-Ventiduesimo-

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La situazione peggiorava ogni giorno, e io non potevo farci un bel nulla.
O meglio, non potevo fare più di ciò che stavo già tentando.

Rachel e Grover erano andati a parlare con Ottaviano e Reyna, l'augure e il pretore a capo dell'esercito romano, ma se Reyna sembrava determinata a fare la propria parte, il discendente di Apollo era ostinato a volerci annientare.

Reyna era partita per la sua pericolosa missione: riportare l'Athena Parthenos al Campo Mezzosangue.

Ma come lei se n'era andata, Ottaviano aveva mobilitato il suo esercito e la legione romana ci aveva circondato, mettendoci in costante allarme.

Gli avrei dato fuoco, letteralmente.

Ed ero davvero tentata di farlo in quel momento, in piedi davanti a lui e il suo stupido mantello bianco, qualunque cosa significasse per i romani.

«Credi davvero che mi interessi ciò che sta facendo Reyna? Ha infranto le regole, ha perso i diritti.»
«Ma lo vuoi capire che il problema è un altro? Che vinca un campo o l'altro, senza la missione dei sette Gea sorgerà e il mondo finirà. Pensi davvero che a lei importi quale dei due campi cada prima?»

Avevo promesso Mitchelle di non essere impulsiva, ma diventava parecchio difficile.

«Non voglio sentire le tue stupide scuse. Sei esattamente come tutti i greci: sempre pronti ad ingannare» l'augure si voltò verso un ragazzo in piedi alla sua sinistra.
«Te lo ricordi quel Valdez? Ha attaccato Nuova Roma con me a bordo della sua stupida nave. Se qualcuno deve morire, spero sia lu...»

Quello era troppo.
Mi bloccai un istante prima che la mia spada lo decapitasse di netto.
Il ragazzo a cui si eta rivolto sguainò il gladius.

«Non osare mai più parlare di mio fratello in questo modo, o sulla Casa di Efesto impalerò la tua stupida testa vuota.»

Il soldato fece un passo avanti e io mi concentrai sulla lama che teneva in mano, senza però staccare gli occhi dal l'augure.
Il soldato gridò e lasciò cadere la spada, che fumava come se l'avessero appena infilata in una fornace.

«Tu non oserai attaccare il mio campo, o giuro che ti brucio vivo, sacerdote dei miei stivali»

Forse ero un po' arrabbiata.
E forse prenderlo per il colletto della tunica non era stata l'idea migliore, come mettersi a minacciarlo d'altronde.

Il ragazzo non poteva vedere il mio viso, coperto dal nuovo upgrade della mia tuta: una maschera di bronzo celeste che mi permetteva di vedere due volte meglio del normale, nascondendo però la mia identità.

Mi ero anche assicurata di lasciare a casa il mantello utilizzato per il sogno-minaccia, così che non capissero che ero io, almeno per il momento.

Ormai di tute come quelle ne avevamo una ventina e molti semidei le indossavano, rendendo impossibile ai romani dire con certezza chi di noi poteva essere il protagonista di quell'incubo di gruppo, trasmesso quella che sembrava una vita fa.

Il tempo sembrava passare troppo veloce, la guerra era imminente e io non avevo notizie di Leo da veramente troppo tempo, cominciavo a temere il peggio.

«Non ho...paura di una stupida...greca» rispose quello con la voce lievemente strozzata.

Uno dei ragazzi armati si avvicinò e la mia mano sinistra (che non teneva l'augure) si incendiò, facendo cambiare idea al legionario.

||La Figlia Del Fuoco|| Completa ||Where stories live. Discover now