XXIX

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"Quindi, ricapitolando

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"Quindi, ricapitolando...Giorgio rimane fuori al balcone con lo smilzo, io e Marco invece perlustriamo le stanze e se il ciccione rompe i coglioni lo chiudiamo nel cesso dopo averlo pestato", ripete Vittorio abbassando la voce. Marco annuisce.

"Il bagno non ha finestre, quindi non si può affacciare per chiedere aiuto, poi appena Giorgio e lo smilzo escono fuori al balcone, taaac, noi li chiudemo de fori, così se lo smilzo deve rientrà ci avemo più tempo io e te per sistemare tutto". Indica Giorgio.

"Tu inventate qualche cazzata, tipo che è meglio chiudere le finestre perché potrebbe uscì il gas dalla caldaia", prosegue.

Vittorio batte le palpebre. "Sei 'na mente malata, Mà", constata. Marco scrolla le spalle.

"Certe volte bisogna esse più furbi di chi te vuole inculà". Detto ciò, continuano a salire le scale del condominio.

È un ambiente angusto e sporco, scarsamente illuminato dalle plafoniere poste sul soffitto ad ogni piano. Non c'è neanche l'ascensore, e pure se ci fosse stato non l'avrebbero sfruttato. Arrivano davanti alla porta, sul campanello non ci sono scritti i nomi degli inquilini, ma tutti e tre sanno chi ci viva. A bussare con insistenza è Giorgio, che mantiene la cassetta degli attrezzi con la mano sinistra.

Ad aprire la porta dopo svariati minuti è proprio quello che Marco ha chiamato smilzo, un uomo di una magrezza impressionante. Fa quasi paura, con le ossa così esposte, gli occhi vitrei e i capelli bianchi e sporchi.
"Salve, sono il tecnico che è venuto a fare un controllo l'altro giorno, le avevo dato appuntamento a stamattina", si presenta Marco, facendosi spazio tra Vittorio e Giorgio per stringergli la mano.
L'uomo se lo squadra dall'basso all'alto, tiene il filtro di una sigaretta tra le labbra.

"Ah, se, vabbé...entrate", borbotta lasciandogli libero accesso all'appartamento. La prima cosa che Vittorio nota sono le casse di birre impilate vicino al tavolo, poi la puzza di chiuso e di sudore. Potrebbe soffocare lì dentro. C'è un divano rattoppato e polveroso al centro della stanza.

Giorgio corre ad aprire la portafinestra che affaccia sul palazzo adiacente, un blocco di cemento insignificante come quello in cui si trovano loro.

"Abbiamo bisogno del bagno libero per controllare la pressione dell'acqua", aggiunge Marco. Sembra convinto di ciò che sta dicendo.

"Se quer cojone de Gianfranco se move ad uscì dar cesso", sbotta, zoppicando fino al bagno e battendo forte sul legno della porta. Dall'altra parte della porta si sentono urla scocciate. Lo smilzo si gira di nuovo verso di loro ed infila le mani in tasca.

"Io devo uscì, lui rimane qua, per qualsiasi cosa lasciate perde, è 'n encefalitico, nun capisce un cazzo", prosegue, stringe le mani a tutti e tre ed esce di casa. Probabilmente sta andando a drogarsi in qualche parco abbandonato.

Giorgio, Marco e Vittorio si scrutano.
"Ve l'avevo detto che so' stupidi", mima con le labbra, prima di avvicinarsi alla porta del bagno e bussare con meno violenza rispetto allo smilzo.
"Salve! Siamo i tecnici della caldaia, appena ha finito lì dentro inizieremo a lavorare", disse alzando un po' il tono della voce.

Sotto il cielo di RomaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora