Capitolo 20-bisbigli

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Era mattina.
Mi svegliai, mi preparai e scesi di sotto.

Le facce erano le stesse.
Gli stessi sguardi.
Gli stessi "tu sei sbagliato" che uscivano dagli occhi di mio padre.
Bene.
Dissi tra me e me.
Tu sei importante.
Perché pensare agli altri.
Forse perché gli altri ti condizionano.
Mi sembra di aver letto qualcosa su questo, una tesi di sociologia.
Tu sei ciò che gli altri vogliono che tu sia.
Tu non sei davvero tu, sei solo il frutto di anni e anni di bugie.
Tutto ciò che fai, la fai perché c'è qualcuno che ti dice di farlo.
Quindi tu continui a vivere, e senza neanche rendertene conto, non stai neanche vivendo davvero.
Poi, però, appena capisci che qualcosa non va, appena non sei più felice di non poter essere te, ti ribelli e beh, la gente ti giudica.
Quasi scontato.
Come se la gente dovesse farlo.
Si perché potrebbe essere etichettata anche lei.
Quindi continui a vivere mentre dietro di te ci sono bisbigli e borbottii.
Bella la società.
-buongiorno-
Dissi piano.
Mio padre abbassò la testa sul suo caffè.
Lo guardai per un po'.
Quanto può essere forte il volere della società? Tanto da non poter più dire buongiorno al figlio?
Mia madre si avvicinò a me e mi baciò la guancia.
-vuoi qualcosa?-
Sorrisi.
Poi ritornai a guardare mio padre.
Se ne stava lì a girare con il cucchiaino quel poco caffè che era rimasto nella
tazzina.
-no, no grazie vado a mangiare con i miei amici...-
Non che ci andassi davvero, mi ero allontanato da loro, di nuovo.
Non volevo sapere il loro giudizio su theo.
Non volevo sapere ciò che pensavano di me, ora che tutto il mio gruppo sapeva.
Quindi c'ero io.
Da solo.
Un'altra volta.

Presi il mio zaino e uscii dalla porta.
Cuffiette alle orecchie, passo veloce, cercavo di andare a scuola sperando di non vedere nessuno.
-hey-
Qualcuno mi chiamò.
Non riconobbi immediatamente la voce, perché il suono delle cuffie ovattava i rumori circostanti.
Mi voltai.
-hey-
Era mason.
-ora non mi aspetti più per andare a scuola con te?-
Risi.
-andiamo dai..-
Lo spintonai.
Mi mancava ridere con il mio migliore amico.

La scuola quel giorno era diversa.
C'erano strani pettegolezzi.
Ma né io né mason riuscivano a capire quali fossero.

Una volta agli armadietti scott si avvicinò a me.
-hai sentito?-
-cosa?-
Dissi confuso.
-theo ha lasciato la bionda.. ha detto che gli piace un'altra persona-
Potevo essere io quella persona?
-la bionda era talmente arrabbiata, che gli ha spaccato la moto..-
Disse malia, aggiungendosi alla nostra conversazione.
-fonti quasi certe dicono che il nome della persona non era femminile..-
Arrivò lidya.
Erano stati carini a cercare di tirarmi su, ma sembrava tutto una montatura.

Poi, theo fece il suo ingresso a scuola, capelli perfetti, occhi perfetti.
Ero talmente occupato a guardarlo che non notai neanche le risatine e i bisbigli degli altri.
Loro sapevano.
Sapevano davvero.
Ma a lui non importava, continuò a camminare come se nulla fosse.
Si girò un secondo verso di me e mi sorrise.
Ma uno di quei sorrisi che si fanno ad una persona che non conosci quando non vuoi sembrare maleducato.
Così continuai a fissarlo, sperando che i nostri sguardi si incrociassero, ma lui continuava a camminare, con quella sua aria da arrogante, e quei suoi occhi senza paura.
Ora tutti sapevano.
Lui era stato coraggioso.
Io non lo ero stato.

La campanella suonò, e cominciarono le lezioni.
Il professore spiegò, ma non ricevette la mia attenzione.
Pensavo a theo.
Alzai la mano.
-posso andare in bagno?-
-si ma sbrigati che perdi la spiegazione-
Come se in quel momento fosse la mia priorità.
Aprii la porta del bagno.

Lo sapevo.

A White Blanket~thiamWhere stories live. Discover now