- Cap. 14

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"Un'inquietudine impotente
ci tormenta, e andiamo
per acque e terre
inseguendo la felicità"
[...]
Orazio

POV ALLIE

L'ho aspettato a lungo davanti quella finestra.
Attendevo di scorgere la sua elegante figura passeggiare sul marciapiede sotto casa mia: le mani in tasca e lo sguardo assorto mentre con disinvoltura fumava il suo sigaro.
Ho sognato di vederlo sorpassare il cancelletto ed ergersi con la sua arrogante media statura davanti il citofono, e, spesso, ho immaginato di adocchiare il suo ciuffo castano e il profilo maschile e curato dallo spioncino.
Conosce la via di casa mia, è solo ad un isolato dal suo appartamento, lui stesso mi ha accompagnata con la sua auto...
Perché non viene mai a vedere se sono felice?

Tiro un profondo sospiro, allontanandomi dalle tende e lasciandomi cadere sul bordo del letto.
Ma infondo, che cosa voglio. È il mio professore di filosofia e storia, già è tanto che non mi abbia interrogata il giorno dopo avermi soccorsa nei bagni e portata a casa sua.
Eppure non riesco a dimenticare le sue parole: mi aveva assicurato che avremmo risolto tutto insieme, io e lui, è già mi ero immaginata di camminargli a fianco tenendolo per mano. Poter assistere alle sue riflessioni e magari condividerle, prenderne parte e cosa ancora?
Trovare la pace?
A questo punto non ricordo bene cosa si provi quando si è realmente felici, ma giacere su quel divano schiacciata dai possenti respiri e dal suo sguardo invasivo mi era sembrato così vicino alla felicità propriamente detta.

Ti sei innamorata di lui, Allie?
La risposta mi sembra così ovvia, ma presa alla sprovvista non riesco a decidermi.
No, non mi sono innamorata di lui.
Cavolate! Non è sincera!
Sì, mi sono innamorata di lui.
Beh, questa è sincera, ma impossibile. È il mio insegnante ed è troppo vecchio per me.
Ok, la seconda considerazione non è affatto sincera.
Diciamo che è vecchio ma non sembra.
Alt! Non è oggettiva!
Cioè a me piace ugualmente. Non mi interessa che età abbia.
Meglio, ma c'è ancora qualcosa che non sto prendendo in considerazione: la sua opinione.
Certamente mi vede come una ragazzina con un sacco di problemi in famiglia, che forse dovrebbe iniziare a farsi qualche canna per godersi la vita.
Eppure quel suo sguardo mentre mi schiacciava tra il suo corpo e il lavandino... Dio, forse si diverte a prendermi in giro.
Brava, Allie: sincera, oggettiva e plausibile! Proprio un bel lavoro!

Mi avvicino allo specchio, vedendo la mia triste figura riflessa sulla superficie: al pensiero che Downey possa prendersi gioco di me una lacrima sfugge al controllo, cadendo sulla gota e scivolando lungo il collo.
Quasi a stento mi saluta quando mi scontra per i corridoi, come posso aver pensato anche solo per un istante che sentisse qualcosa per me, per quella ragazzina che aveva raccolto con pietà dalle mattonelle del bagno.

"Dio, che stupida!" esclamo gettando il suo fottuto libro sul copriletto: sono appena le undici di sera e mia madre ha mandato via l'attraente capo con il quale passa, tre volte alla settimana, almeno un paio d'ore nella sua stanza.
Dovrebbe esserci silenzio adesso. Cerco di far meno rumore possibile e la sento salire le scale con furia, si ferma davanti alla mia porta e batte con forza.
"Aprimi!" urla dall'altra parte e con un sospiro mi preparo al l'ennesima litigata.
"Che cosa c'è?"
"Sono andata ai ricevimenti oggi." si appresta con un cipiglio. Incrocia le braccia restando sullo stipite e mi fissa furibonda.
"La Peel mi ha detto che di punto in bianco hai smesso di studiare, Toschi sostiene che hai consegnato già due compiti in bianco e Reed ha segnate almeno sette giustificazioni che io non ho firmato!"
"Oh! Finalmente te ne sei accorta!" esclamo forzando una risata amara.
"Sei tutta presa dal tuo giovanissimo compagno che non mi rivolgi nemmeno la parola quando torni a casa... quanti anni ha lui? Ventuno, ventitré?"
"La mia vita privata non ti riguarda!"
Ho superato il limite e con un urlo mi molla un possente ceffone. Volto la testa di lato per attutire il colpo ma in realtà è inutile: sento le prime lacrime inumidirmi gli occhi e un forte bruciore alla guancia.
"Se entro una settimana questa storia dei voti non mi migliora, ti chiudo fuori la porta, hai capito? Io una figlia nullafacente non la mantengo!"
"Non vorrei nemmeno un centesimo da te!"
"E allora cosa pensi di fare?" continua con aria di sfida, gonfiando il suo volto sottile e grazioso.
"Vuoi battere la strada? Oppure andare a letto con gli insegnanti per farti alzare il voto? Come con quel Downey, mi ha parlato così bene di te, dice che hai idee rivoluzionarie! Ma dove?!"
Esclama con una sonora risata a mo' di scherno.
Sento il corpo irrigidirsi e il sangue fluire al cervello.
"Gli fai qualche lavoretto per ricevere complimenti?"
Ride ancora, allargando le guance e sgranando gli occhi divertita.
"Perché?" sibilo tra i denti portando le braccia avanti.
"Tu cosa fai al figlio del tuo capo eh?"
Con una spinta la faccio cadere contro il muro, mia madre però, furiosa, si rimette subito in piedi e mi colpisce di nuovo con il palmo aperto.
Non è l'urto a farmi male.
No, di quelli ne ho sentiti tanti: quando da piccola cadevo dalla bicicletta o quando inciampavo nello scalino di casa di mio nonno, persino quando, tutt'ora, a volte, sbatto con la spalla contro l'armadietto nel laboratorio di fisica. Quel tipo di dolore non è poi così fastidioso.
È l'annebbiarsi della mente e il gelo delle membra che uccide ogni volta.
Lo sguardo fisso e irriconoscibile di mia madre, il freddo che le ha lasciato mio padre e che ora spinge contro di me. È questo che mi induce a scappare per le scale con le scarpe slacciate, che quasi mi fa inciampare raggiunto l'ultimo scalino e annegare nelle mie lacrime. Perché forse all'improvviso sono diventata piccola come Alice, e persa nella grande sale circolare non riesco in nessun modo ad afferrare la chiave d'ottone sopra l'alto tavolino.
Forse anche la mia filosofia, come quella della giovane Alice è infantile e ripetitiva. Eppure il mio Locus Amoenus* non è lussureggiante e rigoglioso.
La strada davanti la mia porta appare sfocata e buia, nemmeno i lampioni riescono ad illuminare le mattonelle del  marciapiede mostrandomi la giusta strada. Tento di seguire la luce tremolante e la linea della carreggiata, ma nemmeno quella, nemmeno il bagliore sembra appartenere al cammino per il "qualche posto" per il Locus Amoenus profumato di tabacco e cuoio.

*locus amoenus:
concetto filosofico, un giardino rigoglioso e pacifico, quasi un paradiso terrestre

SPAZIO AUTRICE
Allora io a volte metto roba strana come questo locus amoenus, è latino e significa luogo meraviglioso, comunque ho messo la spiegazione nella nota.
Il prossimo capitolo sarà quello decisivoooo (non so se avete capito ma Allie sta andando da Robeertuuuccioo)
A presto
Minea
(Ps: domani è il mio compleanno non dimenticatevi di farmi gli auguri eh)

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