22. Giusto o sbagliato?

Começar do início
                                    

«Rilassati, andrà tutto bene.» Si ferma sul lato destro della porta e solleva l'interruttore dell'impianto elettrico, accendendo le luci del palcoscenico.

Rimango imbambolata a osservare le tende rosse chiuse del palco e una valanga di ricordi mi riaffiorano nella mente. Rimembro una me bambina con il tutù bianco e con dei fiocchetti blu sparsi qua e là sul tulle.

«Vieni qui spesso?» sussurro a Enea che è intento a scrutare un altro pannello di controllo, con la voce che mi trema un po' dall'emozione.

«Ho fatto diversi spettacoli con la band e dovevamo arrangiarci noi con l'impianto» mi spiega distratto.

Schiaccia un pulsante e il sipario si apre, facendomi scorgere le poltrone porpora della platea e della tribuna.

«Pensi che possa andare sul palco?» dico con tono titubante ma speranzoso.

Inarca verso l'alto l'angolo della bocca. «Secondo te perché siamo qui?»

Sono così euforica che dimentico di stare commettendo un crimine. Appoggio il cappotto verde sul tavolino vicino al muro e levo gli stivaletti neri così da non rovinare la superficie.

Mi dirigo al centro del palco con passo lento, quasi tremante, e mi volto verso la platea. Non c'è nessuno a occupare le sedute, ma il mio cuore batte veloce, come succedeva sempre prima di ogni spettacolo.

Chiudo gli occhi e per un istante mi concedo di rivivere i ricordi di una vita passata che non sembra più appartenermi. Sento gli applausi del pubblico e il calore dei riflettori puntati su di me. Sono in un'altra città, in un altro teatro.

Enea si schiarisce la voce e io ritorno nel presente.

«Grazie» gli bisbiglio con una voce malferma. Con molta probabilità non capisce il perché del mio ringraziamento, ma va bene così.

Lui non ribatte. Si avvicina con passo cadenzato e scruta il mio volto in una maniera così intensa che mi fa sentire a disagio. Sfiora con i polpastrelli la mia guancia e un brivido mi si propaga lungo il braccio.

Il suo sguardo viene attirato dal ciondolo della mia collana. Vorrei chiedergli se è stato lui a regalarmela, ma non voglio rovinare questo momento di quiete che si è istaurato tra noi.

«Balla per me.» La profondità dei suoi occhi mi travolge.

«Ok.» È l'unica parola che riesco a pronunciare.

Lo vedo avviarsi verso la prima quinta e istintivamente sorrido. È lì che la mia insegnante si posizionava sempre duranti i saggi per incoraggiarci, battere il tempo e, alle volte, anche per riprenderci.

Faccio un respiro profondo e mi posiziono vicino alla quarta quinta dal lato opposto rispetto a lui. Faccio un grand-plié per riscaldare le anche un po' intorpidite; menomale che indosso i leggings.

Eseguo la variazione di Kitri del I atto senza pensare ai movimenti. Il mio corpo sa esattamente cosa fare e mi dimentico completamente di dove sono fino alla diagonale finale di piroette. È Enea il punto fisso che non smetto di guardare fino all'ultimo giro.

Incomincia a battere le mani e io faccio due inchini per nascondere il mio imbarazzo e la mia emozione. Un sorriso enorme compare sul mio viso, così grande che ho paura mi stia provocando una paralisi facciale. Non mi sentivo così viva da tantissimo tempo, come se per anni avessi vissuto nei panni di qualcun altro.

Corro e mi getto tra le sue braccia. «Grazie, tu non sai cosa significhi questo per me.»

Quando prendo coscienza di ciò che sto facendo cerco di allontanarmi, ma lui mi trattiene, aumentando la presa sui miei fianchi. «Io...» inizia a dirmi, discostandosi per puntare le sue iridi sulle mie.

Divisa a metàOnde histórias criam vida. Descubra agora