Fifth Avenue

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Jacob vide l'espressione di Queenie farsi sorpresa quando raggiunsero il lussuoso ristorante nel bel mezzo della Fifth Avenue.
-Ma Jacob, questo posto dev'essere carissimo!- esclamò, le luci della città che si riflettevano nei suoi occhi facendoli brillare ancora più del solito.
Jacob corrugò la fronte, perplesso: aveva già dimenticato tutti i biscotti che avevano preparato insieme per il proprietario? Forse sì, infornavano migliaia di dolci ogni giorno, eppure era strano. Era come se alcuni dei suoi ricordi fossero completamente spariti, e quella non era l'unica occasione in cui l'aveva notato. Prima di entrare nel ristorante, però, gli occhi di Jacob indugiarono sulla sua figura piccola e perfetta, bellissima, e non riuscì a trattenersi: mise da parte i suoi sospetti, le prese la mano e gliela strinse forte. Lei gli rivolse un'occhiata civettuola, forse troppo civettuola, anche per gli standard di Queenie.
Appena varcarono la soglia dell'elegante ristorante furono accolti dalle raffinate decorazioni che affollavano la sala e dall'enorme lampadario di cristallo, la cui luce soffusa accarezzava ogni tavolo e creava un'atmosfera suggestiva. Queenie si guardò intorno come se fosse la prima volta, con un sorriso sul volto e gli occhi spalancati per la meraviglia.
-Potresti scusarmi per qualche secondo? Devo verificare una cosa- le disse Jacob, e senza aspettare la sua risposta le lasciò la mano e scambiò un paio di parole con un cameriere, implorandolo di lasciargli fare qualcosa che Queenie non riuscì a sentire.
Quando tornò aveva un'espressione decisamente soddisfatta.  La prese sottobraccio e la trascinò in fondo alla sala, dove troneggiava un bel pianoforte di legno dall'aspetto antico. Come Jacob si aspettava, Queenie non lo riconobbe. Si limitò ad osservarlo come un comunissimo pianoforte.
-E quindi?- chiese, incrociando le braccia.
-Mi dedichi una canzone?- disse lui, spostando lo sgabello perché Queenie potesse sedersi.
-Oh, Jacob, non so se è il caso...-rispose lei, abbassando lo sguardo e addolcendo ancora di più il tono di voce.
-Ti prego! Solo una, la tua preferita!- insistette Jacob, lottando per non lasciarsi intenerire dalla sua voce.
Queenie sembrò in difficoltà. Sorrise di nuovo, ma era chiaro che stavolta dietro quel sorriso non ci fosse alcuna esultanza. Si sedette e spostò lo sguardo da Jacob al pianoforte, esitante. Poi chiuse gli occhi e appoggiò le mani sui tasti.

Il pianoforte produsse un suono orribile, stridulo e completamente scoordinato. La seconda nota non risultò più piacevole, infatti molte persone si girarono, protestando e coprendosi le orecchie, infastidite. Alla terza nota Jacob ne ebbe la conferma: la donna che aveva davanti non era la sua fidanzata.
La ghermì per un braccio e la sbatté violentemente contro il muro, sotto gli sguardi sbigottiti dei facoltosi clienti del lussuoso ristorante.
-Chi sei tu?- sbraitò, stringendole le mani intorno al collo.
Lei non rispose e iniziò a dibattersi nell'inutile tentativo di liberarsi.
-Chi sei?- ripeté Jacob. -Cosa ne hai fatto di Queenie?
Lei continuò a non rispondere. Allungò il braccio e riuscì ad afferrare un coltello dal tavolo più vicino. Fece per brandirlo contro Jacob, ma lui fu più veloce, le torse il polso e il coltello cadde a terra come al rallentatore. Il tintinnio dell'argento risuonò nella sala silenziosa, nessuno aveva il coraggio di parlare.
-D'accordo, mi arrendo!- esclamò la falsa Queenie. I suoi occhi erano colmi di terrore e stavano iniziando a cambiare colore.
-Cosa hai fatto a  Queenie?- domandò ancora una volta Jacob, senza lasciare la presa. -Dimmi dov'è!
Lei annaspò in cerca di aria e mormorò un indirizzo con un filo di voce. Jacob allentò leggermente la presa sul suo collo, ma non del tutto.
-Dubito che la troverai ancora lì, comunque- sibilò l'impostora, con le labbra violacee a causa della mancanza di aria. -è lì da ieri notte, gravemente ferita
-Tu hai...- Jacob tremò per la rabbia, e probabilmente avrebbe ucciso la finta Queenie se non fosse arrivato Newt.

