Epilogo

2.9K 313 240
                                    

Tre mesi dopo.

Jimin si passò distrattamente una mano fra la chioma scura, mentre attendeva che la metropolitana rallentasse la sua corsa in prossimità della sua fermata. Controllò l'ennesima volta l'orologio da polso che portava e sbuffò nel constatare che fosse in ritardo di un'ora e venti minuti.

La colpa non era stata sua, perché se niente e nessuno si fosse messo in mezzo sarebbe arrivato in orario come tutte le mattine.

Eppure, quel giorno, sembrava che l'universo intero avesse deciso di complottare contro di lui. Prima di tutto la sua amata sveglia non era suonata, successivamente aveva dovuto calmare un'accesa discussione sui cereali tra Taehyung e Jungkook, che quella mattina sembravano sul piede di guerra. Non aveva voluto scendere troppo nei dettagli, semplicemente aveva rassicurato il suo migliore amico che sarebbe passato a comprargli i cereali al miele prima di tornare a casa. Dopo aver fatto una doccia veloce e aver rinunciato a bere anche un solo caffè, era letteralmente corso nei parcheggi sotterranei del condominio, dove aveva scoperto che la sua auto era magicamente sparita.

Dopo i primi cinque minuti di panico, s'era ricordato che Hoseok, il giorno prima, gli aveva chiesto di poterla prendere per accompagnare Donghyuk in aeroporto, dato che doveva raggiungere l'Europa per un brevissimo tour in alcune città.

Jimin aveva imprecato fra sé almeno per dieci minuti, cercando di trovare un taxi che lo portasse alla sua meta prima di far innervosire troppo il ragazzo che lo attendeva, ma Seoul quella mattina era letteralmente bloccata a causa del traffico. Alla fine aveva optato per la metropolitana, ma aveva perso il primo treno perché aveva dovuto aiutare un'anziana signora a fare il biglietto alle casse veloci, il secondo perché un gruppo di turisti lo aveva fermato per chiedergli informazioni e il terzo lo aveva preso per un pelo, rischiando di rimanere chiuso fra le porte automatiche.

Sperava vivamente che la sua spiegazione per il ritardo lo divertisse, altrimenti quella mattinata si sarebbe coronata con un litigo di quelli che si sarebbe ricordato per sempre.

Non appena il treno si fermò, Jimin scese velocemente dal vagone cercando di evitare di prendere qualche gomitata dalle persone che si accalcavano per salire. Venti imprecazioni dopo e quattro rampe di scale, finalmente si ritrovò fuori dalla metropolitana e si fiondò verso l'entrata del piccolo bar all'angolo della strada.

Nulla era cambiato da quando aveva smesso di lavorare in quel posto, c'era sempre la solita confusione dovuta dalla fretta degli studenti che dovevano correre a lezione, ma che non potevano rinunciare ad una sana dose di caffeina.

«Ti porto il solito?» chiese Minha, accorgendosi della sua presenza e Jimin le sorrise, ringraziandola silenziosamente.

Si mosse fra i vari tavolini cercando il suo appuntamento e rimase qualche secondo immobile, quando lo scorse ad uno dei tavolini accanto alla vetrata principale. Aveva i capelli color glicine leggermente arruffati, gli occhi sottili stanchi erano incorniciati da un paio di occhiali dalla montatura scura e le labbra rosee piegate in una linea dritta e scocciata. La pelle era candida come sempre, indossava un dolcevita nero e teneva le maniche arrotolate sotto i gomiti. Le dita, lunghe e sottili, giocavano nervosamente con una bustina di zucchero.

Jimin si avvicinò lentamente, togliendosi il capotto leggero e poggiandolo sulla sedia vuota, prima di accomodarsi e sentire il suo sguardo bruciante sulla sua figura.

«Lo so, sono in ritardo.» mormorò Jimin, senza abbandonare il sorriso sulle labbra.

«Immagino che tu abbia avuto una mattinata movimentata.» rispose con il suo solito tono basso e rauco, che Jimin aveva imparato ad amare.

«Non avrei dovuto fare le corse se qualcuno fosse tornato a casa ieri sera, invece che dormire nel suo studio.» lo rimbeccò bonariamente il minore, mentre studiava l'espressione sempre meno rigida del suo interlocutore.

«Una volta non mi rimbeccavi su queste cose, vero?» domandò incuriosito, cecando di ripescare qualche ricordo riguardo a quegli avvenimenti.

«No, ma solo perché vivevo in quello studio insieme a te e, ogni sera, ti trascinavo a casa a forza.» rispose ai suoi dubbi con un sorriso smagliante, che fece sorridere di rimando anche lui.

Yoongi aveva ancora qualche difficoltà a ricordare certi avvenimenti, alle volte non era sicuro che ciò che gli tornasse alla memoria fosse successo davvero o meno, ma Jimin e gli altri lo avevano tranquillizzato dicendogli che potesse chiedere loro tutto ciò che voleva.

Pian piano i vuoti nella sua mente si stavano riempiendo, i ricordi prendevano forma e chiarezza ogni giorno di più e quelli che non riusciva a recuperare non gli procuravano più quel senso di fastidio o di nervosismo che aveva caratterizzato la sua vita dopo l'incidente. Era stato grazie a Jimin se aveva deciso di non intestardirsi troppo: una sera avevano iniziato a discutere sull'argomento e il minore, prendendo il suo volto fra le mani, gli aveva detto che avevano tutto il tempo del mondo per costruirsi mille ricordi nuovi e che quelli che aveva dimenticato poteva ricordarli lui per entrambi. Ed era quello che stavano facendo.

Avevano deciso di concentrarsi solo sul loro presente, godendosi ogni singolo secondo insieme e provando a costruire qualcosa di solido per il loro futuro.

Per Yoongi rinnamorarsi di Jimin non era stato difficile, in cuor suo sapeva che anche se non avesse recuperato i suoi ricordi avrebbe finito per amare quel ragazzo dai capelli rosa confetto. Jimin era una boccata d'aria fresca, la sua sola presenza era in grado di renderlo felice e da come il minore sorrideva in sua direzione era sicuro che anche per lui valesse la stessa cosa.

«Perché mi fissi in quel modo?» domandò Jimin, che non poteva che sorridere sotto quello sguardo così carico di emozioni.

«Perché mi piace osservarti.» rispose Yoongi, facendo arrossire il ragazzo di fronte a lui. «Non ho potuto farlo per due anni, diciamo che mi sento in dovere di recuperare.»

Jimin scoppiò a ridere a quelle parole e avvicinò una mano a quella di Yoongi per intrecciare le loro dita.

La presa si fece più stretta e Jimin sorrise nel decifrare quel piccolo messaggio: "Non ti lascio, non vado da nessuna parte senza di te".

«Vuoi sapere perché?» domandò Yoongi, come se avesse letto nel pensiero a Jimin, che annuì, curioso.

«Perché nonostante io fossi così terrorizzato da questo sentimento che cresceva fra noi, perché nonostante io non avessi mai amato nessuno e avessi paura di non esserne capace, di combinare un casino dietro l'altro e di ferirti, cosa che poi ho fatto lasciandoti qui da solo, dimenticandomi di te e ferendoti ulteriormente, io ho capito che senza di te non voglio stare. Sei il mio primo amore, sei l'unica persona per cui è valsa la pena rischiare tutto quello che ho rischiato. Ti amo, Marshmallow e non ti sarò mai grato abbastanza per aver deciso di aspettarmi.»

Jimin sorrise con gli occhi lucidi per quelle parole e ricambiò la stretta di Yoongi.

«Ti aspetterò sempre, ma per precauzione d'ora in poi non ti permetterò di andartene in giro senza di me.»

«Mi sembra un'ottima idea.»

THE END 

First Love ~Where stories live. Discover now