XXXIII

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Silvano sta frugando dentro il borsone alla ricerca del suo cappello. Marco lo osserva attentamente, notando in ogni suo aspetto un dettaglio che gli ricorda Vittorio. Potranno anche essere uguali fisicamente, ma dentro, nel loro animo, sono completamente differenti.

Vittorio è buono, mentre Silvano non è altro che un incosciente che sta cercando di estorcere ventimila euro alla sua famiglia. Quindi, anche ciò che gli ha raccontato il Messicano è falso. Non esiste nessun debito. Allora perché stanno raccogliendo cinquemila euro?

Deve indagare ulteriormente.
Silvano si blocca, adesso stringe tra le mani la stessa fotografia che hanno visto anche lui e Vittorio pochi giorni prima.

"Quanti anni c'hai?", gli chiede senza smettere di osservare i suoi figli immortalati nella vecchia fotografia.

"Diciotto".

"Pure mi' fiijo più piccolo ce ne ha diciotto", volta la fotografia verso di lui e lo indica. "Si chiama Vittorio, certi dicono che mi somiglia, però lui mo' mi odia".

E non ha tutti i torti, pensa Marco, ma preferisce rimanere in silenzio. Silvano ripone la foto nella tasca e sospira, poi alza lo sguardo sul diciottenne davanti a lui.

"Senti, sto a cercà un modo pe raccoglie qualche soldo, conosci qualcuno che me può aiutà?", tenta Marco. Spera di non aver osato troppo.

"Ci hai ascoltato prima, vero?".

Marco drizza le spalle. "Parlavate ad alta voce", dice soltanto. Silvano annuisce.

"La curiosità è umana, tranquillo". Sospira ed appoggia i gomiti sulle ginocchia spigolose. È molto magro, anche se a tradire la sua forma fisica emanciata è l'accenno di pancia da birra."Come li vuoi fa, 'sti soldi?Con le buone maniere o illegalmente?".

"È uguale, basta che so' soldi", si affretta a rispondere Marco, una strana intuizione si sta facendo largo in lui. Sta per conoscere qualcosa di importante, se lo sente.

"Che ci devi fare?", chiede ancora.

"Devo trovà un posto fuori città, mi' padre m'ha cacciato di casa da quando ha scoperto che me gioco i soldi", inventa lì per lì, ma rendendosi conto subito dopo di aver fatto involontariamente centro nella sensibilità di Silvano, che si accende una sigaretta e ne porge una anche a lui. Iniziano a fumare con le finestre chiuse, la stanza è fiocamente illuminata e puzza di chiuso. Ben presto il fumo aleggia sulle loro teste. L'uomo davanti a lui è in preda ad un attacco di tosse secca tipica dei fumatori, si riprende poco dopo.

"Sai, io e te semo simili, ed è per questo che t'aiuterò", dichiara con un sussurro. "Ma ad una condizione, mi devi un favore".

"Quello che vuoi". Marco non stacca gli occhi da quelli di Silvano.

"Devi convincere mio figlio Vittorio a darmi almeno cinquemila euro, mo' ti do l'indirizzo, ma entro domani mattina quei soldi devono essere nelle mie mani".

Il cuore di Marco perde un battito, rendendosi conto di ciò di cui Silvano potrebbe essere capace. Sarebbe in grado di vendere suo figlio ad uno sconosciuto per pura brama di denaro; le sue parole lo invitano a proteggere maggiormente il suo ragazzo, ora più che mai.

"Anche con le maniere forti?", domanda per reggergli gioco. Silvano annuisce.
"Ti lascio carta bianca, domani avrò i miei soldi e ti dirò il piano".

Marco assottiglia lo sguardo, non riesce a capire cosa possa esserci sotto a tutto quel mistero, perché adesso ne è sicuro: il debito di ventimila euro è solo una copertura per qualcosa di più importante, qualcosa di potenzialmente pericoloso.
Deve correre da Vittorio il prima possibile.

Sotto il cielo di RomaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora