CAPITOLO 14

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Elena aprì gli occhi infastidita. Erano le 7:45 e il suo campanello non la smetteva di suonare. Non aveva la più pallida idea di chi potesse essere. Oggi non doveva andare a lavorare quindi pensava di poter stare a dormire fino a tardi, ma lo strillio del campanello aveva disturbato i suoi sogni.

-Arrivoooo!!!

Urlò senza sapere nemmeno lei il perché, di sicuro la persona che era alla porta non avrebbe sentito.
Il campanello continuava a suonare ed Elena alzò il lenzuolo scocciata. Si mise le pantofole e osservò la sua immagine nello specchio dell'armadio. Non si vedeva gran che, c'era solo un piccolo spiraglio che entrava dalla tapparella, ma Elena sapeva già di essere in uno stato pietoso. Cerco di sistemare la situazione legandosi i capelli in una coda alta e si diresse verso la porta. Spostò il copri occhiello e vide la figura del tedesco numero cinque davanti la sua porta.
Aprì di colpo il portoncino quel tanto che bastava per far intravedere la propria faccia.

-Sebastian, puoi smetterla???

Il tedesco alzò lo sguardo e le sorrise amichevolmente.

-Chiedo scusa... ma stavi ancora dormendo??

-Sai com'è non sono ancora le otto e oggi non abbiamo praticamente lavoro.

Sebastian abbassò lo sguardo.

-Ah scusami... io invece ho sempre qualcosa da fare e il simulatore mi aspetta.

-Ben per te! Ma non dovrebbe essere un peso questa cosa, vero?

-No, io amo guidare.

Gli occhi di Sebastian si illuminaro. Guidare era l'unica cosa che contava per lui, l'unica cosa in cui era davvero bravo. Aveva sempre ammirato il suo idolo fare cose meravigliose con la rossa e da quel momento aveva capito che voleva fare quello da grande. Correre, sentirsi libero di volare, avere l'adrenalina nelle vene ed essere ad un passo dalla morte rendeva tutto così dannatamente eccitante.

-Ti serviva qualcosa in particolare??

-No... volevo chiederti se andavamo a fare colazione al bar, assieme per parlare e per sistemare la mia immagine insomma.

Elena scoppiò a ridere di colpo.

-Davvero? Davvero, Sebastian? Per una colazione mi hai svegliata a quest'ora?

-Scusami... avevo voglia di passare del tempo in compagnia.

-Non potevi chiedere a degli ingegneri?

Elena gli stava parlando come si parla ad un bambino di cinque anni a cui si cerca di far capire che non si devono fare certe cose.

-Certo, ma dopo tanto tempo c'è una bella ragazza.... sono sempre e solo circondato da uomini....

-Ok Sebastian, fermati non sono abituata a vederti così indifeso. Verrò a fare colazione con te.

Elena chiuse la porta, tolse il chiavistello e la riaprí facendo segno a Sebastian di entrare.

-Ma cosa sei, un vampiro? È tutto buio qui dentro.

-Ti ho detto che mi sono appena svegliata Seb.... e poi mi piace stare al buio. Comunque tu aspetta qui in cucina, io vado a vestirmi.

-Oh ti prego non metterci ore.

Elena si girò verso il tedesco guardandolo storto.

-tranquillo, dieci minuti e sono pronta.

La ragazza andò al bagno e chiuse la porta alle sue spalle.
Sebastian si sedette su una sedia del tavolo della cucina e poi decise di guardarsi intorno per capire di più su questa ragazza. Era stata la sua idea fin da subito, capirne di più, per quello voleva andare a colazione con lei.
Abbandonò la sedia e alzò tutte le tapparelle del salotto. La luce non cambiò nulla. Non c'era niente da scoprire in quella casa, nessuna foto, nessuna carta fuori posto. L'appartamento era completamente impersonale come se dovesse andarsene da un momento all'altro, persino quello di Sebastian aveva quel tocco tedesco che ti faceva dire di chi era.
La porta del bagno si aprì ed Elena uscì dal bagno lasciando Sebastian senza parole. Era una ragazza davvero bella, doveva ammetterlo e quel semplice vestito faceva risaltare le sue forme. Sebastian raramente si trovava con delle ragazze, non perché non volesse, ma perché non aveva tempo da perde, troppo lavoro da fare in scuderia. Stava cercando un'altra ragazza come Hanna, ma non pensava di riuscire a trovarla. Hanna era sempre stata con lui, fin dalla sua adolescenza, erano cresciuti assieme, ma poi lei non riusciva a sopportare la lontananza e il rischio del suo lavoro così lo aveva lasciato, quattro mesi prima che vincesse il suo primo mondiale.

La mia vita || Ferrari Where stories live. Discover now