Il club degli animali

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Quello che avevo sentito mi diceva di muovermi in una direzione ben precisa e così io obbedii. Man mano che mi allontanavo dall'incidente, sentivo una pressione che diminuiva nella mia testa. Non mi ero accorta che qualcosa mi premeva dentro il cranio finché il sollievo non aveva preso il posto di quella sensazione opprimente. Inspirai profondamente... non l'avessi mai fatto! L'aria sapeva di fumo e di polvere bagnata.

Tossii. Poi annusai cautamente. Ecco, c'era davvero un odore interessante. Un odore di vita che emergeva a stento da sotto lo smog. Seguirlo mi era impossibile, ma l'impressione di prima era ancora abbastanza forte da guidarmi molto meglio di quanto avrebbe mai potuto fare il mio naso.

Allora chiusi gli occhi. Era inutile tenerli aperti quando avevo un'infinità di altri modi per proseguire. Non sapevo dove stavo andando, ma almeno sapevo che ci stavo andando e speravo che questo potesse essermi in un qualunque modo utile per ritrovare il mio cucciolo smarrito.

Le mie mani tastarono cemento scivoloso, unto di sostanze che non conoscevo, poi la via si fece più asciutta. Sotto i piedi percepivo la ruvidezza dell'asfalto caldo. Dietro le mie palpebre balenavano raggi di sole, a tratti scomparivano, poi si facevano più forti, poi si rifugiavano dietro la traslucidità di lenzuola stese da un palazzo all'altro e di nuovo ricomparivano.

D'improvviso distinsi il suono di zampe che si muovevano ticchettando, sicuramente zampe di cane. Strano, i cani odiano i licantropi, questo sembrava solo appena spaventato. Aprii gli occhi con calma. A una decina di passi da me c'era un piccolo cane dalla pelliccia corta e rasa, scura, le orecchie piatte e pendule, il muso curioso, appuntito, che terminava in un tartufo piccolo che gli dava un'aria buffa. Si era fermato a fissarmi con curiosità, le labbra rilassate, le zampe leggermente rigide e la piccola coda a manico di pompa sollevata. I suoi occhi erano del colore dell'ambra, come quelli di un lupo. Mi impressionò che un animale così piccolo potesse avere un particolare tanto simile a quello dei miei fratelli più grandi. E mi impressionò anche il fatto che stavo pensando ai lupi come miei fratelli. Miei fratelli più grandi... nessun lupo era più grande di me... eppure... ricordavo che... bah. Non sapevo più cosa pensare e non mi accorsi di essermi praticamente paralizzata di fronte a quel cane. Il piccolo animale emise un verso giocoso diretto a me e si avvicinò di qualche passo, facendo ticchettare di nuovo le zampe

«Ehi, che succede?» mi chiese, con voce sottile

«Che succede?» balbettai io, guardando in basso, verso il piccolo muso, stupita di riuscire a capire quello che voleva dirmi. E stupita dal fatto che pensavo che potesse parlarmi. Pensavo che i cani non fossero capaci di formulare domande chiare e comprensibili, soprattutto quelli più piccoli visto che il loro cervellino era limitato a quelle poche azioni che servono a ricambiare l'affetto di un padrone. Invece questo mi aveva parlato. Parlato davvero, nella lingua dei canidi, la lingua che anche i lupi sanno usare.

«Si, ti ho chiesto questo. Hai un'aria così... così... così » il meticcio inclinò la testa da un lato ed una delle sue orecchie penzolò a qualche centimetro di distanza dalla guancia a cui prima aderiva «Non so... persa?».

Io mostrai i denti in un ringhio ammonitore e lasciai che la mia gola vibrasse producendo il tipico rumore raschiante. Il cane fece un mezzo salto all'indietro, guidato più che altro dall'istinto, poi la sua coda iniziò a muoversi festosamente. Non aveva capito nulla. Che razza di animale era uno che non capiva quando gli si ringhiava contro? Forse dovevo insegnargli cosa significava mostrare i denti, forse dovevo insegnargli cosa significava mordere fino all'osso...

Lui si avvicinò di nuovo

«Perché lo hai fatto?» mi chiese, leccandosi le labbra

«Perché mi hai infastidito e non ti voglio fra i piedi, chiaro botolo rognoso?»

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