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La casa è buia e silenziosa, eppure, talvolta, qualche goccia scende dal rubinetto di un lavabo e si infrange sulla ceramica; il rumore si amplifica soltanto per un secondo, ma somiglia al preludio di una tempesta, posso quasi osservarne le luci in lontananza, poi torna la quiete.
A piedi nudi vago, lo sguardo spento è alla ricerca di qualcosa.

In che modo sono arrivato fino a qui?
Forse mi stanno aspettando a scuola; forse in biblioteca; forse... non so.

Che ore sono?

Fisso l'orologio appeso al muro, però non riesco a distinguere nessun numero. I dettagli sembrano sfocati, il quadro è opaco, persino i contorni delle pareti vibrano come se fossero mosse da un terremoto costante.
D'improvviso il salone si illumina in uno scoppio prepotente, la mia ombra non viene proiettata sulle mura, né di fronte a me. Il brillio non appartiene alla luce di una lampadina; è molto più accecante, vivido, pericoloso.
Mi avvicino, a ogni passo ho la sensazione che il mio corpo prema per mettermi in allerta, il cuore inizia a battere velocemente, il sudore freddo si aggrappa alla mia pelle.

Nonostante tutto, mi sento calmo.

Sollevo una mano e la poso con delicatezza sul muro, la muovo a sfiorare l'intonaco mentre continuo ad avanzare, ne percepisco la ruvidezza sotto i polpastrelli.
Curioso.
Questo corridoio è più lungo del solito.

Abbiamo mai avuto un corridoio?

Strizzo gli occhi e finalmente metto a fuoco un quadro appeso alla parete di fondo. La cornice è rovinata e la tela ha perso molti dei colori di un tempo, ma riesco comunque a riconoscerne la figura: è un cane su una superficie rossa; le orbite sporgenti e colme d'ira; i denti digrignati mostrano una buona parte delle gengive; il pelo è arruffato e sporco.

Perché si trova lì?

Rammento che da piccolo ne avevo uno strano terrore, mi perseguitava in incubi ricorrenti e, quando una notte mi svegliai in preda al panico dando la colpa allo sciagurato quadro, i miei genitori lo tolsero, riponendolo nel sottotetto.
Alzo lo sguardo verso l'alto dove il soffitto è rovinato da macchie d'acqua, divorato da aloni scuri e chiazze dalle figure misteriose.
Le gocce cadono attorno a me, una pioggia silente, ma quando toccano il pavimento, semplicemente scompaiono.
Sento un'angoscia pesante, tuttavia, proprio come Ulisse con le sirene, vengo attirato dal richiamo del salone. Nessuno può legarmi; nessuno può trattenermi.
Avanzo.
Ho la gola secca.

Senza esitazione mi sporgo oltre l'angolo e lascio vagare l'attenzione nella stanza.
Il camino di pietra grezza si trova in un angolo, il fuoco scoppiettante getta ombre sulle pareti, riesco quasi a distinguere i contorni della legna e dei tizzoni ardenti.

Un fruscio mi fa sobbalzare e mi volto in quella direzione. Il divano di pelle nocciola occupa l'intera parete, la finestra alle sue spalle è spalancata, però il paesaggio è offuscato da una patina celeste chiaro; impossibile distinguerlo.

Confuso, fisso l'intero arredamento.
Abbiamo mai posseduto qualcosa di simile nella nostra casa?
Sposto l'attenzione su di una figura che non avevo notato prima.
È avvolta da un pesante maglione di lana, il fuoco disegna sul suo volto delle strisce scure e non riesco a distinguerne i tratti. Soltanto le gambe affusolate sporgono da sotto la stoffa, muovendosi sensuali.

Apro la bocca, però non esce nulla. Le corde vocali non vogliono collaborare.

Resto fermo e, dopo una manciata di minuti, la figura sconosciuta si alza, posando i piccoli piedi sul tappeto in terra.
Strano. Un istante fa non li aveva così minuti.
Si avvicina e mi accorgo che la sua altezza mi arriva a mala pena allo stomaco, le spalle fragili tremano dal freddo, le gambette ora hanno sembianze da bambino.
Vorrei consolarlo, lo vorrei con tutto me stesso, tuttavia non riesco a muovere un solo muscolo.

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