La Madre dell'Inferno

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Per lungo tempo ci nutrimmo di prede catturate lungo la via, alternate a tutto il cibo che September mi aveva costretta a portare in spalla, parlammo allegri e, insomma, facemmo quello che fanno tutti i perdigiorno senza nessun tarlo per la testa. La vampira sembrava essere scomparsa del tutto dalle nostre vite, nessuna traccia di lei, né in cielo né in terra.

Ma ci sbagliavamo, lei era più vicina a noi di quanto mai potessimo immaginare.
Come un fantasma, infestava le nostre vite, silenziosa, in attesa di una notte in cui ritornare.

La notte perfetta la trovò un sabato di Giugno, afoso e oscuro, mentre ci riposavamo in una campagna. Era una notte senza luna, solo qualche stella punteggiava il nero di un cielo profondo e cremoso. Mi sentivo spossata, stanca, e per qualche strano motivo fui portata a credere che fosse colpa della mancanza della luna.

Eravamo seduti in cerchio intorno a una grossa lampada da campeggio, io appoggiata alla spalla morbida di Cuscino, abbacchiato come me, September sul mio lato destro e davanti a me Sharazad, un po' staccata dal resto del gruppo, una presenza stonante nell'armonia del nostro trio. Non mi guardò mai negli occhi, nemmeno per un istante, e sapevo che lo faceva per paura. Andai fiera di ciò che riuscivo a incutere, del panico torbido con cui sapevo smuovere gli animi.

Ero tutta persa nei miei tronfi ragionamenti da signora del mondo quando September mi risvegliò.

«Ne vuoi uno?» Mi chiese

«Eh?» mi voltai verso di lui e lo vidi tendermi un oggettino rotondo del diametro di una piccola chiocciola, rosso vivo

«Ti ho chiesto se ne vuoi uno? Sai, è un vero M&M questo, non come i tuoi onischi»

«Ah. Si, grazie» aprii la mano sotto le sue dita e lui lasciò scivolare l'arachide glassato nel mio palmo, poi me lo mangiai.

September ridacchiò e mi batté il fianco

«Come fai ad ingrassare anche con tutta questa attività fisica che facciamo?» sembrava stupito, mentre i suoi occhi rimanevano puntati sul mio girovita «Voglio dire, io ho perso quasi quattro chili, e tu ne hai presi, quanti esattamente?»

«Non lo so» scrollai le spalle ed infilai la mano nel suo sacchetto giallo di M&M «Non mi sono mai pesata in vita mia. Pensi che io sia ingrassata?»

«Lo penso si. Ho notato che hai cominciato ad ingrassare sul serio da quando la tua ferita si è chiusa. Cioè, più che ingrassare è ingrossare, mettere su muscoli, ma capisci, no?»

«Quale ferita, di tutte quelle che ho avuto?»

«L'unica che ci ha messo un tempo ragionevolmente umano a guarire, intendo. Il morso del vampiro».

Alla parola vampiro, Cuscino emise un cupo guaito di spavento. Gli calcai la mano sulla testa, accarezzando ossessivamente il suo pelo morbido e folto, le dita affondate fino a toccare la pelle calda.

«Allora» Mormorai «Mi sembra normale che le due cose siano correlate»

«Sarà...» Set ingurgitò quattro confetti in una volta sola, gli diede due rapide masticate e li inghiottì «Comunque non è strano?»

«Che cosa?»

«Il modo in cui hai reagito al morso. Voglio dire, l'ottanta percento dei casi di licantropi azzannati alla gola da un vampiro, da quello che ne sono, sono morti stecchiti neppure due giorni dopo. La restante parte è riuscita a sopravvivere dopo atroci dolori, ma è rimasta menomata a vita, impossibilitata a combattere a causa della grande debolezza. Sai cosa si dice, no? Che quando un vampiro morde inietta un veleno potentissimo, che, a loro detta, è la loro maledizione distillata. Qualcuno dice che siano solo tutte le loro tossine che vengono espulse, e che gli permettono quindi di non invecchiare. In qualunque caso, un morso di vampiro proprio alla gola dovrebbe averti causato danni molto peggiori. E invece guardati!».

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