- Cap. 24

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"Dimmi una cosa, ragazza
Sei felice in questo mondo moderno?
O hai bisogno di più?
C'è qualcos'altro che stai cercando?"
Shallow, song

POV ALLIE

Il suo profumo.
Il suo profumo sembra ovunque;
sento i capelli scomposti sul viso, le mani ancora sudate e l'interno coscia bagnato. Sposto un braccio nel buio della camera, alzando le coperte e portando le dita sulla pancia. Quasi trema ancora, euforica per la notte appena trascorsa e sconvolta dalle farfalle impazzite al suo interno.
Mi allungo dalla parte destra del letto, tastando le coperte per raggiungere il suo corpo e stringerlo. Solo quando le dita scivolano giù dal bordo del materasso spalanco gli occhi con un singulto, trovandolo vuoto e gelido.
Accendo la luce sul comodino e mi guardo intorno.
Un nodo si allaccia nel mio stomaco alla vista della camera deserta: al mio fianco le lenzuola sono arruffate e il cuscino stretto contro il mio, segno che debba aver dormito poco e forse pensato molto.

Mi alzo dubitante, afferrando la sua camicia sul pavimento per coprire il petto scoperto, ne allaccio qualche bottone e poi raggiungo la cucina.
Le finestre sono spalancate e un profumo di pancetta accoglie il mio sensibile olfatto, stona piacevolmente con il forte aroma di tabacco e cuoio della stoffa, accogliendo le mie membra affamate e la mente poco lucida.
L'appartamento sembra deserto, incredibilmente appare freddo e sconosciuto.
Vago per il corridoio con le gambe tremanti e le lacrime agli occhi, la gelida sensazione di essere rimasta sola e la disperata solitudine tra le mani.
Vedo il suo sorriso nel buio della camera da letto, il viso accaldato e soddisfatto, l'impronta delle sue grandi mani ancora scorre sul mio corpo, stringendo i seni e palpando fino ai glutei.
"Sembravi così felice..." sussurro alla finestra.
Compiaciuto ed estasiato, fresco nella notte e caldo nel mio corpo, mi era sembrata un'unione perfetta la nostra, traboccante di senso e piena di vita ma forse... forse ho frainteso l'espressione nei suoi occhi.
Raggiungo un tavolino, sorprendendomi di trovare un foglietto ripiegato sulla superficie e mezzo spiegazzato.

Fatti trovare pronta per le 11.
Voglio portarti in un qualche posto
che ti piacerà.
R.

Un qualche posto.
Forse un locus amoenus adatto ad entrambi.
Sospiro, sentendo il petto più leggero e il nodo allentarsi; forse riuscirò ad imparare da lui la differenza tra studiare filosofia ed essere un filosofo, come mi ha promesso, forse riuscirò a leggerglielo nello sguardo.
Nelle labbra o sotto le coperte.
Aggiungo con un sorrisetto.
Lo sentirò nelle sue parole quando mi leggerà le poesie di Orazio, tra i suoi gemiti quando mi farà sua una seconda volta...
"Basta, Allie dai!" esclamo passandomi le dita tra i capelli con un sorriso soddisfatto ed euforico, guardo l'ora sulla sveglia e trovando ancora un'ora per prepararmi, verso in un piatto le uova e la pancetta sul fornello.

Seduta sullo scalino davanti al portone osservo la strada, in attesa di veder comparire la sua auto.
Dal tappeto del salotto ho raccolto il ritratto che gli stavo facendo ieri sera, prima di saltargli addosso e trovarmi avvinghiata a lui sul letto; lo continuo ricordando a memoria i suoi tratti; credo che non dimenticherò mai il ghigno liberatorio sul suo volto quando quella notte ha raggiunto l'apice, figuriamoci un semplice sorriso o i suoi occhi languidi che tutte le mattine mi fissano dalla cattedra in cima all'aula.
Un sonoro clacson mi costringe ad alzare la testa e, con un sorriso, lo vedo sventolare la mano fuori dal finestrino della sua Audi bianca brillante, caccia fuori la testa e mi urla di montare.
Con una corsetta giro attorno all'auto e salgo accanto a lui.
Sbatto la portiera e, sistematami sul sedile, mi volto a guardarlo.
Un'espressione divertita e maliziosa colora il suo sorriso, tiene le mani ferme sul volante e, seduto elegantemente, continua a fissarmi.
"Ciao." dico, sentendo le forze mancare davanti alla sua figura attraente e al profumo inebriante.
"Ciao." risponde, allargando il sorriso e addolcendolo.
"Hai letto il biglietto vedo... gironzoli per la casa in mia assenza?"
Mi accorgo dell'ironia e tenendogli testa mi rivolgo a lui con scetticismo.
"Beh, potevi metterlo sul tavolo sopra il libro di Platone, lo avrei trovato molto prima..."
Trattiene una risatina e, premendo sull'accelerazione sfreccia sul carreggiata.
"Dovresti mettere la cintura" continua, vedendomi schiacciata contro lo schienale quasi senza fiato per la velocità.
Poi scuote la testa e divertito continua a guardare la strada.
"Dove andiamo?"
"Lo vedrai, il viaggio è piuttosto lungo, dovresti metterti comoda..."
Distolgo lo sguardo dalle sue mani perfette strette al volante, con un sospiro tento di interessarmi all'impianto radio dell'auto.
"Posso mettere della musica?"
Downey alza le spalle quasi indifferente e con un sorriso penso che forse non ne è un grande intenditore.
Cerco il collegamento Bluetooth e sincronizzo la mia playlist Spotify facendo partire la prima canzone.

Tell me something girl
Are you happy in this modern world?
Or do you need more?
Is there something else you're searching for?

Sospiro scaldata da quella voce, adagio le spalle sul sedile e faccio scorrere lo sguardo sulla strada.

I'm falling
In all the good times I find myself longin' for change
And in the bad times I fear myself

"Ti piace?" domando con un sussurro, il professore sembra ascoltare con calcolata attenzione, incapace di farsi trasportare dalla musica e soppesando ogni nota.
Annuisce rivolgendo un sorriso disincantato allo specchietto, sembra essere nato alla guida, il modo in cui fa scorrere i palmi sul volante e allarga le gambe mi fa venire voglia di saltargli addosso; deglutisco pesantemente, cercando di non pensarci.

Tell me something boy
Aren't you tired tryin' to fill that void
Or do you need more?
Ain't it hard keeping it so hardcore

"Ti piace il nome Robert?"
Domanda all'improvviso, muovendo la testa e tirando un sorriso.
"Molto..."
"È il mio nome sai?"
Lo guardo, desiderando all'improvviso di urlarglielo in faccia per farmi sentire.
"Posso chiamarti così?"
Deglutisco, temendo un rifiuto e la figura da professore.
Downey tira un sospiro liberatorio, poi annuisce ripetutamente e sorride.
"Era da tempo che volevo dirtelo... vorrei che mi chiamassi per nome quando siamo soli..."
Sembra scuotersi, forse imbarazzato.
Dio, abbiamo fatto l'amore, di cosa dobbiamo vergognarci ancora?
Nemmeno la mia mente sembra riuscire a dare una risposta, eppure un alone di insicurezza sembra oscurare quell'abitacolo pieno di senso e stracolmo di vita.

I'm off the deep end, watch as I dive in
I'll never meet the ground
Crash through the surface,
where they can't hurt us
We're far from the shallow now

"Non ti piace proprio eh?" ridacchio, scorgendo l'espressione sofferente sul suo volto.
"No, è solo che mi rattrista."
Allunga una mano e abbassa il volume della radio, spegnendo la voce e la melodia.
"E non ho voglia di essere triste oggi."
Sorrido, avvicinando le dita e sfiorando le sue.
Io non sarò mai triste accanto a te.
Oh Do, cazzo, meno male non l'ho detto.
Penso ritirandomi al mio posto con un singulto.
Nel superficiale.
Ma quale.
Il mondo sembra colmo di profondità e di significato adesso; forse è la musica, il sedile di quella auto o una malinconica filosofia che aleggia al mio fianco a renderlo tale.

SPAZIO AUTRICE
TORNATAA
NE PASSERANNO ANCORA STI DUE EH
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MINEA

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