Capitolo ventitrè; è meglio Dubai o Torino?

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«Ed è così, infatti. Sono partiti per Dubai ieri notte. Te lo giuro» sbuffo.

Alvaro alza gli occhi al cielo e poi solleva le mani dal volante, come in segno di resa. «Vabbè dai, magari hanno semplicemente cancellato il volo o forse lo hanno perso e quindi sono rimasti qui»

Ma perché lui ha avuto questa reazione così esagerata?

Non ho il coraggio di chiederglielo, così rimango zitta e quando finalmente lui spegne il motore, scendo dall'auto.

Il viaggio da casa mia al ristorante lo abbiamo passato la maggior parte del tempo senza parlare, ma con lo stereo acceso e qualche canzone che passava per la radio, niente di speciale.

«Entriamo?» domanda e noto che il suo volto si è di nuovo aperto in un sorriso.

«Certo»

Il ragazzo dai capelli castani mi prende sottobraccio.

Come una coppia.

Cerco di azzittire in ogni modo la mia coscienza e poi varchiamo la porta del ristorante, entrando mano nella mano.

«Siete arrivati, finalmente! Mancavate solo voi!» è Cristiano Ronaldo a parlare.

Il ristorante è veramente bello: luminoso e parecchio grande; sembra anche molto costoso, ma lo spagnolo ha detto che mi pagherà tutto lui visto che sono la sua accompagnatrice.

I colori predominanti sono il rosso (probabilmente ancora a tema natalizio), il bianco e l'oro. È veramente un bel posto.

Io e Alvaro ci sediamo vicini a tavola, ed io mi ritrovo davanti ad Alex Sandro, Federico Bernardeschi e affianco a Daniele Rugani.

«Come stai, Noemi? È da un sacco di tempo che non ci vediamo!» mi salutano tutti con cortesia e dolcezza: non posso negare il fatto che mi facciano sentire a mio agio e che con loro mi senta effettivamente bene.

«Come va con l'università? Oh, l'ultima volta che abbiamo parlato è stato quando hai azzerato Paulo al Luna Park» dice Leonardo Bonucci, che ha preso posto non molto lontano da noi.

Parli del diavolo e spuntano le corna...

Il mio sguardo incontra improvvisamente quello del numero dieci: è seduto dall'altra parte del tavolo, tra Oriana, Cristiano e davanti a Mario Manzukic.

Indossa una camicia bianca immacolata con tanto di cravatta nera, pantaloni del medesimo colore, la giacca e i mocassini abbinati: è veramente elegante e mentirei se dicessi che non lo trovo estremamente bello.

E sexy.
Stai zitta.

I suoi occhi catturano i miei: i suoi verdazzurri uniti ai miei color cielo.

È come se fossimo legati da un filo invisibile: i nostri sguardi sono persi l'uno nell'altro, noncuranti della cinquantina di persone presenti nel locale.

Continuiamo ad osservarci a vicenda ed è come se il tempo si fermasse, congelatosi, e facendoci rimanere con gli occhi incastonati gli uni negli altri.

È come una magia.

Sì, la magia delle Winx.
Quante volte ti devo ripetere di star zitta?

«Ehi, Noemi? Ci sei? Mi stai ascoltando?» Federico interrompe quel momento magico, facendomi tornare bruscamente alla realtà.

«Perdonami Federico, mi ero un attimo impallata» mi scuso, ed intanto prendo in mano un menu, iniziando a leggere i primi piatti del ristorante, visto che tutti gli altri stanno già incominciando ad ordinare, (d'altronde sono le otto e mezza ed è colpa mia se io e Alvaro siamo arrivati in ritardo).

«Ti ho chiesto come ti trovi con i nuovi compagni» ripete, con il sorriso sulle labbra.

«Bene, più o meno» rispondo.

Continuo a sentire lo sguardo di Paulo bruciare contro la mia pelle, ma io lo ignoro.

Sono resistita per quasi una settimana senza parlargli: posso farcela.

*

Verso mezzanotte meno un quarto la situazione incomincia a diventare imbarazzante: gli occhi di Paulo non si sono spostati nemmeno un secondo dalla mia figura, e nonostante io abbia continuato a parlare e chiacchierare con gli altri ragazzi della squadra come se nulla fosse, mi sono sentita particolarmente a disagio durante tutta la serata, a causa dell'argentino.

«Álvaro, io esco un attimo fuori a prendere una boccata d'aria» sussurro al ragazzo alla mia destra.

Lui mi sorride con tutti e trentadue i denti e poi addenta l'ultimo morso del suo dolce nel piatto.

Abbiamo tutti finito di mangiare e fra circa tredici minuti, inizierà il conto alla rovescia.

«Okay, però vedi di tornare presto, e ricordati di metterti il cappotto che fuori fa freddo»

Ricambio il sorriso e faccio come mi ha detto.

Vado verso le scalette del locale e poi le salgo velocemente, ritrovandomi su una specie di terrazzo che suppongo essere usato come secondo ristorante durante l'estate, quando non fa così freddo.

Il freddo pungente penetra con una velocità incredibile dentro le mie ossa e sento la pelle d'oca invadere il mio corpo.

Mi avvicino al bordo del balcone spazioso e guardo il paesaggio difronte a me: sono così in alto da riuscire a vedere le Alpi innevate, anche se sono molto lontane, ma almeno riesco a vedere benissimo la Mole Antoneliana, illuminata da luci meravigliose.

È uno spettacolo mozzafiato.

«Non credi che faccia troppo freddo per rimanere ancora qui fuori?»

Hurricane - Paulo Dybala [IN REVISIONE] #Wattys2019Where stories live. Discover now