Il muso della ferocia

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Non avevo mai chiesto nulla di meglio. Io, il branco e l'uomo (un po' lupo, perché era maledetto) rosso.

Presi il polso di September delicatamente, fra i denti, mentre lo sentivo fremere, e lo tirai.

Raggiunsi il resto del branco, che non sembrava più di tanto infastidito dalla presenza di un umano. Sembravamo una grossa, strana famiglia.

Anche quella notte arrivò, con l'odore dell'umidità e il fresco del buio. September si trasformò, lasciandosi andare del tutto alla trasformazione, poi corse con noi. Amavo quella vita.

Per i primi tre giorni non mi permisero di cacciare e mi portarono da mangiare come se fossi un individuo malato. Ci mancava solo che mi imboccassero, ma io non mi lamentai. Forse faceva parte di qualche antico rito, qualcosa che non comprendevo?
Era frustrante non poter cacciare, ma dovevo fidarmi di loro.

Il viaggio procedeva celere.

Durante il giorno September studiava il territorio circostante per capire se eravamo vicini o meno alla sua meta, durante la notte si abbandonava ai sensi ed alle zampe e percorrevamo enormi distanze senza stancarci.

Era una cosa meravigliosa.

Spesso ci fermavamo sul limitare dei torrenti ed allora il branco si riposava e molti di loro si azzuffavano per gioco, ma non mi inclusero mai nelle loro zuffe. Questo era quello che mi bruciava di più, tuttavia lo sopportai, anche questo, senza lamentarmi.

Fino a che un giorno non venne trovato alcun torrente per dissetarsi. Eppure sapevo, sentivo chiaramente, che eravamo vicini ad un lago, vedevo la sua lontana luminescenza. Cosa tratteneva i lupi?

Ormai mi stava a cuore la salute del branco, ma quando mi avvicinai ad Azrael per chiedergli cosa stesse accadendo, lui mi guardò come se nulla fosse, accennò un sorriso sollevando i lembi di pelle ai lati del muso e guardò verso lo specchio d'acqua

«Andiamo» disse. Il branco lo seguì obbediente.

Non mi ero ancora accorta di quanto poco conoscessi quei lupi. Beh, per ora era necessario non provocare contrasti nel branco, ma poi... avrei tentato di farmeli amici davvero, finora l'unico che mi aveva accettata era Azrael: lui aveva deciso di farmi vedere la bellezza della vita dagli occhi di un lupo.

Mi diressi sulla sponda del lago. Mi allontanai dal branco di una ventina di metri, poca cosa se hai quattro zampe e puoi coprirli in un istante, e mi arrampicai su una parte rocciosa della sponda del lago, un cumulo di grosse rocce bombate e levigate. Poi feci per bere, chinandomi in avanti verso la superficie dell'acqua, quando qualcosa mi bloccò e m'irrigidì. Avevo la lingua a mezzo centimetro dalla superficie, pronta a immergerla, ma la ritrassi.

C'era una strana figura che mi guardava dall'argenteo liquido con occhi duri, strani e profondi.

Sullo sfondo della figura che mi guardava c'era un cielo azzurro screziato di nuvolette bianche e gonfie.

Alzai gli occhi. Era lo stesso cielo sopra di me.

Quindi era un riflesso.

La rivelazione mi rivoltò lo stomaco per qualche istante, poi riabbassai gli occhi sul lago.

Studiai una pelliccia di un giallo scuro e sporco, screziata sulle spalle di un marrone castagna che più lo guardavi e più risultava invisibile, perdendosi nel dorato del resto del pelo, un paio di zampe anteriori che rivelavano una forza terribile, un petto grosso, fatto per portare le cariche, ricoperto di vello ispido e setoloso. Non importava molto che io fossi diversa, anzi, mi piacevo. Era così che descrivevano i lupi cattivi ai bambini, anche se di certo non biondi.

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