- Cap. 4

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"La condizione dell'uomo
è una condizione di guerra
di ciascuno contro ogni altro."
Hobbes

POV ALLIE

Resto immobile davanti la classe, con le dita strette attorno alla cover e le gambe rigide

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Resto immobile davanti la classe, con le dita strette attorno alla cover e le gambe rigide.
È successo. È accaduto veramente e mia madre non vuole nemmeno avermi più per casa. Di colpo un oppressante senso di colpa mi gela il respiro: forse avrei dovuto far finta di non udire i loro litigi o rinchiudermi in camera invece di contraddire le loro scelte. Ma la nuova Allie contesta le persone ed esprime le sue idee a voce alta, come poteva fingere che non stesse accadendo nulla?
"Allie? Cosa fai entri?" Betty mi sta richiamando, è appoggiata allo stipite della porta e sembra sgranare gli occhi alla vista del mio volto.
"Oh Dio, ma sei sicura di sentirti bene?"
Non le rispondo, traballando mi avvio in classe e prendo posto vicino alla finestra. Non ho nessuno intorno. I miei compagni di corso si sono ammassati nell'ala destra dell'aula e sembrano non notarmi.
"Forza ragazzi, staccate i banchi e levate tutto: voglio vedere solo una penna davanti a voi."
Il professor Downey è appena entrato: lo vedo posare la borsa in pelle sulla cattedra e sistemarsi gli occhiali.
Osserva intorno con le mani in tasca, brontolando alla vista di banchi troppo vicini; il mio sguardo è appannato e non riesco a distinguere i dettagli della sua figura, quando passa accanto a me per consegnarmi il compito lo vedo indugiare sul mio volto e io prontamente copro gli occhi per nascondere le lacrime. Sembra non farci caso e passa ai banchi davanti, muovendosi con eleganza nello stretto corridoio.
Il vetro della finestra è appannato e alcune goccioline scivolano tranquillamente sulla superficie, lasciando una scia d'acqua dietro di loro. Una volta giocavo con papà nella pioggia. Beh, solo quando ero piccola in realtà, saltavamo insieme nelle pozzanghere del giardino mentre mamma ci guardava divertiti dalla finestra.
Serro le mani attorno al bordo del banco sentendole gelide e rigide, le dita sembrano muoversi a scatti trattenute da chissà cosa. Quei ricordi mi hanno paralizzata. Le risate e gli scherzi sembrano non appartenermi più, la mia mente li rifiuta gettandoli fuori. Sento delle lacrime scivolare lungo la guancia mentre gli scricchiolii delle penne riempiono la stanza ed io resto immobile ad osservare quel brutto vetro, con quel cuore freddo nel petto e la sensazione di vivere in un mondo deserto.

