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Nella vita siamo costretti ad affrontare momenti che possono dare una svolta decisiva alla continuazione della nostra esistenza. Questi momenti sono pochi, ma importantissimi perché il modo in cui vivremo dopo dipende da loro.
Lo ammetto, dopo le prime settimane dal mio arrivo a Bristol ho iniziato a provare qualcosa per Blake, soprattutto quando ha smesso di essere così stronzo nei miei confronti senza un apparente motivo. Andiamo, esteticamente è un bel ragazzo, sorride di rado ma quando succede potrebbe sostituire l'impianto di illuminazione di New York. Ma la sua vera bellezza, oltre all'affascinante aura malinconica e dolceamara che pare essere la sua seconda pelle, la senti quando apre bocca. Le parole escono dalle sue labbra come miele e ti costringono a stare in silenzio per ascoltare la sua voce. Con Blake si può parlare di tutto, non esistono tabù. La libertà di poter dire la mia e confrontarmi con ciò che pensa lui o sentirlo riflettere a voce alta mentre socchiude un po' gli occhi, come se fosse abbagliato dal turbinio di parole che gli invadono ogni angolo della mente e a cui tenta di dare un ordine logico, queste sono le cose che più mi mancano.
Dopo la rivelazione riguardante mia madre e Louis, proprio come aveva previsto Blake, non sono più riuscita a guardarlo alla stessa maniera. Proprio come Luke e il ragazzo a cui ha dedicato English Love Affair, mi è sembrato di essermi affezionata all'idea che avevo di lui e ora che so tutta la verità, ora che ho piena conoscenza di chi è Blake Edward Richardson, mi sembra di non essere più in grado di accettarlo completamente.
Per questo motivo, mentre Louis starà via una settimana per lavoro prima di tornare a Bristol per risolvere del tutto la questione, io ho deciso di trasferirmi da Luke per questi sette giorni. George e Reece sono tornati completamente umani e quindi non hanno più problemi di nessun tipo, se non tenere d'occhio Blake. Pare infatti che da quando gli ho detto chiaro e tondo che starò da Luke per immagazzinare e accettare con calma la bomba di informazioni sulla nostra famiglia, Blake si sia chiuso in un silenzio assoluto e non accetti la presenza di nessuno intorno a sé, se non la mia.
Ho spiegato la situazione a Luke e lui non ha esitato un attimo ad accogliermi in casa sua. Anzi, mi ha assicurato che posso restare quanto voglio. Non ringrazierò mai abbastanza Dio per avermi aperto gli occhi su chi sono i veri amici nella mia vita.

La casa di Luke si trova poco lontano da Hamburger Queen. Non è molto grande, ma per lui e suo padre, con cui abita da dopo il divorzio dei suoi, è perfetta. La prima cosa che ho notato entrando con la mia valigia nel piccolo corridoio d'ingresso, è stata proprio la mancanza di una presenza femminile in casa. Poche foto appese alle pareti, nessun profumo caratteristico, niente vasi di fiori. Ma non si tratta solo di questo; è che proprio si percepisce un'atmosfera fin troppo... asettica in tutte le stanze della casa.

Ieri è stato il primo giorno in casa di Luke. Mi ha fatto fare il giro dell'abitazione e mi ha ripetuto più volte che se mi serve qualcosa devo solo chiedere a lui o a suo padre.
Il padre di Luke è un uomo sulla cinquantina, non molto alto e con radi capelli chiari. è un tipo molto simpatico e socievole che lavora come infermiere al Saint Michael's Hospital di Bristol. Questa settimana ha il turno pomeridiano e visto che lavora fino alle 22, mi ha persino chiesto se mi serve una copia delle chiavi di casa in caso tornassi e Luke per qualche motivo non ci fosse. Ovviamente ho declinato con educazione l'offerta per non abusare della loro gentilezza e affabilità, però in ogni caso sono rimasta molto colpita dalla loro fiducia nei miei confronti.