Jacob aveva parlato del suo piano a Newt, e lui aveva ben pensato di tenerlo d'occhio nel caso avesse avuto bisogno del suo aiuto. Era rimasto nascosto per tutto il tempo, e quando capì che le cose si stavano mettendo male entrò nel ristorante correndo e raggiunse l'amico. Sfoderò la bacchetta e, incurante di tutti i Babbani che lo stavano guardando, La puntò contro la donna e urlò: -Revelio!
I lineamenti di Queenie iniziarono a cambiare, il suo volto a deformarsi fino ad assumere i connotati di quello di...
-Audrey!- esclamò Newt, incredulo.
Prontamente il mago le legò le mani dietro la schiena facendo scaturire delle corde dalla punta della sua bacchetta.
-Dobbiamo portarla al MACUSA!- urlò a Jacob, e insieme la trascinarono di peso fuori dal ristorante.
Appena furono in un posto meno affollato Newt la guardò con una certa calma, quasi con gentilezza, come se continuasse a compatirla anche dopo quello che aveva fatto.
-Cosa c'entri tu con Tina?- chiese senza scomporsi minimamente.
-Chi è questa Tina?
Newt non perse la calma. Prese il pezzo di stoffa che aveva trovato il giorno prima e lo sventolò davanti agli occhi di Audrey.
-Ah, stai parlando di Thunder! La conosco a malapena- disse lei, vedendo il quadrato di stoffa scura.
-Non mentire. Cosa c'entri tu con lei?
-Avete finito di giocare agli Auror, voi due? Questo è il secondo interrogatorio che mi fate!
-Rispondi!- la voce di Newt iniziò a tremare.
-Niente! Non c'entro niente!
-Stai cercando di farmi credere che non sei stata tu a portare questo qui?- disse Newt, agitando con foga crescente il pezzo di stoffa. - Te lo chiederò un'ultima volta, e farai meglio a rispondere. Cosa c'entri tu con Tina?
-È stata sua l'idea. Dell'incantesimo-insetticida, intendo.
-E...?
-Mi ha chiesto lei di farvi trovare il pezzo di mantello. Ma non voleva che Grindelwald lo sapesse, non so perché...
Audrey aggiunse anche un'ulteriore spiegazione che Newt non riuscì a seguire. In realtà non era tanto complicato: Audrey aveva solo detto a Newt che Tina, pardon, Thunder aveva detto a Grindelwald di dire ad Audrey di trasfigurarsi in Queenie per dire a Jacob di dire a Newt di dargli la sua valigia in modo che lui avesse potutto darla a Queenie/Audrey che l'avrebbe data a Grindelwald. Ma non c'era tempo per quegli inutili giochetti: bisognava trovare Queenie.
-Tienila d'occhio.- disse Jacob, guardando Audrey con disprezzo. Newt annuì. -Io vado a cercare la mia Queenie-.

