11.

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LadyBug atterrò in un vicolo, vicino alla pasticceria dei genitori, e sciolse la trasformazione.
"Marinette, tutto ok? Non hai una bella cera. Dovresti andare all'ospedale"
La corvina si tastò le ferite, gemendo quando sentì il dolore irradiarsi in tutto il corpo. Spostò la mano sui capelli, appiccicati tra loro a causa del sangue.
"Più che altro..." Marinette chiuse le palpebre, avvertendo una seconda fitta di dolore "Il problema sarebbe spiegare tutto ai miei genitori"
Si diresse verso l'entrata, mentre la kwami si nascondeva nella sua borsetta a tracolla.
Raggiunta la porta, la spinse, e fece ingresso nell'ampia stanza della pasticceria, immersa in una dolce essenza di croissant.
Si sentì subito in soggezione, quando i genitori, fino a pochi momenti prima seduti su una seggiola dietro al bancone a guardare gli aggiornamenti nel notiziario, si ai avventarono su di lei, terrorizzati dalle ferite che la figlia riportava sul capo.
Sabine singhiozzò, spaventata, poggiando lievemente la mano tremante sulla testa della corvina: "Cosa ti è successo?" Marinette soffocò un gemito, mentre osservava triste la madre, sul punto di crollare.
"Ho inseguito Alya per fermarla, voleva filmare l'accaduto in diretta. Ma... non ce l'ho fatta" i suoi occhi si inumidirono "Sono caduta e... e..." non riusciva a continuare. Le lacrime ardevano sulle sue guance, le bloccavano la gola. Iniziò ad ansimare e si accasciò a terra, incapace di reggersi in piedi.
Tom la afferrò sotto la ascelle e la sollevò, dosando la sua forza per non far male alla figlia, come fosse una bambola di ceramica, fragile e preziosa.
"Dobbiamo portarla all'ospedale" sentenziò, senza lasciarsi sopraffarre dall'agitazione. La moglie, stropicciandosi gli occhi e asciugandosi le guance bagnate dalle lacrime, annuì.
Marinette osservò il viso del padre contratto in una smorfia di preoccupazione, gli occhi ormai ridotti a due fessure. Le palpebre stavano cedendo, come appesantite da qualcosa di estremamente pesante ed invisibile. L'ultima cosa che la ragazza sentì fu il motore della macchina, che si accendeva.
Poi tutto fu buio.

Bip. Bip. Bip.

Marinette aprì le palpebre, destata dal fastidioso scandire del suo battito cardiaco. Si voltò, con l'intenzione di alzarsi, ma qualcosa le punzecchiò il braccio, spingendola a girarsi della direzione opposta. Osservò il lungo tubo della flebo che, collegato ad una piccola sacca che la sovrastava, si immetteva nel braccio attraverso un ago.
La ragazza sospirò e fece vagare lo sguardo sull'anonima stanza d'ospedale. Era piccola e poco spaziosa, il letto occupava la maggior parte dell'area, che era poi completata da un divanetto e un piccolo armadio, alla sua sinistra, e un basso comodino bianco, sulla destra. Di fronte a lei la porta era socchiusa, e sopra di essa era appeso un orologio rotondo, che segnava le dieci della mattina.
Sbadigliò, allontanando definitivamente il sonno e la stanchezza che fino a poco prima l'avevano posseduta, e poggiò nuovamente il capo sul cuscino.
Pochi minuti dopo qualcuno bussò alla porta, infrangendo il silenzio che aveva dominato per fin troppo la stanza.
"Avanti" Marinette si stupì della sua voce bassa e roca. Tossì, per rischiararsela, ma questo le provocò solamente una fitta di dolore alla testa, che si affievolì dopo poco, ma che non scomparve.
Una chioma bionda e spettinata fece capolino dalla piccola apertura, e Adrien fece ingresso nella stanza, avvicinandosi a passo spedito verso la ragazza, che ammutolita e sorpresa, lo osservava camminare.
Il ragazzo si sedette ai piedi del letto, e non potè fare a meno di afferrare la mano minuta della corvina, che si sentì subito avvampare, assalita da un calore sconosciuto.
Il ragazzo esitò, facendo vagare lo sguardo sulla camera e poi su Marinette, che si sentì stranamente in soggezione. Gli occhi verdi si soffermarono sulle ferite, coperte da una fasciatura, e il biondo allungò la mano libera verso di esse, senza toccarle, con la paura di provocare dolore alla ragazza.
Rimase con la mano sospesa in aria, poi la abbassò, insieme allo sguardo, che si calamitò sulle dita che si sfioravano.
"Ti sei messa in pericolo per salvare Alya" constatò, lo sgardo sempre puntato sulle mani "Sei stata coraggiosa"
Marinette sbuffò spazientita "Cadere a terra come una scema è tutt'altro che coraggioso, dove vivo io" Marinette detestava mentire ad Adrien, ma non poteva fare altro.
Il ragazzo alzò lo sguardo, e gli occhi verdi si incollarono a quelli azzurri, quasi annegando in essi.
"Contano le intenzioni, non è colpa tua se sei inciampata"
La ragazza abbassò lo sguardo: "Il mio equilibrio e la mia stabilità mi abbandonano nei momentidi bisogno"
Adrien sghignazzò e Marinette abbozzò un sorriso, imbarazzato, per poi riabbassare lo sguardo sulle loro mani ancora unite. Il ragazzo fece lo stesso e, lentamente, ritrasse la sua, impacciato.
"Bhe... come stai?"
"Tralasciando le fasciature e il dolore martellante alla testa, tutto bene" Marinette si sorprese nel riuscire a parlare senza problemi al biondo, e soprattutto nel riuscire ad essere ironica davanti a lui.
"I tuoi genitori sono fuori, hanno vegliato qui tutta la notte e adesso stanno ancora dormendo. Gli altri sono a visitare Alya"
La corvina spalancò gli occhi, colpita dalla consapevolezza come un pugno allo stomaco: "Alya! Come sta? Devo andare a trovarla!"
Fece per alzarsi, sollevando il busto ma Adrien, delicatamente, la riportò giù: "Non ti preoccupare per lei, sta cento volte meglio di te. Una buona volta puoi pensare a te stessa e a stare bene?" La voce era dura, piena di rimprovero, ma gli occhi avevano una vena di preoccupazione.
"Io..." la ragazza non sapeva cosa dire, come comportarsi. Non aveva mai avuto una conversazione di quel genere, in particolar modo con Adrien, che si comportava in modo strano.
Il ragazzo si ritrasse, per poi avvicinarsi nuovamente: "Sono stato in pensiero" le parole aleggiarono nella stanza, quasi come se qualcuno le ripetesse centinaia e centinaia di volte. Il biondo tossì: "Ci hai fatto stare in pensiero" si corresse, abbassando lo sguardo verso il terreno.
Poco dopo la porta della stanza cigolò, lasciando passare Nino, Rose e Juleka, che accerchiarono il suo letto e iniziarono a farle un numero infinito di domande. Inizialmente rispose, evasiva e con una voce fievole, debole, che non le apparteneva. Poco dopo si stancò, e mentre gli amici continuavano a parlare si appisolò.

Till the end of the time - Miraculous   {In Revisione}Where stories live. Discover now