alla ragazza vide come non sarebbe riuscita, in nessun modo, a prendere una coppia del libro.
Pier, questo il nome del commesso, sospirò arrabbiato per aver così un buon cuore - o forse era l'aria natalizia che stava iniziando ad entrargli dentro - per poi fare una cosa che non era proprio autorizzata: sgusciò nel magazzino, prese una copia extra del libro, l'impacchettò e tornò dalla statua greca che stava ancora fissando la sua compagna.
«Tieni», gli disse Pier, dandogli la coppia del libro. Azrael guardò prima il libro impacchettato che gli era stato porto e poi il commesso con sguardo titubante.
«So come vanno queste cose», spiegò Pier, indicando con la testa le persone che stavano per finire le copie esposte. «La tua ragazza non riuscirà a prendere la copia che voleva, per cui tieni e falle un regalo di Natale in più, lo offre la casa».
«Ma–»
«Niente ma!» Lo interruppe Pier. «Prendilo e falla felice».
Azrael sorrise al ragazzo e prese il libro e la borsa regalo che il commesso gli stava offrendo.
«Grazie».
Pier chinò il capo e poi tornò alla cassa a dare una mano alla sua collega, che fortunatamente non aveva visto nulla.
Dopo pochi minuti un'Eva afflitta tornò verso Azrael.
«Ero a tanto così da prenderne una copia», disse lei avvicinando il pollice e l'indice, «ma quella milfona rifatta ci è arrivata prima di me». Sbuffò irritata.
Azrael nascose la borsa un poco e cinse con il braccio libero le spalle della ragazza.
«Dai, dai vedrai che verrai un altro giorno e lo riuscirai a prendere».
Eva sbuffò, ancora irritata, ma si lasciò trascinare fuori dalla libreria senza proteste.
«So esattamente cosa ti serve». Disse l'angelo appena furono fuori dall'attività e notò l'orario.
«Una spranga per rompere il naso a quella milfona rifatta?» Chiese lei speranzosa.
Azrael roteò gli occhi al cielo, Eva e Mikael stavano iniziando a passare davvero troppo tempo insieme.
«No, idiota». Disse lui con tono apatico. «Intendevo del cibo, è già l'una e mezza di pomeriggio».
Come se fosse stato richiamato a rapporto, lo stomaco di Eva si fece sentire in tutto il suo gorgogliare.
La ragazza avvampò. Stomaco traditore. Pensò.
Azrael ridacchiò e sospinse la ragazza verso il suo ristorante giapponese preferito.
Eva, seppur imbarazzata per uscite del suo stomaco, era felice. Quell'appuntamento si era rivelato molto meglio di un qualsiasi appuntamento che avesse mai avuto.
Azrael era stato perfetto, non aveva cambiato di una virgola il modo in cui si comportava con lei solo perché ora era consapevole dei sentimenti che lei provava per lui.
Era il solito stupido angelo che un momento primo le faceva venire voglia di fare cose over diciotto e un momento dopo le faceva voglia di dargli una spranga nei denti.
Se questo era il vero amore, doveva dire che non le dispiaceva affatto.
Ridendo di una battuta fatta dall'angelo, la coppia entrò nel ristorante con ancora il braccio di Azrael sulle spalle di Eva.
Purtroppo la risata di Eva gli morì in gola quando la coppia che era di fronte a loro smise di mangiarsi la faccia l'un l'altra e si voltò: Thomas e Irene.
«Porco Ra». Disse Eva mentre il braccio dell'angelo si fece più stretto attorno alla ragazza.
Azrael comprese subito chi fosse quello di fronte a lui dalla posa rigida che la donna che amava aveva preso. Era stato una notte della settimana successiva al primo attacco di Eva che Helel aveva sputato il rospo al fratello su quello che era successo nella gelateria del centro commerciale; subito, ovviamente, Azrael aveva quasi sgozzato Helel, poi ci aveva pensato e aveva compreso perché il fratello aveva fatto quello che aveva fatto. Inoltre gli tornò a galla la discussione che aveva avuto pochi giorni prima con Davide nel gabinetto di casa loro. Tutto portò ad un'unica conclusione: quello davanti a loro era l'ex di Eva.
«Eva!» Esclamò Thomas, come se fosse felice di vederla. La sua espressione brillante all'apparizione della donna aveva quasi fatto ringhiare Azrael. Come osava solo pronunciare il nome di Eva con tanta enfasi dopo tutto ciò che le aveva fatto passare?!
«A, per favore, andiamocene». La voce della ragazza era quasi un sussurro spaventato. Eva voleva essere ovunque meno che di fronte a quei due. Non riusciva a capire perché ma le sembrava una sensazione peggiore di quelle che aveva provato la notte del suo primo attacco.
Azrael stava per fare ciò che la ragazza le aveva chiesto quando la donna in biondo decise di parlare: «Amo conosci questa puttanella?»
«NON OSARE CHIAMARLA IN QUEL MODO ZOCCOLA!» L'urlo di Azrael era stato possente, pieno del suo potere, e tutti si erano zittiti all'interno del ristorante. Eva guardò Azrael toglierle il braccio dalle spalle e avvicinarsi predatorio ai due, la rossa dovette deglutire dall'agitazione: quello non era semplicemente Azrael quello era l'angelo della morte che stava discendendo su Irene.
«E perché non dovrebbe chiamarla per cosa è?» Chiese Thomas mettendosi tra Azrael e Irene. «Se non sbaglio tu chi sei il numero venti? Ma proprio tu, come me, sai che lei è solo un pit-stop: si usa per far benzina e poi si va alla me–»
CRACK
Fu questo l'unico rumore che si sentì nel ristorante prima che Thomas cadde a terra con il naso rotto mentre l'uomo dai capelli neri ritraeva il pugno e gli si inginocchiava accanto con un'espressione neutra, che fece spaventare ancora di più Thomas.
«Non osare mai più parlare, guardare o solamente pensare a Eva Rossi, lei appartiene a me». Ordinò l'angelo della morte per poi rialzarsi e voltarsi solo per scoprire che dove prima vi era Eva ora vi era solo aria.
«Merda!» Esclamò prima di correre fuori dal locale alla ricerca della donna.

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