Jacob attraversò così tanti viali e strade che presto perse il conto. Camminò a piedi senza fermarsi un attimo, disperato, e dopo un tempo che gli parve interminabile raggiunse la strada che gli aveva indicato Audrey. Era terrorizzato dalla possibilità che lo avesse ingannato di nuovo, e a ogni passo quell'idea si concretizzava sempre di più nella sua mente: perché avrebbe dovuto dirgli la verità? Ormai era lontano, non avrebbe più potuto farle del male, se anche avesse scoperto di aver fatto tanta strada per poi accorgersi che non avrebbe mai più rivisto Queenie... un brivido gli percorse la schiena. No, doveva trovarla.
Nel bel mezzo di un vicolo immerso nell'ombra c'era una porticina così stretta che Jacob la notò solo dopo esserci passato davanti tre volte. Queenie doveva trovarsi lì. Animato da una nuova speranza tentò di aprirla, ma non si spostò di un millimetro. Ci riprovò ancora, e ancora, ma fu tutto inutile. Si era quasi rassegnato, ma proprio in quel momento sentì una voce che proveniva dall'interno. Non riuscì a cogliere le parole appena sussurrate, ma era sicurissimo che quella fosse la voce di Queenie. Indietreggiò fino all'altro lato della strada, poi si scagliò con tutto il suo peso contro la porta, deciso a salvare Queenie. La porta emise un sordo rumore metallico ma non si aprì. Jacob sentiva la caviglia bruciargli e la spalla gli faceva male, ma non si arrese; diede un'altra spallata alla porta, poi un calcio, due calci, finché non riuscì a sfondarla.
Queenie era lì. Aveva numerose ferite su tutto il corpo, e i suoi vestiti erano coperti di sangue rappreso. Era viva per miracolo. Il suo volto era coperto di sudiciume e stravolto dal dolore, sulla sua fronte spiccava un grosso taglio che, a giudicare dall'aspetto, doveva essere abbastanza doloroso. Sulla sua guancia luccicava una lacrima. I suoi occhi erano spenti, come se la vita stesse fluendo via poco a poco. Jacob sentì il suo cuore che si appesantiva davanti a quella scena: quella cornacchia! Queenie non aveva fatto nulla di male, non meritava di essere ridotta in quello stato. Ed era tutta colpa di Thunder. Come aveva potuto fare una cosa del genere a sua sorella? Sentì qualcosa di simile alla rabbia crescere  dentro di lui, come un fuoco che gli ardeva dentro, ma quella sensazione fu subito repressa dalla sua preoccupazione per Queenie. Corse da lei e si inginocchiò al suo fianco.
-Va tutto bene, ci sono io qui con te- sussurrò, asciugandole l'unica lacrima che le bagnava il volto. -ci sono io.
Lei sorrise e i suoi occhi acquistarono una nuova luce. Cercò di girarsi a guardarlo, ma non riusciva a muoversi.
-Come ti senti?- chiese lui, un po' rassicurato dal suo sorriso.
-Sono stata meglio- disse lei con voce roca, poi abbassò lo sguardo e osservò i suoi vestiti sporchi e macchiati. -Era... era il mio cappotto preferito!
Jacob non riuscì a fare a meno di sorridere: solo la sua Queenie avrebbe potuto dire una cosa simile in quell'occasione. Avrebbe voluto abbracciarla, ma preferì evitare per non farle male.
-Ne compreremo un altro- disse invece, guardandola negli occhi.
-Non sentirti in colpa perché hai baciato un'altra ragazza. Non è colpa tua!- mormorò lei allungando una mano verso Jacob. Viste le sue condizioni, quella frase suonò piuttosto fuori luogo, ma fece ridere e arrossire Jacob allo stesso tempo.
-Vedo che non sono riusciti a portarti via i poteri!
-Sono più forte di quanto credi
-Lo so. Ma so anche che adesso hai bisogno di riposare. Vieni con me
La prese in braccio come una bambina, ignorando il dolore pulsante alla caviglia che ancora non si era ristabilita del tutto, e la portò fuori da quel posto, felice di averla ancora con lui.

Tu cerca di non farti investigare (completa)Where stories live. Discover now