- Cap. 11

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"L'amore per la filosofia
caccia e distrugge ogni
altro pensiero."
Dante

POV ALLIE

Sento le sue braccia attorno alla mia vita, Dio come è caldo quel contatto; quasi mi sembra di essere attorcigliata a delle lingue di fuoco, la testa cadente nel vuoto e le mani abbandonate sulle sue spalle incandescenti, l'odore di cenere e gli scottanti lapilli sulla pelle, i respiri profondi e fumosi tra i miei capelli.
Percepisco un materasso morbido sotto di me, cerco di agitarmi per capire ma le palpebre sotto troppo pesanti e le ciglia incollate alla pelle.
Non riesco ad aprire gli occhi. Devo essere svenuta sul sedile dell'auto del professore e adesso non ho la forza di riprendere conoscenza.
Percepisco una spossatezza nelle ossa mentre la mia mente mi urla disperatamente di spegnere l'interruttore per un po': non voglio arrendermi, non riesco nemmeno a realizzare dove mi trovo, non posso lasciarmi travolgere dal sonno.
Muovo di scatto il busto, alzando le mani quando percepisco le sue braccia allentare la presa e sistemarmi le gambe sul letto.
"Hey, va tutto bene..."
Quella voce sembra emergere dalle urla e dai ricordi furiosi nella mia testa come una luce salvifica.
Il principio di tutto, l'acqua e la coscienza, qualcosa che crea e rilassa le membra, forse una divinità dell'Olimpo o il Nirvana dei buddisti.
Non so spiegare cosa sia, da dove provenga quel tono dolce e profondo e nemmeno perché sia venuto proprio da me, a consolare me e a rilassare il mio corpo.
Non so spiegare proprio niente in realtà; i come, i quando e i perché, per quale motivo mi sento spossata e chi provoca quel calore sulla mia pelle.
"Riposa adesso... mi troverai qui al risveglio, ora dormi..."
Mi accarezza lentamente i capelli, quasi temendo di attorcigliarmeli e farmi male ne sfiora la chioma con le dita, indugiando sul ciuffo bianco e lisciandolo con dolcezza.
Lo sento respirare rumorosamente al mio fianco, un lato del materasso è deformato dal peso quindi immagino che quella presenza divina sia appoggiata con il muscoloso gomito al letto, o forse ha adagiato lo scettro sul cuscino ed ora gioca con le lenzuola.
Sento le labbra tirarsi in un sorriso e di colpo perdo la percezione della realtà.

Mi sveglio di soprassalto, saltando a sedere sul letto e tenendo stretta la coperta tra le dita.
Sento il respiro affannoso e i battiti del cuore accelerati, quasi mi spavento nel ritrovarmi in quella stanza deserta e sconosciuta.
A poco a poco riesco a mettere a fuoco i contorni di una finestra oscurata, di una scrivania e di un possente armadio.
Mi volto soffiando rumorosamente, trovandomi circondata da un pavimento ricoperto di libri e appunti, tutto terribilmente in disordine e confusionario. Di scatto mi domando come riesca ad orientarsi tra quelle pagine sparse per la camera.
Ma chi? Oh Cristo.
Sono nella stanza da letto del professor Downey.
"Cazzo..." ringhio tra i denti adocchiando la sua giacca appesa all'anta dell'armadio.
Volto la testa di scatto, lisciando il copriletto scuro e osservando il cuscino. Il letto è matrimoniale ma vi è un solo guanciale alla testata, giusto nel mezzo. Con un mezzo sorriso immagino il professore addormentato al centro di un mare di scritti e pagine, magari con un libro aperto sulla pancia che si solleva ad ogni respiro.
Mi avvicino al cuscino, percependo quell'inconfondibile aroma di tabacco e cuoio, il profumo maschile che accarezza la sua pelle e la riveste virilmente: con una smorfia affondo il viso nella stoffa inebriandomi di quell'odore. Chissà se si spruzza qualcosa la mattina o se invece è proprio del suo corpo.
Opto per la seconda, sollevandomi dal letto e sentendo di colpo le gambe tremare instabili sul pavimento.
Raggiungo la porta e mi ritrovo in un piccolo corridoio, lo attraverso in penombra giungendo nel soggiorno.
D'istinto copro gli occhi con il palmo infastidita dalla luce, Downey è seduto al tavolo e mi dà le spalle.
Indossa una semplice maglietta leggera che evidenzia le sue forme mettendo in risalto i muscoli della schiena. Non lo facevo così in forma.
"Professore..." mi avvicino a lui, utilizzando ogni sedia e tutti i muri come sostegno.
"Oh, Taylor... ti sei svegliata, come ti senti?"
Si volta verso di me con un sorriso, lo vedo sfilarsi gli occhiali ed inclinare la testa. I miei occhi cadono inevitabilmente sui suoi capelli bagnati e le goccioline d'acqua sul collo e la fronte.
Trattengo un singulto nel vederlo così; il corpo fresco e lo sguardo soddisfatto di chi è appena uscito dalla doccia.
"M- meglio ora g- grazie..." balbetto senza ritegno fissandolo imbambolata ancora più traballante di prima.
"Quanto ho dormito?"
"Abbastanza." risponde lui voltandosi nuovamente verso il tavolo.
"Sì è fatto sera e ho corretto tutti i vostri compiti di filosofia... una noia mortale..." sbuffa sonoramente battendo il pacco di fogli sulla superficie per allinearli.
"Invece il tuo su Platone... Dio è stato uno spasso leggerlo, lo sai?" continua con una risata.
"Mi sta prendendo in giro?"
"Macché certo che no, dai siediti, ti preparo qualcosa..."
Allunga una gamba per spostare la sedia accanto a se invitandomi a raggiungere il tavolino.
"Che cosa preferisci?"
Si alza subito, picchiettandomi due dita sulla spalla mentre mi gira attorno. Solo adesso mi accorgo che indossa un paio di bermude aderenti, gli fasciano le cosce e i glutei sodi, stingendo quelle rotondità dalle forme perfette.
Cazzo Downey perché mi fai questo?
Vatti a vestire e lasciami in pace!
Ma niente.
Distolgo lo sguardo serrando le mani attorno al bordo del tavolo quando si china per prendere qualcosa dal frigorifero, subito raddrizza la schiena e baldanzoso accende i fornelli.
"Devi sapere che io quando sono a casa mangio solo toast, non sono portato per la cucina quindi mi accontento di questo..."
"Mi piacciono i toast professore, non c'è alcun problema..."
Volto la testa intorno per evitare di fissargli i polpacci muscolosi mentre sistema la griglia.
Sulla mia destra si apre un piccolo salotto comprendente un divanetto, una poltrona ricoperta di scritti e un tappeto rivestito della stessa carta; sui muri riesco ad adocchiare qualche foto ma in realtà è tutto molto spoglio e freddo.
Persino quel tavolo dove Downey deve passare la maggior parte delle sue giornate sembra ricoperto di un velo di tristezza, per non parlare di quel tappeto spoglio e solitario tra il divano e il tavolino da fumo. Una coperta è stata gettata alla rinfusa sulla sua superficie, si staglia contro il cielo scuro fuori dalla finestra stonando con l'ordinata libreria.
"Dovrebbe andare..."
Torna verso di me, sistemandomi un piatto fumante davanti e porgendomi un bicchiere e una forchetta.
Solo adocchiando il toast caldo e traboccante di formaggio il mio stomaco inizia a brontolare, rammentando la fame che, soppiantata dai perché e dai come, era stata dimenticata.
"Ti piace il succo di mela? Io lo adoro."
Apre uno scompartimento facendo comparire un cartone di concentrato di frutta.
"Non importa professore, veramente... sto bene così."
"Vuoi mangiare quella colla senza nemmeno berci niente? Vuoi scherzare vero?"
Ridacchia versandomi del succo nel bicchiere, io lo imito, portandolo subito alle labbra per rinfrescarmi.
Downey si accomoda nuovamente sulla seduta accanto a me, senza staccarmi gli occhi di dosso nemmeno per un secondo. Lo vedo particolarmente soddisfatto, forse accaldato e con le gote rosse ma felice, quella sua nota ottimista mi contagia, nonostante il cielo sia scuro e la notte alle porte.
Quasi non percepisco il freddo nelle ossa seduta a quel tavolo massello, mi sento al sicuro. Forse questa casa assomiglia veramente al "qualche posto" che avevo immaginato.

SPAZIO AUTRICE
HEYYY
Se non ricordate la roba del qualche posto correte a sfogliare (si fa per dire) il capitolo 5!
Beh questo Downey è proprio un figo (perché ogni volta che voglio scrivere Downey la tastiera mi dà Download porcaccia la miseriaccia?!)
Il prossimo capitolo sarà il continuo di questo e se ce la faccio (volontari a storia permettendo) lo pubblico domani.
Votate o commentate perfavorissimo
A presto
Minea

PhilosophyWhere stories live. Discover now