4. Bruciamo insieme

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Aurora

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Aurora.

Il suo respiro vicino al mio orecchio aveva acceso in me un qualcosa che non riuscivo per niente a spiegarmi. Ero appiccicata a lui, con le mani strette in un pugno sulla sua maglietta e le mie labbra che si muovevano incontrollate contro le sue.

Stavo baciando Salvatore Parisi.

Lo stesso ragazzo che odiavo con tutta me stessa da otto anni a questa parte. Lo stesso ragazzo che non aveva mai nessun rispetto per me. Lo stesso ragazzo che in realtà, otto anni prima, io stessa avevo ferito irrimediabilmente. Lo stesso ragazzo che, da bambino, abbandonai nel momento in cui avrebbe avuto più bisogno di me.

Eppure, niente mi sembrava più giusto e sentito di quel bacio.

Dopo un attimo di esitazione, sentii le sue mani che si posarono sui miei fianchi, stringendoli forte come se avesse paura che potessi scappare via. Le nostre lingue sembravano duellare per quanto quel bacio diventasse sempre più intenso.

Perché tra di noi era sempre stata così: un'eterna guerra di sguardi, di parole taglienti e in quella occasione, di lingue che non volevano perdere neanche l'ennesima battaglia.

Mi staccai dalle sue labbra per riprendere fiato non so quanti secondi, minuti, ore dopo. Ci guardammo come se stessimo parlando con il pensiero e prendendoci per mano, uscimmo insieme dal locale, fin troppo esaltati per quella strana situazione in cui ci stavamo cacciando.

«Vieni con me» sussurrò contro le mie labbra, prima di stamparci un bacio pieno di tutto: eccitazione, confusione, felicità, rabbia, voglia.

Con la mano stretta nella sua iniziammo a camminare in silenzio verso un palazzo un po' malmesso, poco distante dal Mirage. Subito lo riconobbi, mi stava portando a casa sua. Quella stessa casa in cui non mettevo piede da anni.

Un po' d'ansia si impossessò di me, ma la stretta della sua mano mi rassicurò così tanto che decisi di seguirlo senza opporre resistenza.

Arrivammo al terzo piano, senza ascensore, salendo le scale di corsa come se quello che stavamo sentendo non potesse proprio più aspettare. Una volta dentro casa, mi trascinò all'interno della sua stanza che si trovava subito accanto l'ingresso principale. Chiuse a chiave la porta e poi tutto avvenne senza più nessuna logica o freno.

Mi ritrovai subito distesa sul suo letto con le sue labbra gonfie, per tutti i baci che ci eravamo già scambiati, che tracciavano una scia immaginaria su tutto il mio collo fino all'incavo dei seni.

Gli abiti che indossavamo stavano diventando sempre più fastidiosi e non avrei resistito un altro minuto in più con quel vestitino addosso, sentendolo bruciare contro la mia pelle. Con le mani un po' tremanti, gli alzai la maglietta fino a sfilargliela del tutto. Stavo anche per slacciargli la cintura dei pantaloni, ma poggiò le sue mani sulle mie.

«Aspetta, adesso tocca a me. Non avere fretta, fatti spogliare piano piano» sussurrò, con il suo respiro caldo vicino al mio orecchio.

Iniziò questa agonia con lui che dopo avermi accarezzato le braccia, passò alla schiena e con movimenti lentissimi tirò giù la zip del vestito.

La Guerra tra di NoiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora