28.

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Jimin lasciò cadere a terra la sacca che stringeva sulla spalla, le labbra dischiuse per la sorpresa di quelle parole dette con così tanta spontaneità. Ricordava ancora perfettamente quand'era stata l'ultima volta che Yoongi aveva usato quel soprannome per rivolgersi a lui e ora, sentirlo nuovamente lo lasciava senza fiato. Forse lo aveva solamente immaginato, forse Yoongi aveva detto qualsiasi altra parola o forse non aveva nemmeno aperto bocca e lui, fin troppo innamorato dell'idea che rivedendolo con quel colore di capelli potesse smuovere in lui qualcosa, aveva lasciato l'immaginazione correre.

«C-Come mi hai c-chiamato?» domandò Jimin, mentre cercava di convincersi che non fosse frutto della sua immaginazione, ma che Yoongi fosse lì davvero e che lo avesse chiamato con quel soprannome tanto fastidioso, quanto dolce.

«Marshmallow...sai, il tuo colore è così...rosa.» spiegò il ragazzo con un sorriso, prima di rendersi conto di quanto Jimin sembrasse sconvolto. «Ho forse detto qualcosa di sbagliato?» aggiunse subito, l'ansia percepibile in quelle poche parole, ma Jimin scosse leggermente il capo. Sapeva di dover aggiungere qualcosa per rassicurarlo, ma la sua mente sembrava essersi svuotata.

«No, non hai detto nulla di sbagliato, è solo che... Marshmallow è il soprannome con cui mi chiamavi, ecco.» spiegò Jimin con un sorriso malinconico.

Yoongi capì perché fosse così sorpreso, Jimin gli aveva raccontato come si fossero conosciuti e come quel soprannome, inizialmente tanto irritante, avesse mutato significato mentre cresceva la loro relazione. Il maggiore sorrise leggermente a disagio, mentre si chiedeva se fosse una coincidenza che lo avesse chiamato proprio in quel modo.

«Uhm, perché non entriamo? Qui fa piuttosto freddo.» mormorò Jimin, interrompendo il filo di pensieri di Yoongi. Afferrò velocemente la sacca da terra e si affrettò ad aprire la porta, prima di far segno al maggiore di precederlo all'interno. Si tolsero in silenzio i cappotti, le sciarpe e le scarpe. Jimin sentiva il battito accelerato del suo cuore rimbombargli nelle orecchie e sperava che Yoongi non si accorgesse di quanto fosse palesemente agitato. Non sapeva esattamente di cosa iniziare a parlare. Si spostarono in salotto, dove entrambi presero posto sui due lati opposti del divano, mentre il silenzio si faceva ogni secondo sempre più opprimente.

«Com'è andato il viaggio?» domandò all'improvviso, maledicendosi per avergli posto una domanda tanto stupida, quando dovevano parlare di cose ben più importanti, ma in quel momento aveva detto la prima cosa che gli era passata per la mente.

«Bene, Namjoon ha dormito tutto il tempo e mi ha sbavato sulla spalla.» mormorò, arricciando il naso leggermente disgustato al ricordo, mentre Jimin soffocava un sorriso. Poteva benissimo immaginare lo sguardo scocciato del maggiore, mentre Namjoon aveva dormito beato senza rendersi conto di nulla.

«E Daegu? Com'è andata con la tua famiglia?» domandò, cercando di capire cosa avesse fatto in quelle settimane passata nella sua città natale. Entrambi, pian piano, sembrava stessero iniziando a rilassarsi e anche l'atmosfera iniziava ad essere meno pesante. Finché rimanevano su un campo neutro non era poi così complicato chiacchierare tranquillamente.

«Bene, i miei genitori erano molto preoccupati, ma hanno cercato di farmi sentire a mio agio il più possibile, anche se è stato strano stare in quella casa, osservare la mia stanza e trovare tutto così poco familiare.» spiegò il ragazzo, mentre osservava le sue mani intrecciate. Si sentiva ancora leggermente in colpa per non esser riuscito a ricordare i suoi genitori, ma entrambi erano stati molto più che comprensivi e Yoongi aveva promesso loro che non sarebbe scomparso. In un certo senso avevano già perso un figlio, non voleva privarli del tutto della sua presenza.

«Posso solo immaginare come ti sia sentito, ma ora che hai il quadro completo di tutto ciò che è successo, forse, sarà più semplice ricordare.» cercò di incoraggiarlo Jimin, senza lasciar trapelare l'ansia dietro quelle parole. Nonostante avesse deciso di non mettergli pressione o obbligarlo, l'idea che Yoongi potesse decidere di escluderlo dalla sua vita lo spaventava, soprattutto se la memoria non gli fosse tornata.

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