4.Batte forte il cuore

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Ryan ripose l'ultimo libro dentro l'ennesimo scatolone. Non riusciva a credere che in quella cameretta di quattro metri quadrati potessero essere stipati così tanti oggetti, eppure aveva già riempito tre scatole di cartone. Sospirò, guardandosi attorno con fare malinconico; sulla scrivania, che era sempre stata ricoperta da penne, fogli e pacchetti di fazzoletti, adesso non vi era più nulla. La libreria era stata svuotata da ogni singolo romanzo o fumetto, sotto il letto non c'erano più blocchi da disegno o vecchi cd di gruppi sconosciuti ed attaccati alla parete non c'erano più i due poster dei Muse e la copia della Persistenza del Tempo di Salvator Dalì. Quei fogli, arrotolati con cura, erano stati sistemati nel secondo scatolone già sigillato. Si piegò per controllare che sotto il letto non ci fosse rimasto nulla, tastando a tentoni ed impolverandosi un po' il palmo della mano. Sobbalzò quando venne a contatto con un oggetto sottile che riconobbe immediatamente. Lo portò davanti ai suoi occhi stringendolo tra il pollice e l'indice, e sorrise. Due anni prima era andato con Daniel al concerto dei Muse, la sua band preferita, ed era tornato a casa con un piccolo ma prestigioso trofeo: il plettro di Matthew Bellamy, il chitarrista del gruppo. Aveva custodito il piccolo oggetto per tutto quel tempo finché, pochi mesi prima, non l'aveva perso. Aveva passato giornate intere a cercarlo, disperandosi, ma alla fine si era arreso all'idea di averlo smarrito. Lo ripose trionfante nello scatolone, poi lo chiuse con dello scotch da pacchi. Proprio in quel momento Graham spalancò la porta, rischiando di prendere in pieno viso Ryan.

"Sei pronto? Dobbiamo caricare le cose in macchina".

Il ragazzo si limitò ad annuire, porgendo una scatola all'uomo e prendendo le restanti due. Barcollò fuori dall'appartamento ed entrò nell'ascensore malandato assieme al compagno di sua madre. Graham pigiò il pulsante del piano terra ed attesero silenziosamente che il piccolo cubicolo scendesse traballando.

"Sei contento di cambiare aria?", gli chiese, spingendo la porta dell'ascensore con una mano mentre con l'altra sorreggeva la scatola.

"Diciamo di si", ammise Ryan, socchiudendo il portone d'ingresso alle sue spalle.

"Perché non mi sembri molto convinto?", gli chiese l'uomo, rivolgendogli un'occhiata veloce prima di sfilare dalla tasca posteriore dei jeans le chiavi della sua automobile. Il ragazzo si strinse nelle spalle, porgendogli una scatola alla volta. "Avrei voluto conoscerti prima, tutto qui", confessò schiettamente. Graham annuì appena, voltandosi di nuovo verso di lui. "Abbiamo voluto aspettare un po', ma sono consapevole che conoscermi una settimana prima di trasferiti a casa mia non sia il massimo", disse, sollevando le sopracciglia scure. Ryan annuì, spostando il peso da un piede all'altro, a disagio.

"Non preoccuparti però, avremo molto tempo", asserì l'uomo, sorridendogli prima di tornare nell'androne delle scale.

"Già, lo spero", mormorò seguendolo.


Sua nonna scoppiò a piangere tra le sue braccia quando giunse il momento di salutarla.

"Non piangere, dai, tre volte alla settimana verrò a pranzo qui", tentò di consolarla invano, stringendola delicatamente.

"Il mio n-nipotino va via di casa", balbettò la donna, guardandolo con gli occhi pieni di lacrime. Ryan congiunse le loro mani, sorridendo. "Staremo bene, te l'assicuro", disse, cercando di convincere più se stesso che lei. Anne annuì flebilmente e gli schioccò un bacio sulla guancia paffuta, scompigliandogli i capelli arancioni, poi gli fece cenno di andare indicando sua figlia ed il suo nuovo compagno che attendevano il diciassettenne fuori dalla porta. Osservò il ragazzo voltarle le spalle e raggiungere i due adulti, che chiusero la porta non prima di salutarla ancora con dei sorrisi entusiasti. Sospirò, asciugandosi una lacrima che sfuggì dall'occhio destro.

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