30. Il mio miglior nemico

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Ginevra

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Ginevra.

Continuavo a pensare a come era finita la festa di Aurora. Erano mesi che pianificava tutto nei minimi dettagli ed era bastata una frazione di secondo per trasformare in un incubo, il compleanno dei suoi sogni.

Vederla ridotta in quello stato mi aveva stretto il cuore.

Avrei voluto starle accanto anche mentre cacciava tutti di casa, ma Totò era stato nascosto fuori dall'inizio della serata, indeciso se entrare o meno e forse quel temporale era stato il segnale che l'universo aveva mandato a entrambi.

Avevo sperato con tutta me stessa che Totò avesse trovato il coraggio di andare da lei e ne avevo avuto quasi la conferma quando ero tornata dietro il cespuglio, dove l'avevo trovato nascosto qualche ora prima.

Ci eravamo visti lì prima che la festa iniziasse e mi aveva consegnato un pacchetto color lilla nelle mani, raccomandandomi di metterlo dietro tutti i regali degli altri invitati.

Gli avevo promesso di aiutarlo a riconquistarla e avevo bisogno che lui si fidasse di me, come io avevo imparato a fidarmi della sua immensa bontà d'animo.

Dovevo pur fare qualcosa per sdebitarmi con entrambi e prima di andare via da casa della mia amica, avevo messo il regalo di Totò in bella mostra, in modo tale che lei lo notasse subito.

Avevo passato tutta la notte in bianco a pensare a loro e quando mi ero svegliata, dopo poche ore di sonno, un dolore fortissimo aveva preso pieno possesso della mia testa.

Presi il cellulare in mano, sperando di ritrovarmi dei messaggi da parte dei miei amici, ma le uniche notifiche che avevo erano quelle di una qualche promozione di profumi.

Sospirai e mi alzai dal letto con la solita nausea mattutina pronta a farmi compagnia, così mi precipitai in bagno per rimettere. Dopo essermi sciacquata il viso, tornai dritta in camera mia.

Passai accanto alla cucina dove erano seduti i miei genitori per fare colazione, senza degnarli di uno sguardo.

Erano ancora troppo arrabbiati con me e per evitare di sentire le loro urla, preferivo evitarli.

Non riuscii a riaddormentarmi e quando si fece ora di pranzo, decisi di alzarmi dal letto, preparandomi in fretta per uscire.

Sapevo che Totò di solito lavorava in pizzeria anche la domenica ed ero troppo curiosa di sapere se il mio piano per farli riavvicinare avesse funzionato.

Mentre passavo davanti lo specchio della mia camera con solo l'intimo addosso, mi bloccai a fissare la mia immagine riflessa. Mi accarezzai l'addome, mettendomi di profilo per guardare meglio l'accenno di pancia quasi impercettibile, ma che io riuscivo a notare.

Non avevo la minima idea del futuro che avrei potuto dare a quel bambino, dovendolo crescere da sola. Mi faceva male pensare che non avrei mai potuto dirgli la verità sul padre. Samuel mi aveva minacciata e se avessi deciso di portare avanti la gravidanza, avrei dovuto tacere per tutta la vita una cosa così importante.

La Guerra tra di NoiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora