Le Creature senza Nome

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Feci scendere la mano sulla sua guancia, gentilmente, accarezzando la pelle vellutata e pallida con le dita. Le sue gote, normalmente chiarissime, erano arrossate a causa dell'esposizione che avevano subito a quel sole senza schermi.

Vlad mi strattonò per la manica all'altezza della spalla, così forte che le scarpe da ginnastica appoggiate a cavallo della clavicola caddero per terra

«Credo di aver visto qualcosa!» esclamò, eccitato.

Raccolsi le scarpe da terra, le staccai l'una dall'altra, sciogliendone i lacci, e le misi in un angolo, poi passai in testa al gruppo e discesi nel buio

«È ora di fare luce su qualche arcano mistero» annunciai «Perciò i signori archeologi sono pregati di preparare gli strumenti in loro dotazione, ovvero nulla, e di farsi coraggio»

«L'archeologo numero uno» rispose September, marciando deciso dietro di me «Ha appena preparato tutte le sue conoscenze riguardo alla Città Senza Nome, capitano!»

«E l'archeologo numero due» gli fece eco Vlad «È pronto prontissimo ad azzannare qualunque forma di vita dotata di sangue che gli passi davanti!»

«Allora marciamo. Uno, due, uno, due, uno, due...».

Lentamente, calammo nelle tenebre più totali. L'odore che regnava nell'aria era quello, secco e sterile, della sabbia arsa, ma rimaneva comunque l'enigma di quelle folate di gelo che risalivano dal nulla, come se un ventilatore gigante facesse girare a tratti le sue enormi pale azzurrine nelle profondità insondate di quella città bizzarra. Dopo circa una cinquantina di metri, il tetto iniziò a declinare dolcemente, costringendomi ad abbassare la testa. September mi toccò la schiena con le dita un po' tremanti

«Vuoi che faccia luce?» chiese

«Non ancora, non voglio che sprechi forze» replicai «E non credo che ci sia molto da vedere, quaggiù».

Così proseguimmo la discesa. All'improvviso tastai, di fronte a me, uno spigolo aguzzo. Feci scorrere le mani lungo i due lati dello spigolo e ne convenni che qui, anche se in maniera certamente brusca, il corridoio principale si divideva in due.

«Seguitemi passo passo» Ordinai a chi mi seguiva, ad alta voce, senza però ottenere risposta.

Mi voltai, ma ovviamente, nel buio totale non vidi nulla. All'improvviso due chiostre di zanne si aprirono nel buio totale. Riuscii a vederle solo perché una scintilla le illuminò dal basso.

Eppure non avevo smesso di percepire né Vlad, ne September, allora come mai non rispondevano, ed al posto loro comparivano questo genere di visioni allucinanti?

«Vlad!» Chiamai, udendo la mia voce dischiudersi in quei miliardi di orrendi echi nel buio «September!».

Qualcosa si aggrappò al mio braccio

«Sono qui!» rispose il mago «Shhhh! Forse Vlad ha trovato qualcosa, si è allontanato solo di qualche metro, dobbiamo aspettarlo...»

«Dov'è andato?»

«Non lo so, dice che c'è un'altra via, che il corridoio si biforca o qualcosa del genere»

«Ha ragione, il corridoio si biforca» una rabbia cupa si impadronì di me «Credevo che avesse capito che bisognava restarmi dietro» ringhiai

«Ma ha detto che era necessario» la voce di September si era ancora abbassata, tanto che persino per me c'era bisogno di aguzzare l'udito per riuscire a sentirla.

E d'improvviso si udì un urlo agghiacciante, qualcosa che somigliava allo stridio del gesso umido sulla lavagna, o al cigolare di una porta su cardini non oliati da tempo, solo che era un suono notevolmente prolungato, e si alzava a momenti di intensità, fino a raggiungere picchi che sfioravano l'ultrasuono, oppure si abbassava repentinamente fino alla soglia dell'infrasuono.
In qualunque caso, quell'urlo orribile, continuavo a percepirlo dentro le ossa. Mi penetrava nel cervello, facendo vibrare le tempie come i timpani delle rane, ed ebbi l'impressione sgradevole di sentirlo rimbombare dentro il petto o dentro la gola.

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