10.Questione d'istinto

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Ryan non aveva le forze necessarie per alzarsi dal letto, quel giorno. Il suo corpo stava cambiando velocemente, ma non riusciva a reagire in modo corretto. Era passato un mese esatto dal suo trasferimento, un mese da quando tutto nella sua vita era cambiato. Aveva modificato le sue abitudini, il suo piano alimentare e nessuno pareva accorgersene. Teneva un'agenda in cui scriveva quante calorie assumeva quotidianamente e gli esercizi che faceva per perderle, e la custodiva gelosamente nel secondo cassetto della scrivania. I suoi amici e la sua famiglia gli avevano fatto notare quanto fosse dimagrito, ma non avevano minimamente pensato che la perdita di peso potesse essere sinonimo di malessere. Ryan faticava ad ammetterlo, ma si sentiva davvero male; c'erano momenti in cui avrebbe svuotato in frigorifero ed altri in cui si costringeva a pensare alle calorie, al grasso e al suo peso. Tuttavia, era perfettamente autonomo e consapevole del proprio corpo, non era un caso clinico e sopratutto non soffriva di un disturbo alimentare. O almeno così sforzava di convincersi. Non aveva bisogno d'aiuto, e sentiva che se l'avesse chiesto, l'avrebbero mandato da un nutrizionista. Non voleva prendere integratori, poteva farcela benissimo da solo.

Fece per tirarsi su dalla coltre di debolezza che lo spingeva contro la superficie del letto, ma fallì miseramente nell'intento: la vista gli si fece tutt'a un tratto più offuscata e la testa prese a girargli pericolosamente, costringendolo a tornare sdraiato con la testa sul cuscino. Allungò una mano davanti a sé e la osservò nella penombra; riusciva a stringersi il polso congiungendo pollice ed indice, ma non era sicuro che fosse una novità. Forse era in grado di farlo anche un mese prima, quando pesava dieci chili in più.

Socchiuse gli occhi e s'irrigidì udendo qualcuno bussare alla porta. Non emise fiato, ma la stanza venne comunque illuminata dalla luce del corridoio. Era Graham, che raggiunse la coda del letto e si appoggiò alla testiera.

"Che ti succede?", domandò. Ryan notò che fosse già in divisa.

"Non mi sento molto bene", riuscì a dire a bassa voce. Abbassò completamente le palpebre ed inspirò l'aria calda che ormai l'aveva assuefatto.

"Per stavolta puoi rimanere a casa", decretò l'uomo, continuando a studiare il volto teso del giovane. Si piegò con la schiena per raggiungere l'altezza del suo viso e lasciargli un bacio sulla fronte. "Chiama per qualsiasi cosa", si congedò, uscendo dalla stanza e chiudendo la porta dietro di sé. Si bloccò per un momento in mezzo al corridoio, poi andò in cucina dove controllò dentro al frigo i pochi alimenti rimasti, cercando di memorizzarli. Aveva bisogno di capire.

Ryan passò la mattinata a letto, trovando il coraggio di alzarsi solo all'ora di pranzo per l'impellente necessità di fare pipì. Spalancò la finestra che affacciava sul giardino del suo vicino di casa ed alzò le serrande per far cambiare aria alla stanza, poi si fece una doccia che gli restituì un po' di forza. Si costrinse anche a mangiare un po' di cous cous con le verdure, altrimenti non sarebbe arrivato vivo a fine giornata; non poteva muovere passi falsi né esagerare, ma semplicemente vivere in equilibrio e continuare ad impegnarsi. Non era mai stato così determinato in vita sua.

Il resto del pomeriggio trascorse velocemente tra esercizi di matematica e prove della chitarra che gli aveva consigliato di fare Eric, il suo insegnante. Gli era entrato in simpatia, ma al contempo era dispiaciuto per la poca affluenza al suo corso; lui cercava di dare il massimo, ma non sapeva se sarebbe bastato per tenere in vita le lezioni. Era l'unica possibilità che aveva per suonare, non voleva essere di peso per sua madre ed il suo compagno, adesso che le cose sembravano andare meglio. Non gli dispiaceva neanche passare molto tempo a casa da solo, era contento che sua madre lavorasse. Di tanto in tanto andava a trovare sua nonna e sua zia, ma senza mai fermarsi a pranzo o a cena; era stato proprio quello che l'aveva fatto sprofondare nel baratro durante gli anni, e adesso che ne stava uscendo non poteva permettersi eccezioni. L'evento che lo preoccupava maggiormente era il Natale, la quantità di dolci, minestre e varie pietanze che prontamente la sua famiglia preparava. Avrebbe dovuto trovare un modo per scampare dalla Vigilia e sopratutto dal pranzo natalizio senza destare sospetto.

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