Nemmeno la campanella sembra risvegliarmi: aspetto in silenzio che tutti i miei compagni escano dall'aula e resto a fissare la finestra.
Qualcuno si è avvicinato a me, non mi volto a guardarlo ma sento che si sta accomodando su un banco accanto al mio; dondola distrattamente la gamba e poi sembra parlare.
"Deve consegnare signorina..." la sua voce è profonda e calma, sento la pelle ritirarsi sul corpo quando si avvicina di più a me, sfiorandomi il collo scoperto con il respiro.
"Posso prenderlo?" dice, ridacchiando quando faccio pressione sul foglio per non lasciarlo andare. Lo sfila ugualmente, strattonando con leggerezza la mia mano quando lo afferra. Mi rivolge un lieve sorriso dopo essersi inginocchiato davanti a me e poi, notando la mia espressione di pietra alza le spalle ed inizia a guardare il mio compito. Vedo la luce nei suoi occhi farsi cupa dietro le lenti e le labbra serrarsi in un cipiglio confuso.
"Taylor ma, non ha scritto niente!" volta il foglio di scatto per osservare dietro, trovandolo bianco e pulito. Con un colpo lo abbassa, facendolo sbattere sulla sua coscia. A quel rumore sobbalzo.
"Che cosa sta succedendo? Perché ha consegnato il compito in bianco? Non mi dica che non sapeva la data di nascita di Anassimandro? Non le ha proprio lette le domande non è vero?" il suo tono sembra irritato e sorpreso, inclina la testa di lato con un ghigno, vedendo la mia espressione spaventata però subito lo addolcisce con un mezzo sorriso.
"Devo andare." mi alzo dalla sedia quasi ribaltandola e tirando su lo zaino.
Downey si posiziona davanti a me, schiacciando i palmi sui due banchi ai lati dello stretto corridoio e fronteggiandomi con decisione.
Non è più alto di me. Il suo ciuffo voluminoso forse lo alza di pochi centimetri ma i suoi occhi e i miei sono ugualmente allo stesso livello.
Resto impietrita da quello sguardo sicuro e fermo e un brivido lungo la schiena mi induce ad abbassare la testa con un singhiozzo.
"Non voglio rimproverarla, è solo che non riesco a capire. Fino a poche settimane fa era la studentessa più brillante del mio corso, poi ha cominciato a contraddire i quesiti nei miei compiti e adesso mi consegna in bianco..."
"Lei cosa vuole professore? Uno studente che concorda sempre sulle sue opinioni o uno che esprime la propria?"
Il mio sguardo gelido sembra colpirlo, mi fissa frastornato e sembra non sapere cosa rispondere.
"Uno che esprime le proprie idee, certamente, ma non quando gli chiedo di raccontarmi la vita di Aristotele... ha contraddetto i contenuti dei suoi scritti di etica, osservazioni interessanti nonostante tutto, ma io le avevo solamente chiesto di descrivermi la tematica. Ha capito cosa intendo?"
Annuisco tremante, mi sento confusa e ho gli occhi lucidi. Forse sono sul punto di scoppiare a piangere davanti al mio professore di filosofia e non devo assolutamente farlo accadere.
Con coraggio tento di spostargli il braccio, mi avvicino a lui e un'aroma di tabacco e cuoio mi avvolge. Cerco di non notarla e mi faccio spazio tra il corpo e il banco.
"Taylor dove crede di andare? Mi ha consegnato un compito in bianco e ora esigo delle spiegazioni!" mi blocca vicino allo spigolo, sfiorandomi i fianchi con le mani. Le parole mi bruciano in gola ma la sua vicinanza sembra fermarle per pochi istanti.
"Mi dia un due e mi lasci andare, non è forse questo il suo dovere?"
"La smetta di fare la spiritosa con me! Cosa diavolo succede Taylor? Ha dei problemi con qualcuno o sono io a non farle piacere la materia? Era entusiasta all'inizio dell'anno e il suo vecchio professore mi aveva parlato benissimo di lei, dei suoi valori e delle sue continue domande! Arrivato io sembra essersi stufata dopo poco più di un mese!"
"Non è colpa sua." singhiozzo contrastando il suo livello alterato.
"E allora cosa succede? Perché non mi parla? Forse possiamo fare qualcosa..."
"Possiamo?!" strepito voltandomi di scatto verso di lui e allontanando la sua mano con un colpo.
"Quindi è questo che vuole fare? Andare a raccontare le mie cose in consiglio di classe per farmi compatire da tutti gli insegnanti?!"
"Non si rivolga a me con questo tono! Sto solo cercando di capire non voglio raccontare niente a nessuno!"
"Sì, certo..." mi avvio alla porta instabile sulle gambe, mentre Downey colpisce innervosito i suoi libri sulla cattedra.

SPAZIO AUTRICE
OPS!
Questi due cominciano a far faville! Comunque sta Allie ha davvero la testaccia dura. Ah scrivo il pov all'inizio del capitolo perché ce ne sarà qualcuno raccontato dal nostro affascinantissimo prof  di filosofia heheh
Votate o commentate vi prego, la vostra opinione è importante (forse hahahahah) comunque sono curiosa di sapere che cosa vi aspettate da questa storia.
A presto
Minea

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