45. L'ultimo segreto

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Aurora

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Aurora.

Erano passati quattro giorni dall'incidente. Tre da quando Samuel aveva deciso di farmela pagare a modo suo. Uno soltanto dal racconto del passato agghiacciante di Totò.

Ero sopraffatta dalle emozioni. Fremevo dal nervosismo e fu ancora peggio quando, quel martedì mattina, saltai per la seconda volta la scuola per fare delle analisi in ospedale.

Mentre aspettavo che arrivasse il mio turno, ripensavo agli orrori che aveva dovuto sopportare il mio Totò. Aveva visto suo padre premere quel dannato grilletto davanti i suoi occhi.

Mi sentii ancora più colpevole perché dopo quel trauma, quando lui era tornato in classe, mi ero lasciata allontanare senza opporre resistenza.

Era bastato un suo "Aurora, devi starmi lontano" per farmi desistere dall'essergli ancora amica.

Avevamo solo dieci anni, certo, ma lui era la persona più importante per me e io l'avevo lasciato in balia del suo dolore profondo. Aveva sopportato tutto da solo. Sua madre sapeva ciò che aveva visto, ma lei non era lì quando quello psicopatico si perforò la testa con una pallottola.

Una goccia bagnò la mia mano sinistra, che tenevo poggiata sopra la coscia avvolta da dei jeans scuri, e mi resi conto che avevo iniziato a piangere. Vista da fuori, sembravo una che aveva appena perso un parente per qualche grave malattia, invece le lacrime stavano rotolando lungo le mie guance perché non riuscivo a darmi pace per Totò.

Quando arrivò il mio turno, mi asciugai il viso con entrambe le mani ed entrai nello studio del medico. La visita era durata poco e non avevo sentito nemmeno il pizzicore dell'ago che mi aveva bucato la vena per il prelievo. Di solito frignavo come una bambina alla vista del sangue, ma quella volta ero rimasta immobile, con gli occhi fissi sul tubicino trasparente che diventava rosso scuro nel momento in cui si riempiva di liquido organico.

Non avevo più il tempo per essere una bambina e fare i capricci.

Negli ultimi mesi, insieme a Totò, sentivo di essere cresciuta e maturata più di tutti gli anni passati senza di lui. Davo dei nuovi valori alle cose e avevo capito a fondo il significato della parola amore.

Se fino a quel momento avevo amato per timore di restare sola, adesso amavo senza più nessuna paura.

L'unica grande certezza che mi era rimasta era quella di amare alla follia Salvatore Parisi, tanto quanto lui amava me.

Insieme avremmo risolto ogni cosa, dovevamo solo capire in che modo.

«Signorina Morelli, le faremo avere i risultati tra qualche giorno. La botta che ha preso alla testa le lascerà ancora per un po' questo fastidioso bernoccolo, ma passerà. Ora può andare, arrivederla!» mi congedò il medico con una forte stretta di mano.

Uscii dal suo studio e presi il cellulare per chiamare l'autista che mi avrebbe dovuto riportare a casa. Avevo lo sguardo basso mentre camminavo per i lunghi corridoi, impregnati di un odore molto forte di disinfettante. Stavo per comporre il numero, ma le dita si fermarono da sole.

La Guerra tra di NoiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora