29. Di orgoglio si muore

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Totò

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Totò.

Quando arrivai a casa, vidi mia madre affaccendarsi e prepararsi, tesa come una corda di violino. Io le sorrisi per darle forza e lei rispose a sua volta con un sorriso tiratissimo.

«Ehi, mami... andrà benissimo, stai tranquilla» la incoraggiai abbracciandola forte. Ero sicuro che ce l'avrebbe fatta: era in gamba e avrebbe superato con facilità il colloquio.

Ci speravo davvero tanto, avevamo troppo bisogno di quei soldi.

«Grazie, tesoro... ci vediamo dopo, okay? Dovrei tornare dopo pranzo» mi informò, accarezzandomi la guancia. Poi prese la borsa, poggiata sul tavolino del salotto e uscì.

Provai una certa tristezza per il fatto che si fosse dimenticata del mio compleanno, ma non mi sentivo di colpevolizzarla dato che aveva tante altre cose per la testa.

Però ci rimasi male. Molto male.

Sospirai e guardai l'orologio sulla parete, che segnava le sette e trentadue. Era domenica mattina e mi sentivo ancora stanco, perciò aprii le porte per sentire eventualmente Mattia piangere e andai a distendermi sul mio letto.

Ero talmente stanco che mi addormentai quasi di colpo. Ancora una volta la vibrazione del mio cellulare mi svegliò dopo quelli che mi parvero pochi minuti, ma che in realtà furono più di due ore.

- Il mio letto è così vuoto senza te...

Sorrisi, leggendo il messaggio di Aurora, ancora un po' assonnato.

- Avrei tanto voluto rimanere lì con te, ma dovevo controllare mio fratello...

- Allora posso venire a casa tua? Non voglio più sprecare tempo, voglio passare il tuo compleanno insieme a te...

Il cuore iniziò a battermi più forte per quella improvvisa felicità che mi stava travolgendo. Le cose si stavano piano piano sistemando: Aurora mi aveva perdonato, mia madre forse avrebbe trovato un lavoro e i brutti pensieri che mi avevano accompagnato negli ultimi tempi stavano iniziando a diradarsi, anche grazie all'amicizia di Damiano e Ginevra.

- Ti aspetto.

Mi alzai e cominciai a mettere un po' in ordine tutta la casa. Presi in braccio Mattia, che piagnucolava, proprio quando il campanello della porta trillò allegramente.

Sorrisi come un idiota e andai ad aprire con mio fratello ancora in braccio. Aurora sorrise radiosa al bambino, accarezzandogli la manina.

«Ciao, piccolino» cinguettò, poi si rivolse a me con un sorriso ancora più grande. «E ciao anche a te» mormorò con voce suadente. Io l'attirai a me e la baciai sulle labbra.

«Grazie per essere qui» sussurrai, stringendo la sua mano nella mia libera.

«Volevo essere sicura che fosse tutto reale» ammise, accarezzandomi la mano col suo pollice.

La Guerra tra di NoiWhere stories live. Discover now