Le risorse nascoste di un goldenwolfen

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Tutto il mio corpo si mosse armonico in uno dei migliori balzi che avessi mai spiccato.

Non credevo neppure di poter fare una cosa del genere. Mi sorprendevo ancora.

Fu come quando si vede una tigre che balza in un documentario. No, come un gatto che sale su un muretto tanto alto che pensate "come diavolo fa?" e lui, invece, sembra tutto tranquillo.

Ed eccomi lì, in un solo istante, ero risalita al piano superiore, avevo superato con tutta calma i due gemelli passando in mezzo a loro, mentre i proiettili passavano troppo lateralmente rispetto al mio corpo.

Ma avevo fatto male i conti.

Uno dei due gemelli ebbe il tempo di voltarsi. Era rapidissimo, non pensavo che potesse esserlo. Beh, dopo quest'esperienza non avrei mai più giudicato in base alle apparenze.

Puntò contro di me, senza neppure premurarsi di prendere la mira, e fece fuoco. Sentii bruciare la parte destra del mio collo, dove la pallottola si era conficcata.

Ringhiai e mi girai con un solo movimento fluido, i muscoli perfettamente riscaldati ed armonizzati. Istinto.

Spalancai le fauci e poi le serrai sulla prima cosa che mi capitava, che, per mia sfortuna, fu proprio la canna della pistola. Incredibilmente fu come se i miei denti non incontrassero altro che una resistenza minima e affondarono nel metallo, deformandolo e forandolo.

Il gemello, lasciata andare la pistola, si spostò di lato. Mi avventai sul suo fratello ancora armato. Quello saltò. Frenai per la sorpresa, sbandando, quando vidi l'uomo che mi ricadeva addosso.

E mi ritrovai con un damerino a cavallo.

Era leggero per quanto possa esserlo un essere umano, tutto pelle e ossa a mio parere. Ma non lo avrei sottovalutato. Ringhiando inarcai la testa all'indietro. Sentii le sue mani che si stringevano sulla mia gola e stringevano. Come avevo previsto non era fortissimo, ma la pressione sulla gola non mi permetteva di respirare bene. Per un attimo fui disorientata, poi mi scrollai con vigore. Balzai in avanti, scivolai lateralmente e sbattei il fianco contro la ringhiera, intrappolando il piede del gemello. Sentii lo scricchiolio dell'osso che s'incrinava. Non lo avevo spezzato, ma gli avevo fatto abbastanza male da bloccarlo.

Balzai in avanti e l'uomo cadde all'indietro.

«No, non si fa così» Disse la voce di Sebastian Barren.

Infilai il muso fra le sbarre per guardarlo e ringhiai.

Lui sorrideva. A braccetto, Lucrezia, mi osservava con un filo di timore. Lei non sembrava affatto in grado di uccidermi e non aveva proprio niente da "fiore all'occhiello" dell'organizzazione dei cacciatori di mostri bla bla bla, ecc...

Sebastian piegò un po' la testa sul petto

«Oh, ti avevo chiesto di aspettarmi. Perché non lo hai fatto?» mi chiese.

Sembrava sinceramente deluso. Mi voltai a controllare i gemelli, ma quelli non si muovevano, l'uno steso per terra e l'altro in piedi dietro di me. Immobili, come serpenti. Mi chiesi se fossero umani. Nessun umano poteva rimanere perfettamente immobile come loro, solo i rettili potevano farlo. I rettili ed i vampiri. Ma loro non erano vampiri, se lo fossero stati li avrei già riconosciuti da un pezzo.

Mi voltai.

A neppure mezzo centimetro dal mio naso c'era quello di Sebastian, che mi guardava con gli occhi spalancati. Se ne stava a penzolare a un bel po' da terra, reggendosi aggrappato alle sbarre di acciaio che delimitavano il balcone solo con la forza delle braccia. Spaventoso, per essere solo un umano, era soprattutto il fatto che era riuscito ad arrivare fin lì con tanta rapidità che non me ne ero neppure accorta. Era davvero un cacciatore di licantropi, addestrato per ucciderci.

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