Stamattina sono andata al lavoro come al solito e ora sono in pausa pranzo. Sono seduta da sola ad un tavolino del McDonald's e, mi dispiace riconoscerlo, ma la differenza fra un Crispy McBacon e un normale panino con una fetta di carne in mezzo di Hamburger Queen si sente. Mentre sorseggio la mia Coca Cola, decido di chiamare Louis per sentire come sta.
È sconvolgente arrivare all'età di diciotto anni e ritrovarsi all'improvviso un fratello nella propria vita. Be', tecnicamente Louis è il mio fratellastro, visto che l'unico genitore in comune che abbiamo è nostra madre. Ciò non toglie il fatto che lui è sempre stato un membro della mia famiglia e io non l'ho mai saputo fino ad ora. Mi vengono le lacrime agli occhi se penso che in tutti questi anni sono stata privata della possibilità di contare sull'appoggio e l'affetto di un fratello più grande. Avremmo potuto difenderci a vicenda dalle domande indiscrete dei parenti a Natale, condividere segreti sulla sua ragazza - se ne ha una - o comunque vivere insieme tutti quei momenti che possono sembrare insignificanti a chi ha un fratello o una sorella, ma di cui solo chi è figlio unico ne percepisce la mancanza.
Vengo riportata bruscamente alla realtà dalla voce registrata di una donna che mi invita a lasciare un messaggio. Sospiro, spengo il telefono e lo rimetto in tasca. Finisco controvoglia il mio pranzo e mi accingo a ritornare alla mia postazione dietro lo sportello 2 dell'assistenza clienti. Mi sforzo di sorridere alle mie colleghe e mi unisco alla loro profonda conversazione sull'utilità della misera spugnetta incorporata alla cipria. Mi sforzo di rimanere concentrata su ciò che stanno dicendo, ma sento i margini della mia mente andare continuamente alla deriva, come una barca che non è ben legata al molo e che rischia di essere trascinata via dalla corrente. Una nausea improvvisa mi attanaglia lo stomaco. Esco di corsa dall'ufficio sotto lo sguardo sorpreso delle mie colleghe e mi dirigo a passo spedito verso i bagni, tenendomi una mano premuta sulla bocca. Mi chiudo dentro la prima cabina libera e mi inginocchio a terra, scossa dai conati di vomito. La puzza che regna sovrana nei bagni della stazione, unita alla vista del mio stesso vomito, non fa che provocarmi nuovi conati. Quando ho finito, sto tremando tutta e sto sudando come se avessi la febbre alta. Mi passo una mano sulla fronte e mi appoggio con la schiena alla parete del bagno. Accoccolata in un angolo, da sola, mentre le lacrime iniziano a scendermi copiose lungo le guance sporche, mi rendo conto di quanto sia triste e miserabile questa scena. Anzi, non solo questa scena, ma la mia vita in questo momento. Ho lavorato tanto per essere più forte, per credere di più in me stessa, per allontanare le vibrazioni negative dalla mia vita per cosa? Per ritrovarmi ad avere una crisi nel putrido bagno della stazione di Bristol?
Non trovo la forza di alzarmi, così mi limito a stare seduta a piangere per quelle che a me sembrano delle ore. In realtà quando guardo l'orologio sono passati solo venti minuti e la mia pausa pranzo sta per finire. Mi pulisco la bocca e le mani con della carta igienica e quando esco dalla cabina mi lavo la faccia. Residui di mascara e fondotinta scivolano giù nelle tubature in un vortice indistinto di acqua sporca. Mi tampono la faccia con altra carta, che poi appallottolo e getto nel cestino prima di uscire dal bagno. Torno alla mia postazione come se niente fosse, mentre le mie colleghe mi lanciano occhiate preoccupate. Più volte mi chiedono se voglio andare a casa, ma rifiuto. Non posso permettere che ciò che è accaduto mi abbatta del tutto.

Oh my ghost// Blake Richardson New Hope ClubTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang