35.La partita della vita-EPILOGO

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L'arbitro emise tre fischi sordi tramite il fischietto giallo fosforescente. Tottenham-Everton era appena finita. Daniel sollevò il pugno in aria ed emise un urlo di liberazione, dando successivamente una pacca sulla spalla ad un paio di giocatori avversari mentre l'intero stadio applaudiva lui e l'intera squadra di casa, che aveva vinto.

Daniel avrebbe ricordato quella partita per tutta la vita, perché proprio durante quei novanta minuti aveva segnato il suo primo gol con la maglia bianco-blu del Tottenham. Un bel tiro di pallonetto che era andato ad infilarsi perfettamente nella rete avversaria, e il portiere dell'Everton non aveva potuto fare nulla per pararla. Era stata un'emozione unica, vedere la rete gonfiarsi a causa dell'urto del pallone calciato perfettamente dal suo piede sinistro. Tutti i compagni di squadra erano corsi a abbraccialo, l'avevano riempito di pacche sulla spalla e d'incitazioni, perché avevano imparato a voler bene in pochissimo tempo a quel ragazzino appena diciottenne, ma con una grandissima forza d'animo a farlo correre ogni giorno.

La tifoseria degli Hotspur non faceva altro che mostrargli sostegno tramite messaggi sui social e cori ogni volta che entrava in campo. Era strano per lui essere diventato famoso, non riusciva a credere che adesso la sua figura fosse completamente legata al mondo del calcio, ma era ciò che aveva sempre desiderato fare nella vita.

La gente aveva anche iniziato a fermarlo per strada, chiedergli autografi e fotografie. Probabilmente Daniel non si sarebbe mai abituato a tutto ciò, lui era nato in una normalissima famiglia, non era abituato a tutte quelle attenzioni, ma gli faceva piacere sapere che la gente lo apprezzasse come giocatore. Sui social i followers erano aumentati, e riceveva quotidianamente messaggi di supporto anche dalle sue fan, che oltre a considerarlo un bravo giocatore, lo reputavano pure un bel ragazzo. Si sa, in un mondo aperto come quello del calcio, i giocatori sono sotto gli occhi di tutti.

Batté il cinque anche al suo allenatore Mauricio, che si avvicinò al suo orecchio. "Bravo, ragazzino, ti vogliono per un'intervista a bordo campo, corri", lo avvisò. Daniel annuì e si guardò attorno, alla ricerca del giornalista che lo stava aspettando. Ne trovò uno già impegnato con un giocatore avversario e poi, dall'altra parte del campo, quello da cui sarebbe dovuto andare lui. Si affrettò a raggiungerlo scambiando strette di mano con gli ultimi avversari rimasti in campo, poi finalmente raggiunse il giornalista, scusandosi per il ritardo.

"Allora, intanto complimenti per il gol, è un buon momento per te e la squadra, vero?", chiese l'uomo. Inclinò verso di lui il microfono, smettendo per un momento di fissare l'obiettivo della telecamera davanti a loro. Daniel ancora non aveva acquisito dimestichezza nelle interviste, lo mettevano in soggezione. Probabilmente, in quel momento lo stavano ascoltando milioni di persone.

"Direi di sì, cinque partite su cinque vinte, siamo ancora all'inizio del campionato ma cerchiamo di mantenere alta la fiducia", rispose. Sentiva il sudore inondarlo completamente, aveva bisogno di farsi una doccia.

"E te, invece? Come ti trovi nella squadra?".

"Benissimo, loro sono un gruppo molto unito e mi hanno subito accolto. Sono il più piccolo dello spogliatoio, quindi è come se tutti si sentissero in dovere di proteggermi e di darmi consigli, mi stanno aiutando moltissimo". Ed era vero, non c'era un giocatore della nuova squadra che non si preoccupasse per lui. Forse sapevano cosa volesse dire passare da una squadra come il Millwall ad una di condizione sicuramente più prestigiosa quale il Tottenham, e cercavano di non fargli commettere errori, di istruirlo nel migliore dei modi.

"Il più piccolo, sì, ma sicuramente dai filo da torcere agli avversari...questo di oggi è stato il tuo primo gol in campionato", osservò il giornalista sorridendo in camera. Daniel annuì.

"Cerco sempre di fare del mio meglio", minimizzò.

"A chi hai dedicato questo primo gol?", domandò ancora il giornalista, voltandosi a guardarlo. Daniel si strinse nelle spalle.

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