Violenza e mutazioni

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Cercai parole adatte per rassicurarlo, quando d'improvviso sentii la porta di casa che si apriva. Gli inconfondibili passi erano quelli di September. Si fermò. Sentii una specie di grattare, come di unghiette. Poi la voce del mago si alzò tanto che sembrò quella di un'altra persona, in un acuto da opera lirica

«Oh! Un coniglio! Oh! Ho sempre desiderato un coniglio... Furiadoro, grazie mille!»

«Di niente, Set... deve fare i coniglietti! L'ho chiamata Mamma Coniglia» risposi io, sempre a voce abbastanza alta perché potesse sentirmi con le sue deboli orecchie da umano

«Una femmina incinta! Un sacco di coniglietti... ahhhh! Che meraviglia! Ti ho detto quanto ti voglio bene, Furiadoro? Fatti vedere, dove sei?! Ti voglio abbraccia...».

September comparve sulla soglia del salotto, con la coniglia in braccio.

Girai la testa verso di lui

«Perché non hai finito la frase?» gli chiesi.

Lui mi guardò con la bocca semi-aperta, sbattendo le palpebre come se non credesse ai suoi occhi. Poi, con un movimento alquanto buffo, al rallentatore, si mise il coniglio davanti alla faccia come per nascondersi

«Cos'è quello?» balbettò, additando Cuscino

«Ah, quello?» sciolsi l'abbraccio e fronteggiai il mago «Quello è Cuscino, credo»

«Siamo in inverno giusto?»

«Si» guardai verso la finestra, tanto per sapere se il sole aveva appena sciolto le rocce «Perché me lo chiedi?»

«Non sono un etologo, ma da quanto ne so la stagione degli accoppiamenti ha inizio in primav...»

Gli rifilai un leggero pugno in testa, aggirando Mamma Coniglia, la quale si spaventò comunque

«Sei ridicolo, Set» scherzai

«Io, ridicolo?» abbassò Mamma Coniglia e mi guardò di sottecchi «Io non sono affatto ridicolo. E poi non c'è niente di male se tu...».

Altro pugno. Un po' più forte. Lui si piegò e Mamma Coniglia gli scappò via, rifugiandosi dietro l'albero di Natale. September ridacchiò e si ritrasse, cercando di allontanarsi da me il più in fretta possibile

«Ok, ok... io non ho visto niente» mosse in ampi circoli le mani, come un lavavetri «Ora, mi volatilizzo»

«Ma no» lo afferrai per un polso «Scemo»

«Perché no?»sbuffò, guardando il tetto «E poi non sono scemo... ah, non ti sembra che il tetto stia per caderci in testa?»

«Dove?» alzai lo sguardo anch'io, leggermente allarmata, e lui mi premette un dito contro la tiroide con forza, facendomi male

«Così impari a dire che sono scemo» ribatté, incrociando le braccia, poi la sua espressione si fece d'improvviso tanto gaia da non farti pensare che poco prima era stato offeso «Allora, chi è il tuo amico?»

Sentii che la mia espressione si faceva per metà incredula e per metà seccata

«Cuscino!» ripetei ancora una volta, massaggiandomi la gola «E rifai un'altra volta questo scherzo idiota e giuro che ti massacro»

«Ma ripetere lo scherzo più volte fa parte del gioco... bisogna farlo cinque volte»

«Allora ti ammazzo cinque volte»

«Buona, buona...» mise le mani con i palmi rivolti verso di me «Non ti scaldare tanto... hai capito la battuta? Triplo senso»

«No, non l'ho capita»

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