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Sabato mattina chiedo al custode del cimitero se posso non andare al lavoro stasera, visto che Luke si esibirà fino a tardi e io voglio esserci fino alla fine. Per fortuna il custode non mi fa troppe storie e per ringraziarlo mi fermo fino all'ora di pranzo.
Nel primo pomeriggio Luke viene a casa mia, visto che da oggi fino alla fine della settimana prossima è in ferie. Per fare le prove ci mettiamo in veranda, dove grazie all'ombra e al leggero venticello che muove le tende bianche che ho sistemato per dividere l'entrata esterna del salotto dalla veranda non rischiamo di annegare nel nostro stesso sudore.
Luke canta alcune cover, come Sweater Weather e The Lazy Song e alcune canzoni scritte da lui, come Vapor, Voodoo Doll e una che non mi ha mai fatto sentire, English Love Affair.
Quando finisce di cantarla, gli chiedo se il testo è una sua fantasia o se è successo veramente.
«Pura fantasia, purtroppo.» ridacchia. «Si tratta di un ragazzo che è venuto da Hamburger Queen l'anno scorso. Mi ha colpito molto perché aveva un viso di porcellana e questi grandi occhi da cerbiatto. Era così esile e delicato nei movimenti e lo era in un modo così naturale che non ho mai ritrovato in una ragazza. Così ho pensato "chissà se è sempre così o se dietro a quelle braccia mingherline e quelle gambe affusolate c'è l'anima di un leone". Mi sono sentito così impacciato tutto ad un tratto che invece di iniziare una conversazione ho aspettato che se ne andasse per dedicargli una canzone. L'ho fatto anche per non rimanere deluso, sai. Mi ero fatto delle aspettative a partire dal suo modo di fare e ho preferito vivere nell'illusione delle mie poetiche supposizioni. Ormai mi ero innamorato dell'idea che avevo di lui.»
Rimango un po' spiazzata dal suo breve racconto. Non mi aspettavo di trovare un lato così sognatore in Luke.
«Ti ha sconvolta così tanto il fatto che io sia bisex?» chiede Luke arricciando il naso con fastidio di fronte alla mia espressione basita.
«No, no. Non è quello.» lo rassicuro. «Non è niente di cui scandalizzarsi. Ciò che mi ha sorpreso è questo tuo lato... non saprei nemmeno come definirlo. È quella cosa che hanno anche i miei genitori. La capacità di crearsi scenari incredibili in mezzo secondo e arrivare ad apprezzarli più della realtà stessa. È quello che fanno gli scrittori, no?»
«Forse è per questo che scrivo canzoni.» Luke si stringe nelle spalle.
«Fossi in te proverei a scrivere anche in prosa.»
«Sei fantastica. È incredibile come tu creda in me più di quanto abbiano fatto i miei genitori e io stesso fino ad adesso.» mi rivolge un sorriso sincero.
«D'accordo, questa conversazione sta diventando troppo melensa.» metto le mani in avanti in segno di difesa. Mi sento sempre a disagio ultimamente quando mi vengono fatti dei complimenti. Forse è perché non essendo brava in niente non me ne sono mai stati fatti. «Ti porto del tè, nel frattempo riposa un po' la voce.»
Scanso le tende bianche ed entro in salotto, dove trovo George intento a fare degli squat con in mano due bottigliette d'acqua come pesi. Ormai è quasi completamente umano.
Mi sposto in cucina e prendo due bicchieri. Li appoggio sul tavolo e prendo una bottiglia di tè al limone. Dopo aver riempito i due bicchieri, ritorno fuori in veranda e per poco non li faccio cadere a terra tanto sono meravigliata dalla scena che si presenta davanti ai miei occhi. Blake sta spostando sul tavolo coi gomiti la custodia di una chitarra. Luke lo aiuta aprendo la zip ed estraendo una vecchia chitarra impolverata.
«Può tornarti utile stasera.» gli dice Blake. «Sai suonarla?»
Luke annuisce in fretta. La sua espressione vale più di mille parole: non fa altro che sfiorare con delicatezza le corde della chitarra e rigirarla davanti a sé mentre uno sguardo meravigliato e adorante gli si dipinge via via sul volto.
«Era la mia chitarra.» spiega Blake. Avverto un tono di profonda malinconia nella sua voce che mi stringe il cuore. «Io non posso più suonarla, tanto vale che lo faccia tu. Mi raccomando, stasera rendi giustizia a questa bimba.» allunga una mano in avanti per batterla sulla cassa della chitarra, ma la ritrae con uno scatto repentino quando si ricorda che le sue mani sono ancora intangibili.
«Ti... ti ringrazio.» balbetta Luke. «Sul serio, è fantastica. Prometto che non ti deluderò. Anzi, perché non vieni direttamente al locale, stasera?»
«Non posso farmi vedere in pubblico, non si sa mai.» scuote la testa Blake. «Ma Claire, che da cinque minuti sta cercando di confondersi con le tende, saprà sicuramente dirmi domattina come hai trattato la mia bimba.»
«Io...» balbetto in imbarazzo appoggiando i due bicchieri sul tavolo. «Certo. Domani ti racconterò tutto.»
Non ho parole per esprimere il mio stupore per il gesto di Luke e la tenerezza che mi pervade nel sentire Blake parlare della sua chitarra come se fosse sua figlia, sangue del suo sangue. È incredibile come una passione possa essere tanto forte da diventare parte della tua stessa essenza.

Oh my ghost// Blake Richardson New Hope ClubWhere stories live. Discover now