La gelosia (parte quarta)

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Il ragazzo si voltò verso di lui e, a pochi centimetri, si ritrovò gli occhi rassicuranti di Ben.

Il commissario continuò: "Tua mamma è fiera di avere un figlio come te. È vero, forse dovresti evitare certe situazioni pericolose, ma ti vuole bene e questo non lo cambierà nessuno. È normale alla tua età avere certi dubbi, però sono sicuro che qualora lei dovesse trovarsi in pericolo, tu faresti di tutto per salvarla. Un conto è parlare dell'argomento intorno a un tavolo e un altro è provare la situazione sul campo. Solo allora i tuoi dubbi avranno una risposta." Allontanò la mano e cambiò argomento: "Ora però basta parlare di argomenti così tristi. È arrivato il momento di svagarsi un po'!" Si guardò intorno e chiese: "Ti ricordi che, la sera in cui tu e tua mamma avete dormito qui, vi ho proposto di giocare a 13? Tu hai detto che non sapevi le regole e poi hai sbadigliato, così sei andato a dormire. Cosa ne dici di giocarci ora?"

Pip aggrottò la fronte e mise le braccia conserte. "Proprio adesso? Ma non dobbiamo andare da mamma? Voglio stare con lei!"

Ben allargò le braccia. "Sì, però ci hanno sgridato più volte perché andiamo da lei troppo presto."

Il ragazzo sporse un labbro. "Mah, io non ricordo che ci abbiano detto una cosa simile..."

"Perché l'infermiera ha avuto il buonsenso di non rimproverarmi davanti a te" spiegò l'uomo con tranquillità. "Dai, così poi potrai far vedere a tua mamma che hai imparato a giocare a carte!" Si alzò e gli passò una mano tra i capelli scuri. "Prima ho preparato il tè. È bollente, aspettiamo che si freddi un po'. Intanto vado a prendere il mazzo!"

In quell'istante, tre colpi ovattati si diffusero nell'aria.

I due si girarono verso l'ingresso: provenivano dall'ampia saracinesca.

Ben guardò subito l'orologio: chi lo cercava alle otto del mattino?

Un altro colpo, più forte del precedente, risuonò nelle loro orecchie.

Il commissario sbuffò e si rivolse al ragazzo: "Pip, vai in camera mia. Nel cassetto accanto al letto troverai il mazzo di carte. Prendilo, così poi ci giochiamo."

Il ragazzo rimase stupito per quella richiesta inaspettata. Perché proprio in quel momento?

Restò ancorato alla sedia, indeciso su come comportarsi.

Un altro colpo li fece sobbalzare, provocando dei piccoli tremolii alle finestre.

"Pip, vai, ora!" ordinò Ben con voce preoccupata.

Il ragazzo si alzò spaventato.

Guardò l'uomo negli occhi e poi si voltò, diretto verso la camera da letto di Ben.

Entrò e si appostò sull'uscio, guardando cosa stesse succedendo tenendo la porta socchiusa.

Il commissario si avvicinò con grandi falcate alla saracinesca, le mani strette a pugno per tenere a freno il nervosismo. Era lei, ne era sicuro. Solo Bet bussava con così tanta intensità.

Quando Ben si trovò davanti all'ingresso, esclamò: "Non ho tempo da perdere con te!"

Seguì un istante di silenzio, lunghi secondi nei quali Pip rimase stupefatto per il cambiamento nel tono di voce dell'uomo. Era più rozzo, cupo.

Bet, dall'altro lato della saracinesca, appoggiò entrambe le mani su quell'ampia porta. "Ti prego, Ben, apri! Mi dispiace per quello che ti ho detto ieri! Non ero io a parlare, ma la rabbia che mi stringeva il cuore! Cerca di capirmi, io sono così distrutta che..."

Ben rimase in ascolto, aggrottando le sopracciglia e affinando l'udito per cercare di cogliere ogni minimo suono.

Sentiva dei lamenti di donna, un pianto vero e proprio.

Chiave: verità e menzognaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora