34.La Cura

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Daniel aveva passato l'intera notte a piangere, non avendo potuto farlo una volta rientrato a casa. Tutti erano accorsi a festeggiarlo, non poteva cacciarli per via del suo pessimo umore, non se lo meritavano. Aveva glissato l'argomento "Felipe" mentendo a tutti e dicendo che, purtroppo, il brasiliano aveva contratto un'influenza intestinale ed aveva preferito rimanere a casa.

Non gli aveva nemmeno spiegato il motivo per il quale si fosse recato da lui di tutta fretta, perché appena era venuto a conoscenza della verità ogni sorta di entusiasmo si era attenuato, lasciando spazio alla delusione più totale. Sapere che Felipe, il ragazzo di cui si era perdutamente innamorato, avesse omesso una notizia così importante per la sua vita, gli aveva fatto perdere tutta la felicità.

Una parte di lui sapeva che Felipe si fidasse davvero di lui, altrimenti non gli avrebbe raccontato del suo passato. Se il brasiliano non avesse tenuto a lui, non avrebbe comprato un biglietto extra per Parigi, non l'avrebbe riempito di attenzioni, non avrebbe chiesto ore di permesso da lavoro per andarlo a vedere giocare fuori casa.

Daniel era convinto che il diciannovenne ricambiasse il suo amore, e proprio per questo non riusciva a capire il suo gesto. Si alzò dal letto alle sette di mattina, perché non ne poteva più di girarsi tra le coperte, il cuscino bagnato di lacrime e la testa dolorante non miglioravano affatto la situazione. Decise di prendere un'aspirina per placare il fastidio, conscio che sarebbe passato solo con una bella dormita, ma in quelle condizioni non sarebbe mai riuscito a chiudere occhio.

Doveva parlare con Felipe, perché il giorno precedente non aveva avuto la forza di farlo, ma adesso era diventata la sua priorità. Non gli interessò che fossero appena le sette e dieci, che probabilmente il brasiliano stesse dormendo beatamente, ma indossò il giacchetto ed uscì di casa solo dopo aver recuperato anche il casco, che comunque non indossò perché appena si chiuse la porta d'ingresso alle spalle si ritrovò faccia a faccia proprio con il ragazzo con cui voleva parlare. Sobbalzò e fece un passo indietro, appoggiandosi con le spalle contro il legno della porta; incrociò le braccia al petto e lo osservò dal basso. Li dividevano parecchi centimetri d'altezza.

"Ti va di venire in un posto?", gli domandò il più grande; il suo sguardo era carico di attesa. Daniel sembrava titubante. "Non molto", ammise.

Felipe serrò la mascella e sembrò incassare il colpo. "Per favore, Dan", lo supplicò con lo sguardo, e il giovane calciatore non seppe rifiutare, perché quando si specchiava negli occhi del suo ragazzo diventava debole, e perché in fondo non voleva fare a meno di lui.

Poteva essere un ragionamento contorto e sbagliato, ma desiderava dargli una possibilità.

Perciò, lo seguì nella sua automobile e salì sul sedile di fianco, allacciandosi come di consueto la cintura di sicurezza.

"É vicino, ci vorrà poco", lo informò mentre metteva in moto e partiva alla volta di chissà dove. Daniel non disse una parola per tutto il tragitto, che durò più o meno un quarto d'ora. Erano usciti appena da New Cross verso la periferia della città, addentrandosi verso una zona collinare. Felipe si era parcheggiato proprio ai piedi di una di queste. In cima c'era un platano che faceva ombra sul manto erboso.

"Qui ci venivo l'estate col campo estivo della chiesa", disse il brasiliano mentre scalavano l'altura con facilità. La salita non era poi così ripida.

"Anche io ci sono andato per un paio di anni", non poté fare a meno di commentare l'altro ragazzo. Non doveva sforzare i muscoli della gamba, che avevano iniziato a dargli fastidio. Felipe si voltò verso di lui e captò la sua espressione sofferente, ricordandosi immediatamente.

"Cazzo, non me l'ero ricordato!", esclamò, mortificato. "Sediamoci qui, non importa se non arriviamo su", continuò, bloccandosi mentre saliva. Si sedé sul manto erboso ed invitò Daniel ad imitarlo.

Più di quanto tu sappia ♦ Tematica Omosessuale ♦Where stories live. Discover now