- Cap. 17

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"Quando si sente la fine
bisogna piantare un inizio"
Alberto Casiraghi

POV ALLIE

Attraverso il corridoio avvolta da una strana aurea di ottimismo, percepisco un leggero formicolio alla base del collo e una fresca euforia nelle gambe: quasi i piedi avanzano agilmente sul pavimento, animati da chissà quale energia, sollevo lo sguardo e le spensierate figure degli studenti mi passano accanto mostrandosi nitide e ben evidenti ai miei occhi.

Non ho lo zaino sulle spalle e nessun libro sotto braccio: non ho voluto mettere piede a casa per prendere i quaderni e i compiti, non volevo per nessun motivo rabbuiare quella mattina.
Avanzo ancora, facendomi largo e avviandomi verso le scale.
Downey mi ha accompagnato a scuola con la sua auto, ha spinto sull'accelerazione e si è fermato poco prima del cancello per non dare nell'occhio e farsi notare.
Non voleva che ci vedessero insieme ed io l'ho capito; ho aperto la portiera e mi sono allontanata a grandi passi, resistendo alla tentazione di voltarmi per salutarlo.
Un frivolo sorriso illumina il mio volto ripensando alle sue mani calde sulla mia maglietta, al suo petto nudo e alle gambe scoperte.
Ho dormito con lui.
Dio, Allie, hai dormito con il tuo professore!
Rifletto con una vena di euforia mimando un saltello mentre mi dirigo nell'aula di filosofia.
Ho stretto il suo corpo con le braccia, attorcigliato la gamba attorno al suo bacino e sentito i suoi respiri affannati e rassicuranti durante tutta la notte, desiderando che quei momenti non finissero mai. Quasi ero tentata di rimanere sveglia per evitare che quella sensazione di completezza scivolasse via, avevo affondato la testa sotto il suo mento cercando di scacciare il sonno e resistere: non perché non volessi dormire, ma perché, per la prima volta nella mia vita, temevo la luce del mattino e il bagliore attraverso le persiane abbassate.
Il risveglio non avrebbe avuto alcun senso senza la presenza del professore al mio fianco, proprio nessuno, sarebbe stato vuoto e freddo quasi come il divano del soggiorno.
Ma niente va mai come si desidera.
Beh, forse qualcosa sì, a volte, ma non è mai abbastanza, mai sufficiente a farci sentire pienamente soddisfatti.
Ed infatti, questa mattina, quando ho aperto gli occhi, ho percepito il letto vuoto e spento, la mia esile figura era la sola ad occuparlo e con una fitta allo stomaco la fredda solitudine si è impossessata di me per l'ennesima volta, realizzando ciò che i miei sogni e i miei pensieri avevano temuto.
Tutto finisce prima o poi.
E anche il calore si era spento sul mio corpo, allontanandosi bruscamente da me con disprezzo.

Entro nell'aula: Downey è di spalle e sta osservando con finto interesse qualcosa fuori dalla finestra. Allontana il sigaro dalle lebbra e butta fuori una nuvoletta di fumo, subito dopo, notando la mia inquietante presenza alle sue spalle, sussulta e nasconde il viso con il palmo.
"Cristo pensavo fosse la Peel..." dice con una risata e scuotendo la testa.
"È già suonata?"
"Sì professore, non ha sentito la campanella? Lo sa che se la Peel la becca a fumare durante le lezioni va diretta dal preside, vero?"
Rimarco la dose con un sorrisetto divertito, lui mi osserva fingendosi innervosito.
"Diglielo e ti ritrovi un tre a storia."
Rido, gettando la testa di lato e continuando a fissarlo: ha lo sguardo riposato e soddisfatto e i capelli scomposti sulla fronte. Con un sorrisetto malizioso mi ritrovo a pensare che forse sono stata io scompigliarglieli quella notte.
"Stai fantasticando, Taylor?" mi chiede interessato, passando distrattamente la lingua sul labbro superiore e indugiando sui miei fianchi.
"Su cosa dovrei fantasticare?" chiedo piacevolmente sorpresa.
Lui solleva le spalle, puntandomi contro quegli occhi castani e lasciandomi senza fiato.
"Non saprei..." infila le mani in tasca e si dirige con estrema lentezza verso la cattedra.
"Forse su di me." sussurra al mio orecchio quando mi affianca, espira maliziosamente sulla mia guancia e poi raggiunge la sedia lasciandocisi cadere con arroganza.
Mi dirigo al mio posto, non preoccupandomi di nascondere l'espressione soddisfatta e divertita ai miei compagni che stanno varcando la soglia riversandosi nell'aula.
Betty si avvicina a me, posando lo zaino sul banco accanto al mio e mostrandomi un timido sorriso.
"Posso sedermi?"
Annuisco facendole spazio e gettando una rapida occhiata a Downey che si sta stiracchiando dietro la cattedra, incrocia il mio sguardo e sorride tra sé e sé con provocazione.
"Come stai, Allie?" mi chiede ancora Betty, forse notando la mia espressione sognante.
"Oggi è una bella giornata." pronuncio, ritrovandomi a pensarlo veramente.
È splendente e non è il sole responsabile di quella luce. Lei conferma, certamente non comprendendo le mie ragioni e lodando il cielo e la nostra stella per il magnifico chiarore di quella mattina.
Che pensieri stupidi. Ancora nessuno ha capito che non è la giornata luminosa a rallegrarci, ma il bagliore della nostra anima, che per un lungo periodo è stata a contatto con qualcosa di caldo e splendente.
E quella cosa potrebbe anche essere un pensiero passionale o un corpo umano.
Magari una presenza vivida e che si ama.

Anassimene è l'argomento principale della lezione: l'aria, la forza motrice del mondo e il principio di tutto.
L'archè del filosofo sembra non rispecchiarmi; è il fuoco a riscaldare gli animi e a far girare la terra nel suo moto di rotazione, solo questo può accendere i corpi e cancellare gli oscuri ricordi, il fuoco scioglie il ghiaccio ma entrambi bruciano, e poi muore travolto dall'acqua.
Sospiro rumorosamente, non riuscendo a trovare un filo logico nei miei pensieri.
Il professore è elegantemente appoggiato alla cattedra con il fondoschiena, le sue parole vibrano nell'aria attirando l'attenzione di tutti gli studenti e in quel momento le sue labbra e la sua voce sembrano le uniche cosa importanti. Tiene una mano sollevata in aria, l'altra appoggiata distrattamente sulla coscia fasciata, il busto è atteggiato in una posa fiera e gli occhi sognanti.
Quasi la sua figura è ultraterrena, forse divina, in quel mare di noiosi mortali.
Forse, rifletto con gli occhi incollati al volto di Downey, Aristotele ha ragione nel dire che la terra sarebbe formata da da quattro principali elementi o composti: terra, acqua, aria e fuoco.
Ero riluttante ad accettare la sua visione, ma forse, con qualche modifica tra gli elementi, tali la noia, il dolore e la solitudine al posto delle banalità descritte da Aristotele, avrei potuto fare mia quella concezione della realtà.

Lascio cadere il mento sul palmo, facendo scivolare lo sguardo sul petto scolpito del professore, indugiando sui bottoni e sulla stoffa tirata della sua camicia: riesco ad intravedere gli addominali scolpiti e i pettorali evidenti e quasi perdo il filo della spiegazione, elettrizzata da quei pensieri.

SPAZIO AUTRICE
Allora, devo chiedere scusa per due/tre cose.

Prima: NON SCOPANO OPS, NON PREOCCUPATEVI, LO FARANNO, VALE L'ATTESA E POI AVRETE TANTI ASSAGGINI PRIMA

Seconda: "le banalità descritte da Aristotele" è stata Allie a dirlo, chiedo scusa a tutti gli Aristotelici a nome suo.

Terza: Avevo promesso che pubblicavo stamattina, vabbè sono in ritardo.

Votateeee o commentateee ve ne pregooo
A presto
Minea

PhilosophyDär berättelser lever. Upptäck nu