<58> Daniel.

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L'aria è frizzante, ma non troppo.
Alzo lo sguardo per l'ultima volta verso il balcone del condominio.
Damien saprà cavarsela con mia sorella? Quei due non riescono proprio a legare e Roberta non vuole rivelarmi il motivo.
Dice che non sono affari miei.
È giusto che una ragazza abbia i suoi segreti, eppure, sono certo che questo mistero includa anche me, e la cosa non mi va a genio.
Passo dall'altro lato della strada e mi lascio alle spalle il palazzo.

Sono euforico.

Gareggiare contro qualcuno mi inebria di gioia; la mia grande passione è tutto ciò che ho. Oltre a Roberta, Damien e i miei amici, si intende.

Non riesco proprio a stare seduto e passo l'intero tragitto sull'autobus in piedi a fissare fuori dal finestrino, bramando il momento di scorgere il garage dove tengo custoditi tutti i miei averi.
Non sono poi molti, ma, da quando Adel si è offerta di pagare quello spazio per tenere la mia moto, mi sento più sicuro. Di certo mio padre avrebbe trovato un modo per rovinarla o, molto più plausibile, rivenderla al miglior offerente, incurante dei sentimenti di suo figlio.
Sorrido pensando ad Adel. È come se fosse sempre stata mia madre, un genitore mai avuto.
Se ancora respiro e sono in grado di camminare su questo mondo, è solo grazie a lei. Non ha mai avuto figli suoi, e ha fatto di me e Roberta parte integrante della sua vita.
A volte mi domando come sarei stato, se fossi nato in un'altra famiglia.
Mi consolo pensando che, magari, sarei stato peggio, anche se è un pensiero difficile, vista la mia attuale situazione.
Esiste un male peggiore di avere un padre manesco e ubriaco, una madre scappata lontano e la vita di una sorella sulle proprie spalle?
Forse sì.

Prenoto la fermata quando intravedo la via giusta. Balzo i gradini dell'autobus e cammino veloce, come se avessi qualcuno alle calcagna.
Inserisco la chiave in entrambe le serrature e sollevo la grata, il cigolio si propaga per la via e rimbalza sul resto dei prefabbricati.
Il solo percepire l'odore della gomma delle ruote basta a farmi palpitare il cuore.
Ogni volta, è come se incontrassi una persona amica, una donna meravigliosa che attende solo me.
Entro nel garage e accendo la lampadina sul soffitto. Non fa praticamente luce, però, basta a illuminare gli interni.

Poso gli occhi su una piccola bici in un angolo. Il mio primo mezzo per correre, un amore smisurato che mi ha fatto capire di desiderare di più.
Sposto lo sguardo e sfioro con delicatezza la sagoma di un motorino impolverato.
Mi ricorda tutti i miei giri per il quartiere, la libertà dalla vita opprimente impressa in ogni centimetro, le mie gare sconsiderate con gli amici.
Alla fine trattengo il fiato e ammiro la mia moto in tutta la sua bellezza.
Non è passato neppure un anno da quando Adel me l'ha regalata, anche perché, fino ai sedici anni, non potevo ancora guidarla.
Sfioro la carrozzeria nera, il muso rosso così come le pedane, gli intarsi bianchi sui lati e vicino alla sella.

«Sei magnifica» sussurro, come se potesse sentire l'amore che le dedico.
Potrei stare qui per ore senza stancarmi. Purtroppo, non posso ammirarla come vorrei, perché l'orario dell'incontro si avvicina.
Apro un armadietto posto su un lato e uno zainetto logoro mi cade ai piedi.
Deglutisco e lo prendo tra le mani, sfiorandone la stoffa.
Tutto quello che possiedo, le foto e i ricordi, li ho nascosti in questo zaino che portavo alle elementari.
Mio padre odia le foto: dice che rivedere il passato è da idioti.

Che uomo cinico.

Ho salvato il salvabile: qualche vecchia stampa di me e Roberta da piccoli, giocattoli e vestitini, prima che mio padre li facesse sparire chissà dove.
Se fosse stato per lui, non sarebbe rimasto nulla a testimoniare la nostra infanzia.
Per fortuna, sono sempre stato ben attento a non parlare con lui di questo posto segreto.
Sbuffo e poso lo zaino al suo posto.
Forza, solo bei pensieri; questa è la regola del mio luogo sicuro.

DestinoWhere stories live. Discover now