Grande Crinos

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Blacky era arrivato, quel maledetto traditore. E dietro di lui c'era l'esercito di vampiri, tutti con i mitragliatori. Avevo l'impressione che avessero fatto munizioni.

Blacky avanzò

«Adesso morirete. E sarò io a farvi fuori, eh?».

Sollevò una pistola. Era solo una pistola, nemmeno tanto grande, e che molto probabilmente non era caricata a proiettili d'argento, perciò Blacky avrebbe cercato di farmi fuori colpendomi al cervello, o magari al cuore.

Corsi verso di lui. Sentivo... sentivo qualcosa gemere dentro il mio corpo. Avevo sete, una spietata sete di sangue.

September gridò

«Nooo!».

Immaginai che si stesse protendendo verso di me, protettivo come al solito. Ma lui non sapeva, lui non poteva fare niente... adesso, in questo momento, era la mia battaglia. Non mollai la giacca di Vlad, non lo avrei fatto finché la mia mano non fosse stata amputata. Neppure la morte la avrebbe strappata via da lì.

Ruggii, e Blacky sparò. Non era un buon tiratore, lo sapevo, non era bravo con le faccende da umani, ma la distanza era davvero troppo breve, e quel proiettile centrò il mezzo della mia fronte. Rimbalzò, dopo aver appena scalfito l'osso e lacerato la pelle, e tintinnò per terra. Un rivoletto di sangue sprizzò ad offuscarmi la vista.

Blacky gridò, ed al suo urlo rispose il fuoco nemico. Troppo veloce per loro, passai sopra i proiettili. Si, sopra: con un salto.

Licantropo, ma non uno qualunque. Goldenwolfen, io sono immortale. Ora capivo... avrei potuto proteggere Vlad. Avrei protetto September. Gli uomini, questi uomini, questi poveri piccoli uomini, per quanto possano essere potenti, hanno bisogno di noi, ricordatevelo, femmine di ogni specie. Noi siamo il genere più antico, il primo ad aver fatto la guerra. Vlad era un mostro, ma era caduto molto prima di me, in un vortice dal quale difficilmente si risale.

Blacky gridò, ma questa volta di terrore. I suoi occhi erano spalancati, potevo vedere ogni goccia di sudore sulla sua fronte, distintamente, ogni pelo della sua rada barba, ogni cicatrice sulle braccia nude, ogni muscolo che si contraeva sotto la pelle, vistosamente, in preda a spasimi convulsi.

E proprio adesso, in quell'estasi della vita, in quell'ampliamento dei sensi, lo uccisi. Lo azzannai alla gola, mentre tutte le pallottole mi fischiavano contro e rimbalzavano contro i miei fianchi. Divorai la carne di Blacky, pezzo dopo pezzo, senza pietà, mentre mi colpivano urlando.

Il sangue, il sangue è vita! Ed era ovunque, tutto era rosso, come il sangue e come il fuoco. Mangiai fino a sentirmi scoppiare. Giù, giù, fino al petto, grossi bocconi viscidi e saporiti. Più mangiavo, più crescevo.

Avevo l'impressione di aver già sentito parlare di una forma simile, di uno stato dell'essere che somigliava a quello che ero adesso.

E sì, era stato molto tempo prima, ma non troppo tempo... era stata la prima volta che avevo incontrato September. Mi aveva parlato... di quello. Del Grande Crinos.

Ululai al cielo. Bellissima, struggente, la mia voce riecheggiò in ogni dove. Sapevo che più avrei mangiato, più sarei cresciuta. E volevo mangiare. Fame, fame, fame, dal profondo del ventre. Azzannai anche quei cadaveri, ma il loro sapore non mi piacque, non mi dava nulla, non mi nutriva dell'energia dolce della vita.

I vampiri iniziarono a guardarmi tutti con terrore. Si, la loro nemesi, si, la loro fine. Le mie zampe, enormi attrezzi di morte muniti di lame affilate, strapparono pezzi dai loro corpi, rapidamente.

No, ero troppo veloce per loro. No, tentavano di mordermi, ma non ce la facevano. No, ci provavano, ma era impossibile. Strappai le dita di un tizio con un morso, guardai le parti terminali delle falangi sporgere, poi lo sguardo terrorizzato del mostro, e poi il mio pugno gli spappolò la testa, semplicemente.

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