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Primo giorno di scuola.
Decisamente diverso da quello dell'anno scorso, dove camminavo solitario per la strada, attento a ogni minimo dettaglio impresso sul volto degli altri, alla ricerca di una bella figura e di un sorriso perfetto.
Adesso, invece, c'è il mio migliore amico al mio fianco e la mia fidanzata mano nella mano.

Un grande salto di qualità, non c'è che dire.

Daniel continua a rigirare il bordo della sua nuova borsa nelle dita, talvolta sorride tra sé e sé.
Un paio di settimane fa è andato con Jason e Rochelle a ricomprare gli oggetti utili per la scuola e, soprattutto, qualcosa da aggiungere al suo guardaroba.
Finalmente abbiamo gettato via le sue scarpe consunte e, come tributo a me e alla mia ossessione per i lacci appariscenti, ha deciso di prenderne un paio blu elettrico.

«L'estate è passata troppo in fretta» borbotta il mio amico con una smorfia amareggiata.
Ha ragione, tuttavia sono contento di rimettermi dietro al cavalletto in attesa di imparare e di ampliare il mio bagaglio personale.
Per alcuni tornare a scuola è una tortura; per me è magnifico e, se mettiamo il non dovermi più fingere un ragazzo diverso da ciò che sono, aggiungiamo una buona dose di gioia e aspettativa.

Chissà se, scomparsa la nebbia di dolore e tristezza, vivrò l'esperienza con occhi diversi.
Trascorrere il tempo dietro a una maschera abbassava di gran lunga la lucidità delle mie giornate. Non ho più intenzione di perdere ore e ore sdraiato sul letto a non fare nulla, ma voglio impiegare ogni mia energia nel disegno.

La mia grande passione viene prima di tutto.

Daniel tira fuori il telefono e lo controlla. Nel frattempo prosegue la camminata, costringendomi a guidarlo per un braccio e a schivare le persone dall'altro lato.

«Vuoi smetterla di fissare lo schermo e tornare a prestare attenzione alla strada?» lo rimbecco vedendolo scuotere la testa.

«Mi sto informando se Nathan è già partito» risponde digitando qualcosa sulla tastiera, i classici suoni si sollevano dalle casse nascoste sotto la cover.

Già, c'è anche questa come novità: Nathan nella nostra stessa classe.
Se a un ipotetico me del passato avessero mostrato una foto attuale di noi, rivelando in anticipo i cambiamenti futuri, forse non mi sarei depresso poi così tanto.
Sospiro e fisso la struttura in lontananza.
L'unica pecca resta ancora la presenza di Freddie, però in qualche modo riuscirò a convivere anche con lui.

O almeno lo pensavo fino alla comparsa di Rick.

«L'hanno trasferito» comunica con uno sbadiglio annoiato per poi passare le dita nella corta cresta di capelli appena tagliati.
Cosa? Sta dicendo sul serio?
Ingoio e sbatto le palpebre. Una dose di fortuna così sfacciata inizia a preoccuparmi.
Lo ammetto: sono il tipo da vedere il bicchiere sempre mezzo vuoto e mai mezzo pieno.
Una quantità di pessimismo rende la vita meno complicata e così, davanti alle delusioni, gioco d'anticipo.

«La sfuriata di Jason avrà fatto tremare i suoi genitori» ironizza Daniel con un ghigno orgoglioso.

Probabile, eppure i brividi dovuti all'angoscia non riescono ad abbandonare il mio corpo.
Mi aspetto di tutto; non so come, non so quando, ma so che torneremo a sentire parlare di lui.
Spero di no, lo spero davvero.
La stretta di mano di Amelia si rafforza e io le sorrido, grato di ricevere il suo affetto e coraggio.

«Daniel!» La voce di Nathan è trafelata, deve avere percorso il tragitto dalla macchina a noi in qualche secondo.

La sua comparsa distoglie la mia mente da pensieri funesti e gli lancio un'occhiata, notando i suoi capelli biondi scarmigliati e fuori posto.
Inutile dire che il sorriso di Daniel si amplia talmente tanto da farmi temere di vederlo capitolare fuori dal volto.
Tuttavia, si limitano a scambiarsi un comune abbraccio, un minuto più lungo del normale, ma pur sempre un abbraccio.
Il mio amico non è ancora disposto a lasciarsi andare alle effusioni in pubblico, soprattutto a scuola.

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