Rimasero per qualche minuto in silenzio, fissando il panorama davanti a loro. Oltre le basse colline si vedeva la città, sovrastata da una cappa di smog e caos. Vista da lì, sembrava ancora più grande di quanto già non lo fosse.

"Ogni tanto ci penso, al fatto che io e te viviamo nello stesso quartiere da anni ed anni, ma non ci siamo mai incontrati prima di quella sera al pub", disse Felipe. Daniel piegò le ginocchia e le circondò con un braccio, concentrandosi sulla sua voce. "Io me lo ricordo bene, perché la settimana prima avevo baciato un ragazzo in discoteca e avevano iniziato a sorgere i primi dubbi, che con te si sono amplificati...non mi era mai piaciuto un ragazzo e tu, così all'improvviso, mi hai stravolto la vita".

Strappò un paio di fili d'erba con le dita, sovrappensiero. "Ovviamente me l'hai stravolta in positivo. Non pensavo fosse possibile che qualcuno riuscisse a farlo, a farmi innamorare, eppure tu ci sei riuscito e te ne sarò per sempre riconoscente, perché l'amore per me è sempre stato qualcosa di nuovo...da piccolo non ne ho ricevuto molto, lo sai, e per me è stato strano che Carl e Line all'inizio mi abbracciassero, mi dimostrassero il loro affetto".

Si bloccò. "Non racconto a nessuno le cose che tu già sai perché ho paura che non capiscano la sofferenza. Quando siamo abituati a vivere in un certo modo, con tutti i comfort, spesso dimentichiamo che altra gente abita nelle baracche e lotta ogni giorno per vivere, come è successo a me"."Però non volevo vederti per dirti tutto questo. Volevo semplicemente scusarmi con te, più di così non posso fare, è stato un momento di debolezza...ho semplicemente avuto paura che quello che mi stava accadendo non fosse vero, poi mi sono lasciato trasportare dall'ansia". La sua voce tremò appena. "N-non voglio perderti per un mio errore, anche se immagino come tu possa esserti sentito e te lo ripeterò fino allo sfinimento che mi dispiace".

Il diciottenne socchiuse le palpebre, anche a lui veniva da piangere ma non aveva più lacrime da versare. "Non mi hai perso, se sono qui è perché credo in noi e credo in tutto quello che mi hai detto. Ieri sera sono stato malissimo perché ero venuto a darti una bella notizia, e ho scoperto che anche tu avevi una bellissima notizia da darmi, ma me l'avresti potuta dare almeno un mese fa. Ormai è andata così, ma ti prego, non voglio che accada mai più".

Si sentì sollevato, perché era sicuro che sarebbe bastata una notte di riflessione per metabolizzare il fatto e ragionare a mente lucida. In quei mesi era cambiato, aveva imparato a mettere da parte l'orgoglio e quel pizzico di strafottenza che l'aveva sempre contraddistinto. Felipe gli cinse le spalle con un braccio e Daniel appoggiò la nuca contro il suo petto.

"Non ci sarà motivo che accada di nuovo, non preoccuparti, probabilmente vivrò con i sensi di colpa a vita".

"Ti sta bene", ribatté acido Daniel, anche se stava scherzando. Rimasero in silenzio per qualche minuto, gustandosi la pace ritrovata. Non avevano mai discusso prima di quel momento, ma entrambi sperarono che non accadesse più.

A parlare fu di nuovo Felipe.

"Qual era la notizia che dovevi darmi?", chiese.

"Ieri pomeriggio il dirigente sportivo del Tottenham mi ha convocato nel suo ufficio, mi stava seguendo già da qualche anno e a Giugno, beh, a Giugno sarò un giocatore della squadra", spiegò sorridendo nuovamente come un cretino. Non riusciva ancora a crederci.

Felipe sgranò gli occhi e si alzò in piedi, posizionandosi davanti a lui.

"DAVVERO?", gridò. Il sorriso di Daniel crebbe a dismisura.

"Sì, è vero, ti rendi conto?".

Non ricevette alcuna risposta da Felipe, perché quest'ultimo gli piombò addosso. Finirono entrambi con la schiena a terra, poggiata sul manto erboso che stava crescendo in vista della primavera.

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