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Ancora scossa giunsi sul balcone della mia stanza e, aperta la botola, mi infilai nello spazio che conduceva alla mia camera. In quello stesso momento la trasformazione si sciolse, nonostante non avessi utilizzato il mio superpotere. Strano.
Caddi a peso morto sul letto, mentre la mia kwami la affiancava: 《Come ha osato!》sbraitai ancora in trance.
《Lui.... lui.... ha giocato con i miei sentimenti, ha finto di essere morto.
I-io...》
Scoppiai di nuovo in lacrime, non di tristezza, ma di frustrazione.
Tikki mi si avvicinò, posandomi una zampetta sulla guancia e rimanendo in silenzio.
《C-come faccio a... a fidarmi di lui, s-se si comporta così?》 Chiesi singhiozzando. 《Anche se sono l'eroina di Parigi e tutti mi credono coraggiosa e irremovibile, io ho un lato sensibile.》 Sospirai, asciugandomi le lacrime che le rigavano le guance.
《Io non voglio essere debole. Io odio essere debole. Eppure lo sono quasi sempre. In quei momenti, in questi momenti mi sento impotente e non posso fare altro che piangere. Perchè non capisco chi sono veramente. Molte volte sento di essere l'opposto di LadyBug. Io non sono forte come lei, eppure siamo la stessa persona. Io non ce la faccio più.》 Sputai fuori tutto ciò che sentivo da ormai troppo tempo. Tutte le volte mi sentivo quasi divisa in due parti, tra Marinette - goffa e insicura - e Lady Bug - coraggiosa e intrepida - e rimanevo ore ed ore a riflettere su quale delle due parti mi rispecchiasse veramente. Quella di Lady Bug era solo una maschera, oppure ero veramente io? Ero davvero così corraggiosa? Perché non riuscivo a esserlo anche nella vita di tutti i giorni?
《Marinette, cosa stai dicendo? Tu sei la ragazza più forte che io abbia mai conosciuto! E non solo nelle vesti di Lady Bug, credimi.》
《Quindi tutte le altre Lady Bug erano goffe, sensibili e deboli come me?》 Ero certa che Tikki stesse cercando di confortarmi, e non diceva quelle parole seriamente, nonostante sapessi che mi voleva bene comunque.
《Ogni Lady Bug è unica, proprio come te. Non sei debole Marinette. È ovvio stare male in momenti come questi. Sei stata ferita, ed è normale che tu abbia questa reazione》.
La kwami mi sorrise, come incoraghiamento, ma non sembrò servire. Rotolai sul materasso, per poi affondare la testa del morbido cuscino: 《Non lo perdonerò mai》 mormorai, la voce soffocata e gli occhi ancora umidi.
Mai

***

《Secondo te mi perdonerà?》 domandai a Plagg, pensieroso.
《Vuoi una risposta seria?》mi chiese di rimando il kwami, lanciandomi un'occhiata di pura ilarità.
《Sì, possibilmente》 risposi, sbuffando di fronte al suo evidente divertimento.
《Ragazzo, basta che tu faccia due più due. Prima fingi di essere morto per vedere quanto interessi alla tua amata e poi mi chiedi anche un parere? Mi sembra abbastanza ovvia la risposta》.
《Sono un cretino》decretai, disperato.
《Io volevo solo sapere se le importasse veramente qualcosa di me, non volevo ferirla》
《Eppure l'hai fatto. Tra tutte le opzioni che avevi - potevi anche chiederglielo, tra l'altro - hai deciso di fingerti morto. Molte volte dubito della tua furbizia》. Plagg mi osservò divertito mentre, affranto, mi accasciavo sul letto.
Dovevo trovare un modo per farmi. perdonare.
Avevo combinato un bel guaio, e non potevo non rimediare.
L'avevo ferita, gliel'avevo letto negli occhi, e no potevo lasciare che le cose rimanessero così. Non mi sarei messo il cuore in pace finchè non l'avessi vista sfoderare il sorriso che tanto amavo.
Ancora pensieroso, ordinai Plagg di trasformarmi.
Avevo bisogno di riflettere, e non ce l'avrei mai fatta nella stanza che tanto odiavo, nonostante fosse ricca di mobili costosi e svaghi che mio padre mi aveva fatto avere, per rendere più accettabile la mia prigionia.
Non avevo una meta, sapevo solo che volevo allontanarmi il più possibile da casa mia, da quella prigione opprimente che mi aveva tenuto lontano dal mondo per anni.
Essere Chat Noir mi aveva permesso di avere di tanto in tanto momento di libertà come quello che stavo vivendo. Forse era per questo che consideravo il mio potere una benedizione.
Mi appollaiai su un tetto e sedendomi, osservai il meraviglioso panorama che mi si parava davanti agli occhi.
I raggi del sole, ormai quasi del tutto tramontato, coloravano vivacemente il cielo, come fosse una tavolozza di colori, e la Tour Eiffel, a pochi isolati di distanza, si alzava in tutta la sua imponenza e bellezza.
Da lì potevo scorgere la zona dell'attacco, ancora distrutta.
Lady Bug non aveva utilizzato il suo potere per sistemare i danni provocati dal mostro? E l'akuma? L'aveva catturata?
Improvvisamente mi sentii invadere dal panico. E se il mio tentativo di smascherare i sentimenti di Lady Bug l'avessero distratta, permettendo così all'akuma di scappare? Quello era un vero disastro.
Riportai gli occhi sul tramonto, ancora spaventato, quando un movimento improvviso attirò il mio sguardo verso il basso.
Sul balcone di un palazzetto di fronte a quello in cui sedevo, una ragazza osservava lo stesso panorama, con aria malinconica.
La riconobbi subito. Era Marinette, mia amica e compagna di scuola, sempre gentile e generosa con tutti. Grazie ai sensi sviluppati che acquisivo ogni volta che mi trasformavo, riuscii a notare qualcosa che luccicava sulla sua guancia.
Un brillantino? Ne dubitavo... forse, era una lacrima.
Ma come mai stava piangendo?
Non ci pensai due volte e con un balzo raggiunsi il balcone della ragazza che, al vedermi piombarle addosso, sobbalzò dalla paura.
《Calma principessa》 la tranquillizzai con un sorriso.《Chat Noir non ha cattive intenzioni》
Non mi degnò neanche di uno sguardo e fece per andarsene.
La afferrai per una spalla, preoccupato.
《Ehi va tutto bene?》.
Non avevo mai visto Marinette comportarsi così, o almeno, quando ero presente.
Lei si girò, e scansò la mia mano:
《Che cosa vuoi?》 Chiese bruscamente.
《Ehm, ho visto che piangevi e mi sono preoccupato...》
《E ti importa qualcosa dei sentimenti di una insulsa e inutile ragazza come me?!》
Non sapevo come rispondere.
《Marinette...》 mormorai.
La ragazza mi rivolse un ultimo sguardo sprezzante, poi si voltò e si diresse impettita verso la botola che la portava alla sua stanza.
Dopo mezzo secondo era sparita al piano sottostante.
Sosporai pesantemente.
Conoscevo abbastanza Marinette da sapere che le era successo qualcosa per comportarsi in un modo del genere.
La Marinette che conoscevo io - dolce, sensibile e goffa - non era quella con cui avevo appena parlato.
Non era lei. Ne ero certo.
Mi voltai e balzai sul tetto di un palazzo soprastante.
Non volevo tornare a casa. Non ancora.
Decisi perciò di esaminare il luogo dell'attacco, che fino a poco prima aveva suscitato troppe domande in me. Dovevo trovare delle risposte.
Una volta arrivato, mi guardai intorno. Lo scenario che mi si parava davanti agli occhi era anche peggio di quanto mi ricordassi. La maggior parte degli alberi, sradicati dall'esplosione del mostro, giacevano a terra, privi di vita. Le panchine erano riversate sui piccoli sentieri, che fino al giorno prima venivano utilizzati dai cittadini per attraversare il grazioso parco. I prati, una volta ricoperti da fiori di ogni colore, erano del tutto rovinati, coperti dalla sabbia dalla quale era costituito il mostro. Ed infine la fontana, che dominava dal centro lo spazio verdeggiante, era completamente spaccata in due. L'acqua non sgorgava più dalla bocca della statua del delfino che la decorava, ma scorreva senza limiti al di fuori delle diverse crepe provocate dall'attacco.
Era un vero e proprio disastro.
Mi spostai sulla zona dell'esplosione, avvenuta poco lontano dalla fontana, girando poi attorno a quest'ultima, in cerca di qualche indizio che potesse aiutarmi. Niente.
Il nemico non aveva lasciato alcuna traccia sulla quale potessi indagare.
Con la mente ritornai a quel pomeriggio, quando avevo baciato Lady Bug per poi lanciarmi nelle fauci del nemico. Avevo cercato di raggiungere il centro di quella creatura, muovendomi a tentoni nel buio pesto che mi circondava. Il mostro all'interno era completamente vuoto, ma ad un certo punto ricordai di essere andato a sbattere contro qualcosa di sferico. Avevo invocato il mio potere e l'avevo distrutto, provocando poi l'esplosione che aveva fatto scomparire l'avversario.
Riaffiorai dai miei pensieri, sbuffando spazientito.
Odiavo avere dei dubbi.
Odiavo non poter rispondere alle domande che mi frullavano nella testa.
Odiavo Papillon e tutti i super cattivi che mi stressavano di giorno in giorno, da ormai un anno e mezzo.
Afferrai il mio bastone di acciaio, come al solito appeso alla cinghia che mi avvolgeva la vita, e, appoggiandomi a questo, balzai, diretto a casa. Non avevo ancora delle risposte, ma non mi sarei arreso. Sarei venuto a capo di quella faccenda.

Till the end of the time - Miraculous   {In Revisione}Onde as histórias ganham vida. Descobre agora