VII

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Vittorio è scomodamente seduto su una sedia di legno che scricchiola ad ogni suo movimento

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Vittorio è scomodamente seduto su una sedia di legno che scricchiola ad ogni suo movimento. Ha le gambe allungate oltre il banco, il piede tocca ritmicamente il sostegno della seduta davanti alla sua, producendo un ticchettio annoiato.

Vicino a lui non c'è più Andrei, bensì Claudio. Vittorio pensa che sia un ragazzetto apposto per i suoi standard, ma c'è una cosa di lui che non sopporta, ovvero l'ostentazione. Produce qualche canzone rap quando gli capita, e canta sempre di una situazione in cui non vive, di quartieri malfamati e di povertà, peccato che lui non abbia mai provato nulla di tutto ciò sulla sua pelle: gli abiti che indossa sono sempre di marca, i suoi genitori sono i titolari di un supermercato vicino scuola ed ha un motorino lucido che ben presto finirà nelle grinfie di qualche ladruncolo, Vittorio lo sa.

Claudio sta scrivendo qualche rima su un foglio scarabocchiato e sporco d'inchiostro nero. Vittorio si sporge oltre il suo braccio per individuare qualche parola, ma non riesce a leggere nulla data la pessima grafia del diciassettenne.

"Senti questa", mormora il ragazzo, sollevando lo sguardo dal foglio. Si schiarisce la gola e lancia un'ultima occhiata alle parole scritte confusamente sulla carta.

"Alla tua tipa piace Dior
Tu puoi regalarle solo goleador
Io Gucci non me lo permetterei mai
Ma posso darle qualcosa che in mezzo alle gambe non hai", scandisce cercando di andare a tempo. Vittorio reprime a stento una risata irrisoria, oddio, quant'è scontato.

Non ha mai sentito qualcosa di così...così...banale. Fa un cenno di assenso con il dito, incapace di aprire bocca. Non sono abbastanza in confidenza da potergli dire che il pezzo faccia schifo, e d'altronde lui non è nessuno per distruggere il lavoro altrui. Magari a qualcun altro piace.

Le ore passano lentamente, ma grazie alle idiozie di Claudio, Vittorio si diverte quasi. Quasi.
Alle due e quindici minuti è schiacciato nella metropolitana, ha un gomito incastrato tra due persone e con l'unica mano disponibile si sorregge al palo di lato alle porte che si aprono e chiudono lasciando passare la moltitudine di uomini e donne, ognuno immerso nei propri pensieri.

"Vittó!", si sente chiamare da una voce non poi così lontana. Vaga con lo sguardo tra la folla che riempie il penultimo vagone del veicolo, poi lo vede.
Saluta Marco alzando il mento, impossibilitato a fare altro. Una signora sulla sessantina lo sta schiacciando contro la porta con la sua statura goffa, una busta di plastica è appoggiata sulla punta della sua scarpa. Non vede l'ora di scendere da quella vettura infernale. Marco è tra due turisti giapponesi che stanno consultando una guida turistica attraverso i loro occhiali piccoli e scuri. Alza gli occhi al cielo, consapevole che Vittorio lo stia continuando a guardare, poi sfiora il collo con il pollice, creando una linea immaginaria orizzontale che simbolizza una ghigliottina. Vittorio sorride e scuote la testa. Non smette di fissare divertito Marco, perché è la persona più interessante che si trova lì dentro e perché gli piace guardarlo negli occhi, nelle iridi così differenti dalle sue, che invece sono azzurre. Non si sono più visti da quella sera di due giorni fa, e Vittorio sta aspettando, fidandosi ciecamente di Giorgio. Se c'è una cosa di cui non ha mai dubitato, è proprio l'affidabilità del suo migliore amico.
Cosa vuole, Vittorio? Non lo sa. È solo consapevole che quel bacio gli sia piaciuto, ma non può certamente illudersi di poter stare con un ragazzo, almeno non apertamente. Il luogo dove vive, la sua famiglia, nessuno è pronto ad accettarlo. I rapporti che ha avuto con dei ragazzi (due, in diciotto anni della sua vita), sono stati riservati e vissuti con poca spensieratezza. Qualche bacio e un po' di sesso, poi basta. Troppo rischioso, per Vittorio non ne era valsa la pena.

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