Capitolo 10

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Il terrore sul volto di Sylvia lasciò subito il posto ad una consapevole sicurezza interiore. Avrebbe potuto replicare che lui le aveva distrutto la vita, ma non sarebbe stata la verità. La sua vita normale era finita la notte del 15 settembre di due anni prima. E avrebbe potuto dirgli che le era grata per essere ancora viva, ma anche questa non sarebbe stata la verità, perché lei si sentiva morta dentro.

In quel momento non voleva immaginare l'enormità delle conseguenze della contaminazione; preferiva piuttosto concentrarsi sulla creatura che aveva di fronte. La sua risposta del tutto sincera e inaspettata la spiazzò; confermava il racconto del Cacciatore, e chiarì in lei ogni dubbio. Comprese che, paradossalmente, il Guerriero era forse l'ultima creatura di cui potesse fidarsi nell'oceano di tradimento e solitudine da cui si sentiva circondata.

"Non credo che tu abbia agito in questo modo solo per obbedire agli ordini - Gli mormorò, fissando i suoi occhi dorati – Credo che ci sia qualcosa di più profondo e misterioso che ti ha spinto ad iniettarmi il tuo sangue".

"Cosa te lo fa credere?" Domandò lui con una leggerissimo nota di turbamento nel suo tono glaciale.

"In questi mesi ho avuto modo di conoscerti. Bashur ti definisce pericoloso, eppure quando sono con te mi sento al sicuro, come se ti conoscessi da sempre, come se il destino ci avesse fatti incontrare. Non importa se sei un Demone: in questo momento hai la forma di una creatura di carne e sangue che ha rischiato la vita per me. E in tutti questi mesi non ti sei comportato come se stessi obbedendo solo a ordini precisi".

"Solo perché non ti ho torturata o stuprata o uccisa?"

"Perché ti sei comportato come un amico".

Ecco, era quello che il Signore temeva. Era caduto nella trappola tesa da lei.

"Non hai idea di chi hai di fronte!" Esclamò lui, allontanandosi di qualche passo.

"Si, invece – Incalzò lei avvicinandosi sino a sfiorarlo - Non riesco a guardarti come un Demone. Anche se tu assumessi la tua forma peggiore, non ci riuscirei".

"Fai silenzio - Disse lui sulla difensiva - Io sono un Guerriero. La mia specialità è uccidere e se mi è possibile lo faccio nel modo più crudele perché traggo piacere dalla sofferenza altrui. Mi nutro del dolore e della paura, droghe portatrici di forza e piacere".

"Lo so – Ribatté lei per nulla turbata - Ma quando mi guardi, sul tuo volto non c'è traccia dell'assassino che dici di essere".

Il Signore sapeva a cosa si riferiva. Se lei era il Prescelto, lui e Sheeva sarebbero stati i suoi Guardiani. Si sarebbe creato così un legame molto più forte di quanto già non fosse.

"Vedi davanti a te qualcuno che ti sta proteggendo?"

"Non solo, vedo una creatura che ha emozioni e sentimenti che cerca di tenere nascosti nelle profondità dell'animo per paura che scalfiscano l'immagine che di lui hanno gli altri".

Fu in quel momento che il Signore iniziò a mettere Sylvia alla prova. Assunse la forma demoniaca e lei poté ammirarlo in tutta la terrificante magnificenza; alto oltre due metri, la pelle color ebano, ricoperta da capo a piedi di ogni sorta di simboli rituali e tatuaggi, la lunga capigliatura bianca, i denti acuminati e affilati come rasoi, il corpo prepotentemente muscoloso, le mani e piedi dotati di artigli retrattili, le ali membranose elegantemente ripiegate.

"Non è una questione di immagine - Mormorò con voce glaciale, fissandola con i suoi occhi dorati - Per un Demone l'amore e l'amicizia sono un veleno mortale, lo allontanano dalla Tenebra. E questo vale ancor di più per me. Non sarei uscito vivo da moltissime battaglie se avessi lasciato che certi sentimenti interferissero sulle mie azioni. Perché pensi che anche i miei simili mi considerino una creatura spaventosa e letale? Mi definiscono la Bestia, l'Assassino Oscuro. E sai come mi hanno definito in passato sulla Terra? L'Araldo dell'Apocalisse"

Il Richiamo della TenebraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora