Conversazione con la Mater Inferorum

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«Ok, ora mi hai mandato in pappa il cervello... a nanna piccoletto»

«A nanna?» mi indicò qualcosa alle mie spalle «Col sole che sorge?»

«Uh?» voltai la testa.

Un chiarore color pesca si diffondeva all'orizzonte, liquido e lento, come acqua che inizia a scorrere per la prima volta da una fonte pura, e come tale sembrava uscire dalla terra stessa, mentre sollevava la sua testa dorata e risplendente. Socchiusi gli occhi, mentre una stanchezza sempre maggiore mi pervadeva. Dovevo dormire, dormire e mangiare dopo quella notte folle.

September mi mise un braccio intorno alla vita, visto che probabilmente gli sarebbe stato difficile arrivare alle spalle

«Stai crollando dal sonno... e stai sanguinando. Vieni, hai ragione, devi riposare»

«Tu devi riposare» ribattei

«Ma tu stai morendo. E non è tanto per dire... oh, maledizione» le sue dita si posarono sui bordi del morso ancora dolorante «Ti ha azzannata. Fa male non è vero?»

«No» mentii, poi gli afferrai la mano «Lascia perdere, per favore»

«Non lascio perdere»

«Perché sei nato infermiere?»

«Non sono nato infermiere. Sono nato mago»

«Ironia. Sai di cosa si tratta?»

Strinse le palpebre e sporse un po' in fuori il labbro inferiore

«Molto meglio di te, se è per questo» si guardò intorno «Comunque non siamo lontani dal posto in cui dormivamo... permettimi solo di medicarti il morso, poi potrai fare ciò che vuoi»

«Certo September, certo...».

Quando arrivammo nel nostro giaciglio, Cuscino era sveglio, e ci guardava dall'ombra con due occhi così spalancati da sembrare enormi. Gli feci un cenno per tranquillizzarlo, ma, probabilmente a causa dell'odore di vampiro che mi era rimasto addosso, lui non si mosse di un millimetro.

La donna tigre, invece, dormiva della grossa, come se non le importasse minimamente. Non le diedi un calcio su un fianco unicamente perché se l'avessi svegliata mi sarei dovuta sorbire la sua compagnia molesta.

September estrasse il suo famoso rotolo di bende dallo zaino e la boccetta di alcool, poi iniziò a lavorare sulla ferita che gli porsi gentilmente. Non so se conoscesse l'importanza di quel gesto per noi licantropi, il significato dell'offrire la gola, ma parve contento di non aver dovuto costringermi.

Il dolore intorno ai fori si fece più forte a contatto con l'alcool, la pelle bruciava. September continuò a guardarmi in faccia per tutto il tempo

«Che succede?» chiese, senza staccare mai le mani dalla ferita «Fa molto male?»

«Male?» mormorai, con gli occhi sempre più chiusi

«Si, hai un'espressione strana... piuttosto, pensi che quel vampiro di prima...»

«Che cosa?» chiesi, fra i denti

«Pensi che ritornerà?»

«Non lo so» la risposta mi uscì fuori da sola, senza che potessi farci niente. Avrei voluto rispondere no, avrei voluto negare tutto, ma la mia voce sembrava rifiutarsi

«Come sei riuscita a scappare? Come hai fatto a salvarmi?»

«L'ho uccisa» dissi, sicura

«E se l'hai uccisa, come farà a ritornare?»

«Non ritornerà» quelle parole pesarono come un'enorme bugia, una menzogna orrenda che mi avrebbe trascinato all'inferno con se «No, voglio dire, non lo so come farà a ritornare... io l'ho uccisa. Ma lei era già morta, forse da troppo tempo prima che io la uccidessi. Eppure... è come se... Come se sapessi che esiste ancora. Il suo sangue... no, il mio sangue è dentro di lei. Lo so, il sangue è un modo come un altro di... voglio dire... la mia anima. Quel vampiro ha toccato la mia anima. Ora lo so...» guardai le mie mani, disgustata «Tu sei ancora dentro di me, demone? Perché? Cosa ci fai dentro di me?»

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