Capitolo 23

118 8 21
                                    

Il 5 novembre, all'indomani della morte del procuratore Dan Robertson ebbe luogo alla Casa Bianca una drammatica riunione.

Nella War Room erano presenti tutti i membri del Consiglio per la Sicurezza Nazionale: i capi dell'NSA, dell'FBI e della CIA, il Segretario di Stato, quello della Difesa e gli alti vertici del Pentagono. In aggiunta, in collegamento via schermo soft parteciparono il Segretario delle Nazioni Unite e i capi di stato del G20.

All'inizio venne fatto il punto della situazione relativa a Syracuse, dove le operazioni di soccorso stavano proseguendo ormai speditamente e senza intoppi: erano stati ripristinati i servizi pubblici e l'erogazione di acqua, gas ed energia elettrica, le linee telefoniche e le connessioni alla Rete avevano ripreso a funzionare pur fra qualche difficoltà. così come la circolazione per via aerea e ferroviaria. Restava il grave problema delle decine di migliaia di persone senza tetto, costrette a vivere negli accampamenti allestiti dall'esercito e nei locali della Syracuse University. E non poteva essere trascurato il problema relativo alla sicurezza; la città restava in stato d'assedio e tutte le persone e le merci in arrivo e in partenza venivano sottoposte ad accurati controlli.

Ben diversa era la situazione relativa alle indagini, che continuavano ad essere condotte con grande determinazione e non escludevano nessuna pista. Inizialmente era prevalsa l'idea di un'operazione terroristica e la caccia al fantomatico Richard Bailey era stata considerata prioritaria. Ma dopo la morte di Melinda Evans e Dan Robertson prevalevano i dubbi. Gli investigatori si domandavano quale fosse il legame tra le morti dei due funzionari dello stato e gli attentati di Syracuse. Secondo il Segretario agli Affari Interni Chris Withrow, a cui facevano capo sia l'NSA che l'FBI, non si doveva escludere un collegamento con la fuga di Sylvia Bethaniut dal Penitenziario King John.

E ci si andava domandando con crescente inquietudine chi mai potesse essere capace di agire così impunemente e chi possedeva la tecnologia adatta a compiere simili stragi.

Il sospetto era che si dovesse ipotizzare qualcosa di assolutamente diverso da quanto fino ad allora immaginato.

A consolidare questa tesi vi erano alcune informazioni contenute in files in possesso del Pentagono mostrati il giorno prima al Presidente Kerrigan, che aveva autorizzato a renderli noti al Segretario Generale dell'ONU e ai membri del G20 che partecipavano alla riunione

A prendere la parola fu il Segretario alla Difesa, Jason Kearse, un uomo dell'Alabama di 57 anni, esperto e stimato per la sua prudenza. Questi illustrò con una punta di imbarazzo i risultati a cui erano giunti gli analisti militari sui fatti del King John, di Syracuse e New York. Il primo dato emerso era la facilità irrisoria con cui erano state superate tutte le misure di sicurezza previste e messe in atto. A questo si aggiungeva che chi aveva compiuto le stragi e gli omicidi poteva probabilmente accedere a molti dati sensibili dell'intelligence e possedeva una capacità organizzativa sofisticata unita ad equipaggiamento dotato di altissima tecnologia.

In particolare, quattro erano i punti su cui convergevano gli analisti:

1) Erano stati utilizzati dispositivi che garantivano un livello di invisibilità talmente elevato da non .poter essere contrastato da nessun radar o sensore attualmente in uso.

2) Erano stati utilizzati proiettili non convenzionali, capaci di perforare muri di cemento armato e massicce corazzature dei veicoli. In molti casi contenevano metalli e sostanze ignote.

3) I software con cui erano stati violati i sistemi di sicurezza erano talmente complessi da risultare indecifrabili anche da parte degli hacker più esperti che lavoravano per il Pentagono. Alcuni di loro avevano detto che erano costruiti utilizzando un linguaggio informatico sconosciuto.

Il Richiamo della TenebraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora