36. Incubo a occhi aperti

Comincia dall'inizio
                                    

Mi staccai da lui e una Smart nera, abbastanza vecchia e leggermente ammaccata sulla portiera dal lato del passeggero, si parcheggiò proprio accanto a noi.

Quella macchina la conoscevo già. Era la stessa nella quale Damiano, mesi prima, mi aveva convinta a riavvicinarmi a Totò. L'unica cosa che ricordavo degli interni era il tappetino per i piedi, consumato in alcuni punti, che avevo fissato durante tutto il percorso da scuola fino alla pizzeria.

Non passò molto tempo prima che vidi uscirne il proprietario, seguito dal mio bel principe, visibilmente euforico per la partenza.

Aveva ancora gli occhi dello stesso bambino, curioso e pieno di vita, che avevo conosciuto quel pomeriggio al parco della scuola elementare. Ci guardammo con un'intensità che fece dissolvere qualsiasi tipo di preoccupazione per la valigia o per quelli che avrebbero potuto essere i giorni successi. 

Contava solo la sua felicità che diventava anche la mia, di conseguenza.

Un fischio di apprezzamento ci fece tornare entrambi alla realtà, e mi accorsi che proveniva da Damiano mentre ammirava la BMW, ultimo modello, di mio padre. Vidi il suo autista fulminarlo dallo specchietto laterale: probabilmente non gradiva tutte quelle manate sulla vernice bianca lucente.

«Porca di quella migno-» provò ad esclamare Damiano, ma l'incontro con gli occhi sconvolti di mio padre lo frenarono dal terminare la sua imprecazione.

Povero papà, si stava di sicuro pentendo di avermi accompagnata quel pomeriggio.

Però mi sorprese ancora una volta e scoppiò a ridere.  

«È un gioiellino, vero?» domandò a Damiano, che sembrava un bambino in un negozio di giocattoli.

«È l'auto dei miei sogni... BMW X7, 400 cavalli, super accessoriata... sto per avere un infarto».

La voce di Totò, finalmente, fece il suo ingresso nella conversazione. Si avvicinò, e poggiò una mano sulla spalla del suo amico che sembrava essere entrato in uno stato di trance. 

«Dami, ti ricordo che hai solo dieci minuti gratuiti nel parcheggio, poi l'auto dei tuoi sogni sparirà e in compenso avrai una bella multa» sorrise, e fece un cenno di saluto con la testa a mio padre, che era al corrente della nostra relazione segreta.

Per fortuna non faceva più troppe domande.

«Mi raccomando. Tieni d'occhio per me la mia gemma, per qualsiasi cosa chiama che salgo sul primo aereo e ve-» sentii dire a Damiano, ma Totò lo interruppe con un abbraccio.

«Stai tranquillo, andrà tutto bene».

Mentre Damiano soffiava baci nell'aria alla macchina di mio padre, io presi la mia valigia e mi incamminai verso le porte d'ingresso dell'aeroporto. 

Totò mi aveva raggiunta in poche falcate, con il suo borsone sulle spalle pieno di aspettative, e trattenni a malincuore la voglia assurda che avevo di baciarlo. Due delle tre entrate erano guaste, quindi ci ritrovammo davanti la stessa, e quello ci diede un pretesto per rivolgerci la parola.

«Morelli.»

«Parisi.»

«Prima le stronze egocentriche.»

«E dopo i coglioni poveracci».

Mi fece l'occhiolino complice, e passai per prima cercando di trattenere un sorriso.

Raggiunsi il gruppo della mia classe, che era già in fila per imbarcare il bagaglio a mano, e andai accanto a Ginevra che sembrava più agitata di me, mentre si toccava di continuo la pancia.

La Guerra tra di NoiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora